I difensori di Schettino: “manco Pacciani”

Grosseto – Si è chiusa con un colpo di scena l’ultima udienza sul naufragio della Costa Concordia. Requisitoria atto terzo, e di buon gusto terenziano. D’altra parte, il processo per il più tragico naufragio della marineria italiana è, sin dall’inizio, andato in scena a teatro.

Al Teatro Moderno di Grosseto, appunto, non era presente il principale indiziato di questa brutta storia. Francesco Schettino, tante volte presente in aula, non c’era. Ha preferito seguire da Meta di Sorrento la richiesta di una maxi condanna nei suoi confronti. Ed affidare ai suoi legali il compito di controbattere in aula ai fendenti dei pubblici ministeri maremmani. Quasi un secondo abbandono nave, insomma.

“Quasi l’ergastolo, manco Pacciani”, ha tuonato l’avvocato Donato Laino, difensore di Schettino, dopo la richiesta di condanna a 26 anni e 3 mesi di carcere formulata dal pm Maria Navarro. “Ventisei anni? Forse sono pochi, io almeno sono di questo parere”, ha invece spiegato il padre di Giuseppe Girolamo, una delle 32 vittime della tragedia del 13 gennaio 2012. “Purtroppo le persone a noi care non tornano più”, ha proseguito il genitore del musicista di Castellana Grotte (Bari), che la sera del naufragio cedette il suo posto su una scialuppa ad una bambina, trovando così la morte.

E che si sia trattato di una richiesta non esagerata è stato chiarito dalla stessa Navarro, la quale ha chiarito come l’accusa potesse arrivare a chiedere una pena massima di 30 anni. I 26 anni non sarebbero nemmeno in discussione, per l’accusa, mentre sui 3 mesi si potrebbe anche discutere. La maxi pena richiesta per Schettino si compone di 14 anni per omicidio e lesioni colpose (in questo caso il reato più grave è la morte della piccola Dyana Arlotti), 9 anni per naufragio colposo, e 3 per abbandono di incapaci e abbandono della nave. I 3 mesi di arresto sui quali i pm maremmani sono disposti a trattare, invece, sarebbero dovuti per le contravvenzioni di omesse e false testimonianze alle autorità marittime. Ovviamente, se Schettino sarà ritenuto colpevole alla fine del processo, per lui scatteranno anche le pene accessorie. Fra di esse, l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e quella dalla professione per 5 anni e 6 mesi.

Schettino, hanno sostenuto i pm maremmani, dovrebbe tornare dietro le sbarre in quanto “c’è il rischio di fuga”. E se il Tribunale di Grosseto dovrà pronunciarsi sulla richiesta della Procura fra il 10 ed il 15 febbraio, l’ex capitano della Concordia ha fatto sapere di non aver alcuna intenzione di abbandonare nuovamente la nave. “Non scappo. Sono a disposizione dell’autorità giudiziaria, mi si dica quello che devo fare”, ha dichiarato.

Ma Schettino viene considerato ancora come “l’unico responsabile” del naufragio della Concordia. Questo, almeno, dalle dure parole della requisitoria del pubblico ministero Stefano Pizza, che ha dichiarato: “Dio abbia pietà di Schettino, perché noi non possiamo averne alcuna”. Nella sua arringa, Pizza ha definito l’ex capitano come “un incauto idiota”. In questo epiteto d’effetto, il pubblico ministero ha unito le due definizioni giuridiche “incauto ottimista” e “abile idiota”, così da indicare Schettino come colui che, sentendosi capace di compiere un atto importante, causa invece un danno ingente. Il capitano di Meta di Sorrento, secondo Pizza, fu troppo ottimista in quanto sopravvalutò le proprie capacità. Per questo, inchinandosi al Giglio, provocò una situazione di gravissimo pericolo. E se la notte del 13 gennaio 2012 non si tramutò in una tragedia ancora peggiore, questo fu un vero e proprio miracolo: “solo per la Provvidenza il naufragio non si è trasformato in un’ecatombe. Ci vuole molta ipocrisia per dire che fu colpa della manovra errata del timoniere”.

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