Pistoia – Sabato 11 alla biblioteca San Giorgio di Pistoia (ore 11,30) si discute del libro di Armando Massarenti, responsabile del Domenicale del Sole 24 Ore, “Istruzioni per rendersi felici” (Guanda editore). L’evento è organizzato da Cittadini di Twitter e da unblogdiclasse®. Gli studenti, coordinati dalla professoressa Elisa Lucchesi, dialogheranno con l’autore.
Nella ricca pubblicistica che si può genericamente definire di “self help”, il libro di Armando Massarenti, giornalista e scrittore, rappresenta un tentativo riuscito di trasferire su un piano culturale più elevato i vari manuali del tipo “la gallina che volle diventare un’aquila” pensati per consolare o aiutare coloro che si trovano ad affrontare ogni giorno le durezze della competizione e delle avversità. Il volume è anche una risposta indiretta al saggio di Paul Watzlawick, che propone ironicamente “Istruzioni per rendersi infelici”, un libro nel quale il filosofo e psicologo prende in esame la capacità del genere umano di farsi inutilmente del male cercando felicità posticce. Nonostante i fallimenti, andare alla ricerca della felicità resta, comunque, un meccanismo fondamentale dell’esistenza, come scrive Siegmund Freud nel Disagio della civiltà. (Proprio in questi giorni comincia all’Istituto Stensen di Firenze una rassegna cinematografica organizzata dal Centro Psicanalitico di Firenze che ha come tema la ricerca della felicità).
Massarenti pone il tema in termini positivi. Il compito che si presenta all’uomo di oggi è quello di ricostruire un alfabeto e una grammatica dell’interiorità (titolo di un romanzo di Grossman ) che è stata stravolta da una società che spinge ad affidarla a strumenti di relazione, come se questa esternalizzazione del proprio essere individuale fosse la ricetta infallibile per affrontare le sfide dell’esistenza. Per ricostruire la grammatica dell’interiorità, diventa perciò indispensabile rileggere le opere dei grandi filosofi, soprattutto quelli dell’antichità classica, il cui obiettivo, accanto a quello primario della conoscenza era la paideia, che forniva all’individuo gli strumenti per gestire se stesso e la propria situazione empirica. Del resto per l’uomo occidentale la filosofia è, da Socrate in poi, la strada maestra per ricercare l’equilibrio interiore.
Come ci si mette in viaggio per questa ricerca? Il precetto fondamentale, pur con parole, metafore e riflessioni diverse è uguale per tutti: guardate dentro voi stessi. “In nessun luogo l’uomo trova un rifugio più sereno e tranquillo che nella sua anima”, insegna la filosofia stoica cui Massarenti è particolarmente affezionato: da Zenone a Seneca e Marc’Aurelio, gli stoici si presentano come i grandi maestri dell’interiorità. “In generale – scrive l’autore in una delle sue molte osservazioni che, all’interno di ogni capitolo, rappresentano un percorso di lettura che attualizza e interpreta il pensiero dei filosofi – si potrebbe forse smettere una volta per tutte di cercare una parte migliore dentro l’uomo, unica per l’umanità intera, e iniziare a pensare che una vita buona e felice possiamo costruircela in modo autonomo in un percorso fatto di prove ed errori, di molto esercizio e pratica di sé, sviluppando ognuno le proprie forze e abilità più spiccate. Coltivando ciascuno la propria o le proprie virtù. Vivere coerentemente, cioè vivere secondo una ragione armonica e costante (Zenone)”
Per darci una mano in questo viaggio “in interiore homine” (dove “stat veritas”, abita la verità, come scriveva Sant’Agostino, un altro protagonista del saggio), Massarenti segue il metodo di Seneca, dispensatore di pillole di saggezza all’amico Lucilio: “Si tratta di precetti salutari, simili a ricette di medicine utili di cui ho già sperimentato l’efficacia sulle mie piaghe”, scrive il filosofo banchiere che mostrò a Nerone più la sua indipendenza che il servilismo, comportamento retto che pagò con la vita: “Bisogna ogni giorno chiamare l’anima alla resa dei conti”, è la sua più efficace raccomandazione.
Anche gli epicurei hanno dato un contributo importante al bisogno di conoscere le vie della felicità. Ecco uno dei consigli provenienti da una scuola che ha avuto cattiva stampa, ma che ha lasciato opere fondamentali: “Convinciti che ogni nuovo giorno che si leverà, per te, sarà l’ultimo. Con gratitudine allora accoglierai ogni insperata ora. Riconoscendone tutto il valore affronterai ogni momento del tempo che viene ad aggiungersi come se derivasse da un’incredibile fortuna”. E’ Lucrezio che offre il segreto numero uno per mettere in pratica questo precetto: coltivare lo stupore è il primo esercizio della saggezza.
Uno degli aspetti più interessanti del libro è il confronto continuo fra l’opera dei singoli pensatori e i risultati della ricerca scientifica soprattutto quella delle neuroscienze, e il risultato è una sostanziale coerenza fra il pensiero filosofico e gli studi degli scienziati. Ma lascio al lettore il piacere della scoperta delle variazioni sul tema. C’è n’è però una che viene trattata con grande attenzione e che è fondamentale, se il nostro scopo è ricostruire l’alfabeto e la grammatica dell’interiorità. “Comandate il cuore usando il cervello , cioè l’argomentazione. Né l’uno né l’altro vi dannerà”, sentenzia Al Ghazali, scienziato e filosofo vissuto nella Persia islamica. E’ questo il punto chiave: l’uso delle parole il più possibile improntato all’onestà intellettuale, prima di tutto per riuscire a dire la verità a se stessi, depurando il linguaggio da tutto ciò che di negativo, di disonesto, di falso e truffaldino proviene dall’esterno.
Non a caso nella trattazione a un certo punto compare anche Ludwig Wittgenstein, seguace di Marco Aurelio per “il desiderio di andare a curare ogni errore (logico, retorico, filosofico) in cui può inciampare il nostro linguaggio, ovvero la nostra visione del mondo” . La malattia principale della nostra società è, infatti, il risultato del non avere più insegnato l’onestà dell’argomentare, ma il contrario, invitando a imitare quelli che “operando le cose più vergognose coltivano i discorsi migliori”, come ha scritto Democrito il padre delle filosofie materialiste.
Alla fine saggezza e felicità sono possibili dunque solo attraverso la morale. Troppo facile? “La felicità gli antichi sapevano regalarcela allo stato puro con la semplicità di chi scopre che certi pensieri, che magari ci paiono banali, è bene enunciarli con chiarezza. Occorre essere buono e imitare i buoni“, conclude Massarenti.
Foto: Lucio Anneo Seneca