Medicina: tutto quello che c’è da sapere sul nuovo farmaco contro l’epatite C

Firenze – L’assessore regionale alla sanità  salute Luigi Marroni ha recentemente illustrato le scelte della Regione Toscana in merito al nuovo farmaco per l’epatite C erogato dall’agosto 2014 con la fornitura gratuita da parte del produttore e poi  reso disponibile sul mercato dall’AIFA (Agenzia italiana del farmaco) il 18 dicembre scorso. Il farmaco può essere erogato solo dai centri ospedalieri, al momento in Toscana una quindicina.

Il costo delle cure sarà notevole per le casse regionali, visto che un ciclo di trattamenti può andare anche oltre i 30.000 euro a paziente. La stima regionale è che nel 2015 i pazienti candidati alla somministrazione del farmaco possano essere fino a 1.700. La Regione pensa di poter far fronte alle notevoli spese necessarie a garantire le cure (intorno ai 50 milioni di euro) attingendo al fondo previsto dalla Finanziaria 2015 per i farmaci innovativi.

Parliamo di questa nuova terapia con Maurizia Brunetto direttore dell’  UO Epatologia (Centro di Riferimento regionale per la diagnosi e il trattamento delle epatopatie croniche e del tumore di fegato), Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana

Il nuovo farmaco può essere veramente risolutivo per sconfiggere l’epatite C ?
Il sofosbuvir è il primo di una lunga serie di farmaci ad azione diretta (DAAs) nei confronti del virus dell’epatite C (HCV) in grado, opportunamente combinati fra loro o con l’interferone peghilato (Peg-IFN) e la ribavirina (RBV), di ottenere l’eradicazione (eliminazione) dell’infezione da HCV in percentuali molto elevate di pazienti (85-95%). In realtà l’eradicazione dell’infezione da HCV si poteva ottenere già con le terapie ad oggi disponibili ma in una percentuale inferiore e più variabile di casi (40-75% rispetto a 85-95%), con terapie di durata  superiore (12 mesi vs 3 mesi) e effetti collaterali/indesiderati notevolmente più significativi. In particolare proprio a causa degli effetti indesiderati la terapia con Peg-IFN/RBV era controindicata nei pazienti con malattia più avanzata.

Il sofosbuvir (inibitore nucleotidico della polimerasi virale) è un farmaco che interferisce direttamente con la replicazione virale bloccando la sintesi dell’acido nucleico virale (HCV-RNA), ha un’elevata potenza antivirale ed è efficace su tutti i genotipi di HCV.  Tuttavia, per garantire l’eradicazione dell’infezione in percentuali superiori all’ 80% è necessario che venga associato ad altri farmaci, in modalità differente a seconda del genotipo infettante: RBV o DAAs (quali  simeprevir, daclatasvir o ledipasvir) o Peg-IFN+RBV.  Insomma, il nuovo farmaco da solo non basta. Occorre aggiungerne altri. Non è una  pillola magica  e  in alcuni pazienti  per garantire la cura migliore  abbiamo dovuto/ dobbiamo attendere la disponibilità commerciale del  farmaco da aggiungere. E ciò spiega anche l’elevato costo di tali terapie. 

A quali pazienti  sarà  somministrato?
Come anticipato il profilo di sicurezza ed efficacia del sofosbuvir e degli altri DAAs (che a breve si renderanno disponibili) permetterebbe  il loro utilizzo in tutti i soggetti con infezione cronica da HCV, indipendentemente dallo stadio di malattia epatica.

Va in ogni caso  ricordato  che tale  terapia dimostra un’efficacia lievemente inferiore (del 10-15%) nei soggetti con malattia più avanzata (cirrotici) e che quindi la probabilità di guarigione definitiva è molto elevata, ma non del 100%. Inoltre, nel paziente con fibrosi avanzata (cirrosi) un trattamento antivirale efficace pur spegnendo l’infiammazione presente nel fegato (epatite) riduce, ma non annulla completamente il rischio di progressione della malattia di fegato, soprattutto per quanto riguarda lo sviluppo di epatocarcinoma. Quindi un paziente cirrotico, guarito dopo terapia antivirale, dovrà continuare ad effettuare periodici controlli medici specialistici.  A fronte di tali premesse, in considerazione del costo, estremamente elevato, è stato necessario definire una priorità di trattamento  in base alla severità della malattia di  fegato o delle patologie che possono accompagnare l’infezione (manifestazioni extraepatiche).

L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha così identificato 6 categorie di pazienti per i quali il farmaco sarà fruibile in piena rimborsabilità da parte del SSN.

