Il rebus del dopo Rossi, scongiuri facendo

Gli anticipi di ieri inducono ad alcune riflessioni generali; soprattutto lo scontro al vertice tra Juve e Roma. In campo non c’erano soltanto le due squadre italiane più forti del momento, c’erano due modi di intendere il calcio: la Juve, con la inveterata mentalità “all’italiana”, a trazione posteriore, con grande difesa e ripartenze veloci non appena l’avversario perde palla; la Roma con una mentalità più europea, più educata al possesso palla, più tecnica nei fondamentali di tutti i suoi giocatori, votata all’aggiramento paziente della difesa avversaria che prepara uno-due tra gli attaccanti e inserimenti improvvisi da dietro. Il gioco della Roma somiglia molto a quello della Viola. Anzi, a pensarci bene, quel suo trio d’attacco di ieri ci ricorda da vicino, in fotocopia, quello della Viola dello scorso campionato: Ljajic come… Ljajic, Cuadrado come Gervinho, Totti come Jo-Jo (finto centravanti che arretra a creare spazi e che innesca le azioni d’attacco dalla trequarti). Quest’anno la Fiorentina è diversa, non perché ha rinunciato alla qualità del gioco di centrocampo, al possesso palla e alla difesa alta, ma solo perché ha scelto un attacco più tradizionale (la coppia Rossi-Gomez è semmai la fotocopia della coppia juventina Tevez-Llorente). Diciamo allora che la Fiorentina rappresenta una via di mezzo tra le due mentalità di cui sopra: speculare alla Juve nel 3-5-2, anche per il tipo di “regia” che Pizarro e Gonzalo, in tutto e per tutto simili a Pirlo e Bonucci,  assicurano al gioco, ma più alta della Juve, più manovriera, più lenta e, lasciatemi dire, più “complicata”, più “barocca”, nelle soluzioni offensive, un po’ come la Roma (con in meno della Roma, purtroppo, il tiro da fuori area!), trovandosi giocoforza con meno spazi da sfruttare.
Queste riflessioni non sono accademiche e fini a se stesse. Sono le riflessioni che immagino faccia Montella tutte le volte che si accinge a scegliere un modulo o un giocatore. E la forza di Montella sta proprio nel non essere attaccato aprioristicamente a schemi, bensì nel tentare sempre di adattarli alle caratteristiche dei suoi giocatori; e di non essere neanche attaccato ai giocatori, nel senso di non volerli forzare, quando questi non quagliano nel tipo di gioco scelto. Ho scritto che il 3-5-2 è la soluzione ottimale in vista della coppia d’attacco Rossi-Gomez, che in queste ultime partite Montella ha cercato di anticipare facendo fare il Gomez a Ilicic (o, meglio, spostando Rossi centravanti con dietro lo sloveno, mantenendoli comunque centrali e ravvicinati), perché sa che Rossi non può fare l’esterno d’attacco se non vuole snaturarsi e vuole restare in “zona gol”. È chiaro che, in questo caso, il sacrificato è stato Ilicic, ma il sacrificio è valsa la pena, nell’attesa che si ricostituisse la coppia titolare d’attacco e in mancanza di alternative affidabili nel ruolo di centravanti. In sintesi: Montella non rinuncia, almeno fino ad oggi, a “interpretare” qualsiasi modulo adotti allo stesso modo in cui Garcia fa interpretare il 4-3-3 ai suoi (possesso palla, tecnica, squadra corta, pochissimi cross, rari lanci lunghi, ricerca estenuante della soluzione “perfetta” per andare in gol), ma adotta una difesa a tre, che inesorabilmente sottrae un uomo alla costruzione del gioco, perché intende puntare su esterni molto più offensivi e “anarchici” nel proporsi (Cuadrado e Vargas) che hanno bisogno di maggiore protezione dalla difesa.
E ora? Ho scritto finora esorcizzando quello che incombe come un responso ferale: l’ennesimo grave infortunio di Pepito. Ci si augura tutti che la sua assenza sia breve e che lo restituisca nella forma attuale, ma è realistico chiedersi come si configurerà la squadra nelle prossime uscite, dato (e concesso fino a un certo punto, con l’interrogativo legittimo sulla sua condizione) il ritorno di Gomez. Sono convinto che Montella tornerà al 4-3-3, con Cuadrado e Vargas “ali” e Gomez in mezzo, con un gioco che fatalmente si velocizzerà e comporterà più cross e lanci in profondità, e che, in alternativa, cambiando meno, potrà mantenere un 3-5-2 con Ilicic dietro Gomez. Sono le soluzioni più razionali, ma intanto mercoledì sarà opportuno provare qualche giocatore che ancora non sappiamo quanto potrà dare, almeno quest’anno, alla squadra. Potrebbe essere l’ora di Rebic, e anche di Wolski (con il Chievo li farei giocare insieme davanti confermando il 3-5-2). Con la speranza che dalla disgrazia che si accanisce sul nostro attacco ne possa sortire un’opportunità imprevista per qualche seconda linea. Un’opportunità, però, che ora è fondamentale non sprecare.

Alessandro Pagnini

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