Firenze – Che suoni musica cólta barocca o musica popolare liberamente rielaborata da antichi codici, le esecuzioni di Jordi Savall toccano sempre lo spirito. Ieri sera, al Saloncino della Pergola stracolmo di pubblico fin negli sgabelli laterali, era la volta di un repertorio ispanico-gaelico ispirato al tema de La Follia che tanta musica ha innervato in Europa sino a diventare parte integrante di brani famosi, per lo più variazioni, come nel caso di quella celeberrima di Corelli.
Sostiene, Savall, che la viola da gamba, sia lo strumento più vicino al suono della voce umana, antico ideale estetico che in ogni strumento ravvisa il prolungamento di quello, tanto misterioso quanto espressivo, che ci ha dato madre natura. E questo ideale umanistico il musicista catalano – che si è esibito a Firenze in formazione cameristica con Rolf Lislevand chitarra e tiorba e Marc Clos, percussioni, musicisti provenienti dall’Hespèrion XXI- porta a compimento nelle sue esecuzioni che all’immancabile virtuosismo tecnico, uniscono sonorità mai forzate –o sforzate-, giocando sulla versatilità timbrica e ritmica.
Anche con veloci cambi di strumento, così come è prassi nell’esecuzione di quel repertorio e di quel periodo , tra Cinquecento e Seicento, ma in lui musicista, grazia e leggerezza lasciano letteralmente incantati. Ne può essere esempio un brano (di autore anonimo), tratto dalla Ryan’s collection, nel quale un nucleo tematico reiterato ipnoticamente, impercettibilmente si modifica e in crescendo si trasforma da antica melodia celtica in canto dei pionieri del Nuovo Mondo.
A par suo Rolf Lislevand sfodera doti solistiche di levatura, come nelle Jaracas, tarantelas y canarios eseguite con la chitarra e un impeccabile lindore esecutivo mentre nei pezzi d’insieme Marc Clos sottolinea magistralmente la tessitura musicale con aggraziate sottolineature ritmiche, volta a volta create da nacchere, legnetti e tamburi. Musica che si conclude perlopiù in pianissimo con una ninnananna fuoriprogramma, una specie di bis della buonanotte.