TTIP, la giornata “contro” inizia a Ponte Vecchio

Firenze – E’ cominciata dalle otto di questa mattina, la lunga giornata “contro” il TTIP, il trattato commerciale che vedrebbe il rapporto Unione Europea e Stati Uniti godere di particolari agevolazioni e le cui trattative stanno per giungere al punto d’arrivo. Inizio di grande impatto, con tanto di striscione appeso a Ponte Vecchio e sit-in, cui ha fatto seguito, alle 11.30 in Palazzo Vecchio, un incontro con la stampa in cui Tommaso Grassi, capogruppo in consiglio comunale di Sel-Frs, ha fatto da portavoce per l’intera galassia che ha organizzato la manifestazione odierna. Una lunga lista, in cui si ritrovano Arci, Cgil, E’ Possibile, Area Civati, Lista civica Firenze a sinistra con Tommaso Grassi, L’Altra Europa con Tsipras, Partito della Rifondazione Comunista, Sinistradem del Partito Democratico e Sinistra Ecologia Libertà. La giornata di “presidio informativo si concluderà questa sera alle 18, presso il circolo Arci -Le Torri, al quartiere 4. 

“Una giornata che ha, in buona sostanza, l’obiettivo di informare i cittadini” spiega Tommaso Grassi, oltre a “fare presente al dibattito pubblico la forte preoccupazione che desta il trattato in corso, in particolare per quanto riguarda l’abbassamento delle soglie di tutela della salute pubblica e della democrazia”.

Sulle ragioni della contrarietà all’introduzione del trattato, è molto esplicito il rappresentante dell’Area Civati, nonchè candidato d’area alle prossime regionali, Jacopo Ghelli. Di fatto, spiega Ghelli, il TTIP “distrugge il ruolo dello Stato rispetto alle multinazionali, legalizzando questa sudditanza. La differenza fra “prima” e “dopo” TTIP è che questa sudditanza sebbene concretamente esistessse e fosse di natura economica, con l’approvazione del trattato diventerebbe di natura giuridica”. Vale a dire, spiega l’esponente civatiano, che “diventerebbe non solo legale, ma addirittura godrebbe di una tutela “forte”, sotto forma della creazione di  una sorta di “tribunale” internazionale (che si chiamerà “arbitrato”) che di fatto prenderà decisioni di natura giuridica. A che proposito, ecco la risposta: il Tribunale o Arbitrato che dir si voglia, potrà condannare gli stati a indennizzare le multinazionali qualora  con sue proprie leggi, lo stato posto sotto “arbitrato” leda i profitti “attesi futuri” delle multinazionali. Un elemento che pone una netta divisione fra operatori economici, creando una classe A per le grandi multinazionali che verranno così tutelate nei loro profitti “attesi futuri”, una classe B per tutti quegli operatori economici medio-piccoli, di portata nazionale che non potranno aspirare a tanto. Senza contare che un simile meccanismo fa saltare l’idea stessa e la ratio di “stato”. Infatti, uno stato che fa le proprie leggi dando così espressione ai suoi meccanismi istituzionali e alla sovranità di cui è investito, come può essere chiamato a rispondere a soggetti economici per essersi frapposto al raggiungimento di “profitti attesi futuri”?”.

Se questo è un profilo interessante,  in secondo luogo non si può dimenticare un’altra considerazione, vale a dire che con questo sistema, “le multinazionali prendono soldi al cittadino in quanto consumatore, ma, se lo Stato di cui il cittadino è membro incorre nelle sanzioni di cui sopra, il cittadino stesso “ripaga” altri soldi solo per la condizione della cittadinanza in cui si trova”. Infine, Ghelli ricorda che fra i numerosi problemi che il TTIP arreca al corpo politico-sociale come si è sviluppato in Europa, esiste anche un altro punto in cui il trattato “stride”:  ed è il punto per cui le multinazionali vanno a “privatizzare” esercito e polizia degli stati. In che senso? “E’ chiaro che non si parla, almeno non in questa fase, dei corpi combattenti – spiega Ghelli – ma la possibilità concessa alle multinazionali di offrire i propri servizi alle forze armate dei vari paesi e ai corpi di polizia degli stati, magari anche di stati che sono in contesa, rischia di diventare un vero e proprio “rallentatore” per quanto riguarda la capacità reattiva degli stati stessi. Per ora. Senza contare che il rischio che il secondo passaggio sia proprio “l’offerta” dei corpi combattenti  è sempre dietro l’angolo”.

Dunque, in sintesi generalissima, secondo gli organizzatori di questo presidio-giornata informativa, i motivi di contrasto al trattato TTIP sono in buona sostanza la natura del trattato stesso (più giuridica che commerciale, in quanto ha l’obiettivo “di abbattere le barriere normative che limitano i profitti potenzialmente realizzabili da società transnazionali nei mercati USA e UE”), le conseguenze di portata sociale che vi sono collegate (“eliminare o ridurre standard sociali fondamentali e normative ambientali come i diritti dei lavoratori, le norme di sicurezza alimentare comprese le restrizioni in materia di OGM, le disposizioni sull’uso di sostanze chimiche tossiche, le leggi sulla protezione dei dati e le nuove garanzie bancarie introdotte per prevenire che si ripeta una crisi finanziaria come quella del 2008”),la creazione di nuovi mercati attraverso l’apertura dei servizi pubblici alla concorrenza di società transnazionali (il che comporta  “il rischio della privatizzazione dei servizi in settori chiave quali la sanità, l’istruzione e la difesa”); l’introduzione di un sistema arbitrale che conferisca a soggetti economici multinazionali il rango di pari dignità istituzionale rispetto agli Stati, con la conseguente possibilità di “citare in giudizio i governi sovrani presso dei tribunali arbitrali e creati ad hoc”,  per rifarsi della perdita di profitti anche quando “causata da decisioni di politica pubblica”.

La richiesta urgente che viene inoltrata all’Unione Europea da parte dei promotori dell’iniziativa è quella di mettere in atto una “valutazione di merito e di trasparente analisi delle conseguenze sul benessere collettivo dei cittadini europei”, per non approvare “un trattato contenente riduzioni dei diritti sociali e democratici”.

Del resto, chiude proprio il civatiano Ghelli, un elemento curioso può essere l’individuazione dei due paesi europei più tenacemente avversari del TTIP: la Germania da un lato, per la sua forte fedeltà culturale, politica e sociale all’idea di Stato, e la Grecia, in quanto portatrice di un approccio economico,l sociale e culturale completamente contrario a quello anglosassone, o per meglio dir, americano. Insomma nemici in Europa, ma, sia pure per ragioni opposte, alleati nella resistenza al TTIP. Ovvero, in questo caso, agli Usa.

 

 

 

 

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