Firenze – Comincia oggi, a cura di Gabriele Parenti, una vera e propria “avventura” di Stamp sulle tracce di un lago scomparso che tuttavia, a tratti, a fronte di precipitazioni abbondanti, riappare nel territorio di cui una volta era non solo padrone, ma anche fondamentale risorsa e punto di commercio importante. La zona in cui si estendeva il più grande lago della Toscana è la grande pianura che si estende fra Bientina nel pisano e il versante lucchese. La nostra “indagine” è suddivisa in due puntate. Oggi la prima.
Il lago perduto
C’era una volta.. come si dice nelle favole, il lago di Sesto (o di Bientina) e , come in una favola, quello che era il più grande lago della Toscana- e che scomparve con le opera di bonifica effettuate nel 1859- sembra risorgere ogni volta che piogge abbondanti inondano la vasta pianura che si estende tra Bientina(Pi) ed il versante lucchese. E torna l’aspetto affascinante di uno dei più caratteristici paesaggi mediterranei. Una sorta di miraggio che dura solo pochi giorni ma che richiama alla memoria la vicenda del lago scomparso.
E proprio il lago/padule di Sesto sarà il soggetto di un documentario-reportage realizzato dall’associazione Bubamara per mettere in luce i suoi aspetti naturalistici e la sua storia, ricca di avvenimenti, essendo il lago crocevia di interessi politici,economici,militari e oggetto di storie, miti e leggende.
A partire dalla sua origine: Fabrizio Franceschini ordinario nell’Università di Pisa, ha raccolto tradizioni e racconti delle comunità rivierasche, risalenti al XVI-XVIII secolo, nei quali si parla di una mitica città di Sextum – di cui il borgo di Bientina sarebbe stata una propaggine – che s’inabissò e fu sommersa dalle acque, dando vita all’omonimo lago.
Uscendo dalla leggenda e tornando alla storia del lago di Bientina (o di Sesto,secondo la denominazione adottata a Lucca) merita sottolineare che era il più grande della Toscana con una superficie 14 miglia toscane q. circa 36 kmq.)e segnava il confine del Granducato di Toscana con il Ducato di Lucca, fino a che, a partire dal 1853, su progetto di Alessandro Manetti, fu prosciugato per bonificare l’area paludosa e recuperare terreni per l’agricoltura. Anche se – come ha rilevato Andrea Zagli docente dell’Università di Siena in un ampio studio (Il lago e la comunità. Storia di Bientina un “castello” di pescatori nella Toscana moderna ,Polistampa Firenze, 2001) molte famiglie che vivevano di pesca , dovettero riconvertire le proprie attività.
Metà della superficie dell’area umida era sempre coperta dalle acque e veniva chiamata Chiaro; l’altra era palustre e si prosciugava nei periodi di siccità; in quest’area si trovavano i pagliereti, zone ricoperte da vegetazione palustre e piante e canne cementate da fango secco e talvolta staccati dalla terra e galleggianti.
L’area umida era delimitata ad est dalle colline di Montecarlo e delle Cerbaie, a sud ovest dal monte Pisano, a nord dalle Pizzorne, e a sud dal corso dell’Arno, che, fino al basso Medioevo raggiungeva il castello di Bientina e lambiva le mura di Vico Pisano. C’era poi il Serchio(Auser) un cui ramo raggiungeva il lago, di cui fungeva da immissario e da emissario, poi confluiva in Arno. Ma nel VI secolo, per evitare le piene nella piana lucchese, fu dirottato sull’altro ramo (Auserculus) a Ripafratta da dove si gettò in mare.
Abbazie,rotte commerciali,battaglie
Presso il lago sorgeva l’abbazia benedettina di S.Salvatore a Sesto, una delle più antiche della Toscana, (VII sec.) dove si fermò nel 1027 l’imperatore Corrado II. E anche un atto dell’imperatore Lotario parla delle vaste proprietà del monastero che aveva giurisdizione su numerose comunità.
Si trovava,invece, presso il porto di Altopascio l’abbazia camaldolese di Pozzeveri, (XII sec.). E, quasi al centro dello del lago, un’isola (oggi riconoscibile come rilievo sulla pianura) già abitata dagli etruschi e che, in età romana, ospitò una fattoria. I lucchesi vi costruirono una fortezza che fu espugnata dai pisani nel 1147.
La zona del lago era crocevia delle rotte commerciali che utilizzavano la via d’acqua; ma aveva anche importanza strategica perché era sul percorso della via Francigenae vi confluivano le vie transappenniniche. Inoltre, Altopascio era un porto fluviale grazie al canale, che collegava la Valdinievole con il lago e con l’Arno.
Per la sua posizione il lago fu teatro di battaglie tra cui quella detta “di Altopascio” che, nel 1325, fu una delle più celebri vittorie del condottiero lucchese Castruccio Castracani.
Opere di regimazione idraulica e la bonifica
Furono molte le vertenze tra fiorentini e lucchesi per le opere di regimazione idraulica, così come le contese tra le comunità rivierasche, per i diritti di pesca.
Con l’avvento del Granducato mediceo si cominciò a progettare lo scavo di un canale emissario ( Serezza vecchio) per limitare le esondazioni facendo defluire le acque in Arno.
Un documento del 1783 rinvenuto da Michele Parenti e riportato nel suo libro “Regimazione idraulica e difesa del suolo –vicende storiche del Consorzio Fosso Serezza” permette di stabilire che il Canale realizzato nel 1763 e chiamato “Imperiale” in onore del Granduca Franceso Stefano(che era anche Imperatore del SRI) divenne l’unico emissario del lago e passò sotto la giurisdizione lucchese.
La discussione sulla regolamentazione della vasta zona umida impegnò scienziati come Benedetto Castelli, Giovanni A.Borelli, e Vincenzo Viviani. Finché, nel 1756, Leonardo Ximenes per avere un ricambio delle acque e risolvere il problema dell’insalubrità dell’aria, progettò il Canale Imperiale. Ma le acque non erano ricevute dall’Arno quando questo era in piena (anzi senza apposite cateratte le stesse acque dell’ Arno sarebbero rifluite verso il lago). Allora, si affermò l’idea di farle passare sotto il letto dell’ Arno attraverso una grande opera di ingegneria idraulica: la c.d. “botte”, un canale sotterraneo di circa 250 metri che, approvata dal Granduca Leopoldo II, fu il perno della bonifica attuata da Alessandro Manetti tra il 1853 ed il 1859.