Tir, Europa boccia tariffa minima trasporti, a rischio i padroncini

Firenze – La bocciatura da parte della Corte di Giustizia Europea della tariffa minima che veniva praticata in Italia per quanto riguarda i trasporti su gomma, rischia di trasformarsi in un vero e proprio colpo di mannaia per i padroncini, soprattutto italiani, già stretti d’assedio dalla concorrenza senza limiti fatta loro dai trasportatori dell’Est Europa. Una tariffa minima che veniva aggiornata periodicamente dal ministero dei trasporti, che la “tarava” in base ai costi di esercizio relativi alle aziende che esercitano il trasporto merci su strada. E fra le regioni che accuseranno di più questo stato di cose, si pone proprio la Toscana, che in questo settore è già in crisi. Tant’è vero che si colloca al secondo posto (primo il Friuli, con una contrazione delle piccole imprese di trasporto del -23,2% dal primo trimestre 2009 al secondo trimestre del 2014) della classifica per quanto riguarda il taso di mortalità dei piccoli trasportatori: – 21,6%. Segue il Piemonte con – 20,2%. L’allarme proviene dalla Cgia di Mestre.

Il quadro che prospetta la Cgia si basa sui numeri. Su 90.200 imprese operative sul territorio nazionale, quasi il 68% è costituito da imprese artigiane. L’abolizione della tariffa minima si scarica sul potere contrattuale di queste piccole attività, rischiando di azzerarlo del tutto. In concreto, il pericolo è che in molti non riusciranno più a coprire i costi aziendali con le tariffe chilometriche che con ogni probabilità cadranno verticalmente. Anche perché tutto ciò non farà che incoraggiare e favorire la pratica già messa in atto dai vettori dell’Est Europa, secondo quanto riportato da Cgia, che “ già oggi viaggiano con tariffe stracciate, spesso in palese violazione delle norme di settore e nel mancato rispetto delle disposizioni in materia di sicurezza previste dal codice della strada”.

Uno stato di agonia, come lo definisce Giuseppe Bortolussi, segretario Cgia Mestre, che ricorda come, fra deficit infrastrutturale storico per il territorio italiano, le spese vertiginose che gli operatori sono costretti a sopportare per la copertura assicurativa dei mezzi, l’acquisto del carburante e i pedaggi autostradali, “il tutto si traduce in un dumping sempre più pericoloso, soprattutto per le aziende ubicate nelle aree di confine che sono sottoposte alla concorrenza proveniente dai vettori dell’Est Europa. Questi ultimi hanno imposto una guerra dei prezzi che sta strangolando molti piccoli padroncini”.

 Questi i numeri con cui si lavora: pur di non perdere l’occupazione, la tariffa a chilometro giunge anche a 1,10-1,20 euro , mentre “i trasportatori dell’Est, spesso in violazione delle norme sui tempi di guida e del rispetto delle disposizioni in materia di cabotaggio stradale, possono permettersi tariffe attorno agli 80-90 centesimi al chilometro. Con queste differenze non c’è partita – conclude Bortolussi – ora che le tariffe minime non potranno essere più utilizzate, la situazione rischia di peggiorare ulteriormente”.

Fra i dati che servono per inquadrare il problema, eccone alcuni, estrapolati dalla Cgia. Intanto, il costo di esercizio a chilometro è in Italia il più alto in Europa: secondo il ministero dei trasporti, in Italia è pari a 1,542 euro, in Austria a 1,466 euro, in Germania a 1,346 euro, in Francia a 1,321 euro. Blocco dell’Est: Slovenia il costo a chilometro (medio) è di 1,232 euro, in Ungheria di 1,089 euro, in Polonia di 1,054 euro e in Romania di 0,887 euro.

Il settore ha visto, sul suolo nazionale, la chiusura, fra il primo trimestre 2009 e il secondo trimestre 2014, di oltre 18.500 imprese (-17%). Attualmente sono attive poco più di 90.200 aziende. A queste vanno aggiunte almeno altre 40.000 attività prive di automezzi che svolgono quasi esclusivamente un’attività di intermediazione. Da sottolineare che il 90% circa delle merci italiane viaggia su gomma.

Per quanto riguarda gli occupati, prendendo a riferimento gli ultimi dati dell’Istat sul settore che risalgono al 2011, il numero medio di addetti per impresa del trasporto merci su strada è di 4,3 addetti. La stima dell’Uffico Studi della Cgia che si basa su questo dato, è, a grandi linee, di 350mila-400mila in Italia occupati nel settore. I posti di lavoro perduti dal’inizio della crisi sono quasi 70.000.

 

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