Tali categorie sono:

  1. Pazienti con cirrosi epatica Child A-B8, senza o con neoplasia epatica (in tal caso con risposta completa al trattamento);
  2. Pazienti con recidiva di epatite C dopo trapianto di fegato (fibrosi ³ F2 o con epatite fibrosante colestatica );
  3. Pazienti con epatite cronica C con gravi manifestazioni extraepatiche (crioglobulinemia con danno d’organo o sindromi linfoproliferative a cellule B);
  4. Pazienti con epatite cronica C con fibrosi severa (F3);
  5. Pazienti in lista per  trapianto di fegato (MELD <25 o HCC nei criteri di Milano) con possibilità di lista di attesa di almeno 2 mesi;
  6. Pazienti con epatite cronica C  con fibrosi ³ F2, dopo trapianto d’organo  solido (non fegato) o midollo 

Ma  poi potrà  essere usato  per tutti  coloro che hanno contratto il virus?
E’ quanto tutti noi (pazienti e medici) speriamo, in quanto per la prima volta è possibile pensare di affrontare in modo radicale e definitivo l’infezione da HCV, garantendo alla maggioranza dei pazienti la risoluzione dell’infezione.  Va infatti ricordato che l’eradicazione dell’infezione da HCV prima che si sia instaurato un danno d’organo avanzato (cirrosi) porta non solo allo spegnimento del processo necro-infiammatorio (epatite), ma anche alla regressione completa del danno epatico. A differenza del paziente con cirrosi, il paziente con epatite cronica guarito dopo trattamento si svincolerà dalla necessità di controlli specifici per la malattia di fegato. Inoltre, l’infezione da HCV è causa o si è dimostrata favorire numerose patologie extraepatiche  (crioglobulinemia, patologie linfoproliferative, diabete, malattie cardiovascolari e renali) ed è stato dimostrato che la sua eradicazione è in grado di agire  efficacemente  anche sulla morbilità e mortalità globale (e non esclusivamente su quella fegato-correlata).

Tuttavia, anche in questo momento, i pazienti con epatite C e un quadro di malattia non avanzato possono essere trattati con Peg-IFN e RBV o, nel caso di alcuni genotipi (1 e 4) con Peg-IFN+RBV+ Inibitori della proteasi. Nel caso di utilizzo di Peg-IFN e RBV la fatica terapeutica potrà essere superiore (per gli effetti collaterali e la durata del trattamento), ma in molti casi l’efficacia del trattamento sarà molto elevata (paragonabile a quella dei regimi privi di IFN) e in grado di portare all’eliminazione del virus.

Sconfiggere l’epatite C  ha un alto valore sul piano sanitario e sociale
L’infezione da HCV decorre per decenni del tutto asintomatica, in quanto l’epatite cronica, ma anche la cirrosi epatica nelle fasi iniziali non provocano alcun sintomo: il fegato svolge egregiamente la sua funzione e non vi sono sintomi specifici. L’unico indizio del danno in atto è nella maggior parte dei pazienti l’alterazione delle transaminasi.

Tuttavia, quanto la cirrosi progredisce compaiono le complicanze conseguenti all’insufficienza funzionale, all’ipertensione portale e allo sviluppo di tumore primitivo di fegato. A questo punto il costo di gestione della malattia di fegato diventa elevato, il paziente necessita di un’intensiva assistenza sanitaria da attuare con frequenti visite o ricoveri in ospedale e conseguenti costi diretti e indiretti molto elevati. Infine, ma solo in una percentuale limitata di casi, il trapianto di fegato diventa l’opzione terapeutica ottimale e in tal caso il costo gestionale si impenna ulteriormente.  Bloccare la progressione del danno epatico con un intervento tempestivo vorrebbe quindi dire agire significativamente sui costi di gestione sanitaria futuri e sui costi indiretti che si producono nel paziente con malattia avanzata e sintomatica. Ciò genererebbe un’importantissima spending review sanitaria abbattendo progressivamente l’onerosa spesa pubblica e offrendo un notevole guadagno salute per i pazienti.

Per rendere realizzabile un tale progetto occorre pensare ad un nuovo paradigma d’intervento di salute pubblica in grado di “eliminare una patologia cronica evolutiva” con un’azione preventiva, che tuttavia per essere sostenibile da un SSN universalistico, quale quello italiano, deve svilupparsi secondo logiche economiche diverse da quella che hanno regolato fino ad oggi il mercato del farmaco.
Foto: www.medicinalive.com

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