Studio dell’Università di Firenze per ridurre l’uso del rame in agricoltura

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Chi non ricorda la scena de “Il Ciclone” in cui Massimo Ceccherini, pompetta alla mano, dice: “e’ do i’ ramato!”. Si tratta di una scena che potremmo non rivedere più così spesso, se non in pellicola. Ad oggi il rame viene utilizzato, in agricoltura, come antiparassitario. Un progetto del Dipartimento di Scienze delle produzioni agroalimentari dell’ambiente dell’Università di Firenze, portato avanti con i Dipartimenti di Chimica e di Biologia dello stesso Ateneo fiorentino, ha l’obiettivo di ridurre l’uso del rame in agricoltura. Il progetto, di durata biennale, si chiama “AFTER Cu” ed ha un valore di quasi 1.300.000 euro, parte dei quali saranno cofinanziati dall’Unione Europea.

Il progetto dell’Ateneo fiorentino è portato avanti con la collaborazione del Centro d’edafologia y biologia aplicada del segura (CEBAS) del Consejo Superior de Investigaciones Científicas (Spagna), con l’Istituto di Chimica dei composti organo metallici (ICCOM) del CNR di Pisa e con due aziende italiane che si occuperanno della sperimentazione nelle coltivazioni in campo e in serra: ASTRA Innovazione e sviluppo srl e la Fattoria Soldano. La sperimentazione preliminare alla definizione del programma di ricerca, invece, è stata condotta grazie al finanziamento della Cassa di Risparmio di Firenze.

Secondo studi recenti, condotti in varie zone dell’Unione Europea, l’uso continuativo del rame in agricoltura rischierebbe una contaminazione del terreno con conseguenze negative sull’alimentazione. E dal terreno il rame che si accumula nel suolo può raggiungere anche le falde acquifere, rischiandone la contaminazione.

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