Firenze – A pochi mesi dall’apertura del suo primo museo sulla modernità, Firenze torna a riflettere sul Novecento e lo fa con una delle grandi mostre di Palazzo Strozzi, fiore all’occhiello della sua produzione culturale. Dal 20 settembre si potranno visitare (meglio, “fruire o utilizzare” come suggerisce di dire il direttore della Fondazione James Bradbourne) alcuni capolavori di Pablo Picasso, genio assoluto della pittura del XX secolo provenienti dalla collezione del Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia in un percorso dal titolo “Picasso e la modernità spagnola” che inserisce anche opere di Mirò, Dalì, Gris, Maria Blanchard e Gonzàlez.
In tutto sono esposte 90 opere fra dipinti, sculture, disegni e incisioni suddivisi in nove sezioni , che coprono un periodo di tempo fra il 1910 e il 1963. Il criterio espositivo perseguito dal curatore, Eugenio Carmona, uno dei più noti studiosi dell’arte moderna e contemporanea, non è quello della successione cronologica delle opere, ma del loro confrontarsi all’interno di uno stesso concetto artistico. “Ogni sala si richiude su se stessa, ma senza avere delimitazioni chiuse, ognuna affrontando e approfondendo un tema”, ha spiegato Carmona.
Per esempio la sala n.5 “Realtà e sopra-realtà” illustra il modo diverso nel quale l’arte moderna ha proposto l’incontro con la realtà: “Quando gli artisti spagnoli cercano la realtà, la trasformano in sopra-realtà”, così ancora il curatore citando Salvador Dalì del quale in questa sezione è presente uno schizzo per “l’uomo invisibile” (1930). Oppure le sale 6 e 7, che colpiscono in modo particolare il visitatore perché presentano il tormento di Picasso prima della realizzazione del suo grande dipinto simbolo della guerra, tragedia di violenza e morte: Guernica. Nella prima sala (il Mostro) ci sono gli studi sul Minotauro, alter ego dell’artista, e nello stesso tempo inquietante figura allegorica delle contraddizioni e dei paradossi della modernità. Nella seconda, si ammirano 15 schizzi e studi preparatori, in particolare quelli per il cavallo, il toro e la testa piangente. “Variazioni”, infine, la sala 2, include opere rappresentative di tutti i suoi principali momenti artistici.
Il rapporto di Picasso con il periodo storico che attraversa tragicamente la guerra civile spagnola e la seconda guerra mondiale è uno degli aspetti di un’esposizione che, grazie alla ricchezza delle opere del “Reina Sofia”, offre uno sguardo non superficiale alle diverse componenti della personalità dell’artista. Molto felice è stata per esempio la scelta di presentare le tre versioni de “Il pittore e la modella”, in apertura e in chiusura del percorso, con il mutare ben percepibile del rapporto fra l’arte e la vita. E fra le opere mai esposte in Italia vi è anche lo stupendo “Ritratto di Dora Maar” (1939) che è stato opportunamente scelto come immagine simbolo della mostra.
Di fronte al genio assoluto, tuttavia, è bene non trascurare il contributo offerto dalle opere della “modernità spagnola” . L’esposizione, infatti, come è stato spiegato dai suoi ideatori si propone di “evidenziare anche le esperienze più determinanti che il rapporto fra Picasso gli artisti spagnoli ha lasciato nel panorama internazionale delle arti”. Tra le altre opere che meriterebbero da sole una visita, ci sono Siurana, il sentiero (1917) di Mirò, Figura e Uccello nella notte (1945) sempre di Mirò e Arlecchino (1927) di Dalì. Ci metterei anche i meno conosciuti Juan Gris con “Arlecchino con violino (1919) e la Donna con chitarra (1917) di Maria Blanchard.
In definitiva una mostra da vedere, intelligente e di altissimo livello, come quasi tutte quelle create dalla Fondazione dal 2006 a oggi, impegnata in una “missione qualità” come ha detto Bradburne, che frutto di un “esperimento unico in Europa del rapporto pubblico/privato”.
Foto:
Pablo Picasso: Il pittore e la modella 30 marzo – 30 settembre 1963
Pablo Picasso: Ritratto di Dora Maar – 1939