Firenze – E’ passata ieri in consiglio, voluta a tutti i costi dalla giunta regionale, la “legge sulle cave”. Piaccia o no, dunque, ecco ciò che prevede la nuova legge: semplificazione per le imprese, incentivi per le aziende che lavoreranno sul posto la pietra scavata ma anche compensazioni per le comunità e i territori. Molto critico il vicepresidente del gruppo Ncd Marco Taradash, in particolare riguardo alla possibilià di esproprio: Legge sbagliata, si aprirà una fase di contenzioso molto dura”.
In buona sostanza, ecco i pilastri della nuova regolamentazione: un nuovo sistema di pianificazione, la sottolineata semplificazione, la disciplina degli agri marmiferi di Massa Carrara, nuovi canoni e contributi.
Per quanto riguarda il primo punto, con la legge approvata le funzioni di pianificazione che prima erano delle Province passano completamente alla Regione. Al Piano regionale cave spetterà elaborare una stima dei fabbisogni, su scala regionale, delle varie tipologie di materiali, individuerà i giacimenti potenzialmente escavabili escludendoli da altre attività estrattive. Assegna anche ciascuno comprensorio estrattivo individuato obiettivi di produzione. Rimane in capo ai Comuni il rilascio delle autorizzazioni alla coltivazione delle cave ordinarie e delle cave di prestito di interesse locale, dei piani di recupero dei siti estrattivi dismessi, la vigilanza ed il controllo dell’attività di cava e la possibilità di emanazione di provvedimenti di sospensione e revoca delle autorizzazioni.
Alla voce semplificazione, il ricorso al Suap, lo sportello unico per le attività produttive, riduce al massimo a 150 giorni l’iter per le escavazioni.
Agri marmiferi di Massa Carrara, rimane ferma la potestà regolamentare dei Comuni di Massa e Carrara in merito alla disciplina delle concessioni degli agri marmiferi, quali beni che appartengono al patrimonio indisponibile dei medesimi comuni. Le concessioni saranno in futuro rilasciate con una gara, ma è prevista una fase transitoria di sette anni per quelle aziende che sono in possesso di una concessione. Ai 7 anni se ne potranno aggiungere 2 per le aziende dotate di certificazione ambientale. Periodo che potrà arrivare a 25 anni per le aziende che, tramite stipula di un’apposita convenzione, si impegnino a valorizzare la filiera corta nella lavorazione del marmo.
Voce canoni e contributi, le attività estrattive esercitate all’interno dei beni di proprietà pubblica saranno soggette al pagamento, oltre che del contributo di estrazione, anche di un canone concessorio determinato dal Comune. Per il distretto delle Alpi Apuane viene fissato al 10% il contributo di estrazione, con un massimo del 15%, tra canone e contributo per i beni appartenenti al patrimonio indisponibile comunale.
Decisioni che vanno in direzione diversa rispetto alla rete di tutele delle montagne che era stata impostata dal Piano paesaggistico targato Marson; ecco la convinzione del presidente Enrico Rossi: “In questo modo possiamo conciliare quello che oggi pare impossibile conciliare: ovvero il lavoro, lo sviluppo e l’ambiente. Con questa norma andiamo in questa direzione”. Il presidente ricorda poi i benefici della legge, che distribuirà più risorse al territori, introdurrà elementi di giustizia e perequazione ma “sarà capace anche di contenere le attività di estrazione dando valore a queste stesse attività”.
“Il marmo in Toscana – dice Rossi – può essere elemento della qualità di questa regione: l’importante è aggiungere valore al marmo attraverso il lavoro, ovvero aggiungendo più valore all’estrazione”.
Molto critico il vicepresidente del gruppo Ncd, Marco Taradash che commenta: «Legge sbagliata, che aggrava e moltiplica i problemi che si proponeva di risolvere». «Questa legge rischia di trasformare la coltivazione delle cave in una grande partecipata pubblica al di fuori di qualsiasi termine consentito dalle leggi. E questo in conseguenza della interpretazione che si dà di un editto del 1751 fino ad oggi letto in maniera opposta».«Ovvio – spiega Taradash nel suo intervento – esami di “tipo spiritico” non erano possibili e si doveva interpretare. Ma quando si tratta di esproprio, come in questi casi, esistono le leggi. La facoltà di esproprio da parte dello Stato, in particolare, è prevista dalla Costituzione solo per fini di pubblica utilità e non è questo il caso. L’interpretazione delle leggi (e degli editti) è affidata ai Tribunali, non alle assemblee elettive che non possono, fuori dalle leggi, intervenire sulla proprietà privata». «Ora si aprirà una fase di contenzioso molto dura, che rallenterà o impedirà gli investimenti nel settore con danni ingenti all’area apuana. Credo che si sarebbe invece dovuta seguire la via giudiziaria, unica contemplata dalla nostra Costituzione». «Sulla parte ambientale discuteremo invece con il piano paesaggistico – conclude Taradash – , ma questa senz’altro è una legge sbagliata, che attua una forzatura e quindi aggrava e moltiplica i problemi che si proponeva di risolvere».