Firenze – I romanzi di Silvia Barchielli si leggono tutti d’un fiato perché le storie sono avvincenti e affrontano aspetti tragici, che ti colpiscono ti coinvolgono e di cui, nel lungo arco della vita dei protagonisti, non si può prevedere l’esito. Laureata in Pedagogia relazionale e autrice di saggi, Silvia Barchielli unisce questa esperienza alla maestrìa narrativa, che a sua volta è confluenza di trame avvincenti e di uno stile fresco e incalzante. E’ stato così, ad esempio, per All’ombra del grande gelso che affronta il problema dell’abbandono dei neonati nella seconda metà dell’800, per Il sentiero dei ciliegi che attraverso una storia di disagio giovanile mette a confronto i drammi di persone di più generazioni o La Noce a tre canti: vite che si incontrano oltre la barriera del tempo, di amicizie e di amori in quell’umanità semplice di un’altra epoca ma con la capacità di trasmetterci forti emozioni.
Ed è così per il suo nuovo libro, Le zie di S.Godenzo (ed.Polistampa) uscito alcune settimane fa, nel quale si affronta il dramma sociale dei manicomi, di tanti ricoveri che avrebbero potuto e dovuto essere evitati e che invece finirono per segregare persone affette da modesti disturbi. Assai più gravi sono stati l’aridità morale e l’indifferenza di coloro che li hanno condannati: vite perdute ma anche ritrovate perché Silvia Barchielli vede sempre una speranza, un raggio di luce all’orizzonte in un percorso in cui “tout se tient” , ogni vicenda si intreccia nel fluire delle stagioni . Come in un gioco di specchi il dramma sociale è visto da diverse prospettive e con un intersecarsi di più piani di lettura; diviene più vivo perché irrompe nella vita di tutti i personaggi. Un bel libro,che aiuta a riflettere e ti fa comprendere un problema sociale attraverso un fluire di emozioni, di empatia, di sano sdegno e … di suspence..
Anche in questo romanzo affronti una vicenda drammatica che ha le proprie radici nel passato Un passato che non è mai idillico nei tuoi libri
Quando vedo qualcuno che si comporta in modo particolare, per non dire “strano”, mi viene spontaneo pensare che quegli atteggiamenti siano frutto di esperienze dolorose che affondano le loro radici nel passato. Secondo me non si è mai devianti senza un motivo.
Dramma individuale ma anche corale perché la vicenda del protagonista coinvolge e cambia la vita di numerose persone in epoche diverse..
Qualunque persona influenza sempre, in modo più o meno importante, la vita di coloro con i quali si trova ad interagire e questo può accadere anche “in differita”; quante volta ci capita di osservare che le vicende di chi ci ha preceduto hanno ancora un’importanza, ancorché relativa, nella nostra esistenza?
Come è nato questo romanzo ?
Mi ha sempre dato fastidio ascoltare frasi come “da come si comporta, sembra che non gli sia successo nulla….”. Chi ha detto che esiste un modo giusto di affrontare il dolore? Possibile che ci sia sempre qualcuno che ha la ricetta per tutto?
La vita di un piccolo centro ha un ruolo importante, fin dalle prime pagine del romanzo…
Ancora oggi nei piccoli centri, nonostante la tecnologia, il progresso, nonostante tutto, si vive in modo diverso rispetto alle grandi città; nei paesi i rapporti sono più diretti, tutti si conoscono ed è difficile rimanere indifferenti ai drammi e alle gioie degli altri. Bene o male le persone sono “costrette” a confrontarsi; nei piccoli centri si riesce ancora a stigmatizzare come ad aiutare…
ma, in fondo, tra la città(identificata con la protagonista) e la campagna c’è comunanza di valori
Chiaramente come al solito è impossibile generalizzare; molto sta alla sensibilità e alla coscienza di ognuno di noi; in città, oltre ai ritmi diversi, c’è anche più mobilità, in quanto le famiglie sono molto meno stanziali rispetto a quelle che vivono nei paesi; la mobilità in città è anche di tipo generazionale: generalmente i giovani quando escono di casa definitivamente, si trasferiscono in quartieri diversi, dove instaurano nuovi legami.
E’ difficile quindi mantenere contatti e amicizie durature. Diversa era la situazione di una volta, quando anche in città la vita si svolgeva all’aperto, magari nella misura in cui le donne, nel pomeriggio, si ritrovavano a rammendare sedute in strada sulle sedie portate da casa…sicuramente, in epoca più lontana, le “zie” avrebbero dato la merenda ai bambini anche se fossero vissute in città…
Il romanzo sarò presentato martedì 14 aprile alle ore 17,00 nel Palazzo comunale di Pontassieve(Sala delle Eroine) a cura del locale Circolo Fratelli Rosselli.