Nello sfarzoso salone della Gherardesca del Four Seasons Hotel, illustri nomi che guidano la macchina del fashion italiano hanno fatto il punto, ieri, sui progressi del settore innescando riflessioni e confronti. Il convegno, dal titolo "Il Fashion Italiano: generazioni a confronto nel segno del successo, della crescita e dello sviluppo sostenibile" ha coinvolto un centinaio di partecipanti appartenenti al mondo della moda e dell'imprenditoria.
Nell'ultimo hanno si è registrata "una crescita del 5,4%, con un export che supera il 50% del fatturato", ha osservato Dante Valbora per la EY, azienda partner dell'evento che si occupa dell'assistenza delle imprese familiari. I cardini del settore devono comprendere l'autenticità e l'esclusività che permettono ai prodotti italiani di essere apprezzati nel mondo senza subire gli effetti della crisi. Inoltre risulta centrale il ruolo della filiera, una costellazione di microaziende in grado di garantire una qualità sempre competitiva.
Ma d'altro canto, sembra che i giovani non vogliano portare avanti il lavoro dei padri: le imprese che sopravvivono alla seconda generazione si aggirano intorno al 30%, ma dimezzano in percentuale se si arriva alla terza. "Un ragazzo preferisce rispondere al centralino di un call center piuttosto che cucire un'asola", ha commentato Valbora. Per questo c'è bisogno di un servizio che accompagni le aziende passo passo senza che qualcuno, per scarsa voglia o competenza, abbandoni la produzione d'eccellenza.
Nonostante ciò, l'Italia si mantiene in testa, "fa sistema", contando sul fatto che rimane l'unico paese occidentale con una filiera ancora intatta. Uno dei segreti risiede proprio nella frammentazione della produzione, come spiega Giuseppe Santoni: "Le nostre microaziende con venti persone ciascuna garantiscono la qualità".
Il convegno si è strutturato con due tavole rotonde e interventi, con la possibilità per ognuno di far pervenire ai relatori le domande inviate tramite Tweet o sms.