Jobs Act, oggi assemblea pubblica: “Per sconfiggerlo ci vuole consapevolezza”

Firenze – Non si ferma l’onda avversa alla riforma del lavoro. Dopo gli scioperi e i presidi di fine anno, riprende l’impegno sindacale per la creazione di una base sempre più ampia e consapevole delle ripercussioni del provvedimento targato Renzi. Riuniti stamattina al Dopolavoro Ferroviario di Via Alamanni, lavoratori, disoccupati e studenti hanno dato vita all’assemblea “NO Jobs Act”, momento di analisi e di dialogo su ciò che sta cambiando, nel nome della lotta. Sindacale, sì, ma non solo. Di “nuovo tipo di resistenza” ha parlato Stefano Fusi (Cobas), indicando la necessità di nuove forme di aggregazione che mettano fianco a fianco bandiere e appartenenze diverse come unica strategia di opposizione possibile perché, in fondo, “il Jobs Act riguarda tutti e tutti ne subiranno le ripercussioni”, pubblico impiego compreso. “Il progetto è dare libertà di licenziamento, ovunque”.

Nere, dunque, le nubi sull’orizzonte dello stato sociale, di cui si prevede “il completo smantellamento”, a partire dai previsti licenziamenti che interesseranno, per primi, proprio i sindacati. L’aria che tira è da caccia alle streghe e i toni apocalittici. “La riforma è un’arma studiata a tavolino per creare una mentalità dell’obbedienza a mezzo paura. Le ricadute sulla difesa dei lavoratori saranno enormi, perché è chiaro che i primi a saltare saranno quelli che rompono le scatole”. Il colpo d’occhio sulla riforma è di quelli a 360 gradi. Non resta fuori il contesto internazionale, dove “i recenti fatti di Parigi e la militarizzazione del territorio porteranno a una strumentalizzazione della repressione, così che anche i diritti verranno sempre meno”. Qualche assaggio, però, già c’era. “Si guardino le accuse di terrorismo per i No Tav della Val di Susa”. Jobs Act, insomma, come strumento dalle ricadute repressive, in perfetta sincronia con l’aria che tira all’esterno.

Già di parla di TTIP, accordi internazionali di libero commercio che andrebbero in realtà chiamati “di libera rapina” – aggiunge Maurizio Barselli (Cub) – all’interno dei quali c’è liberalizzazione anche dei rapporti sindacali, che subiranno in futuro attacchi ancora più pesanti. Questo significa che ciò che viene introdotto adesso è niente rispetto a quello che verrà”. La via non è che un’opposizione allargata. “In questa fase non esistono margini per il riformismo, né sindacale né politico”, dichiara Fusi. “O si cresce come movimento trasversale, forte, di cittadini, che creino una nuova forma di antagonismo, o manifestazioni e scioperi settoriali saranno vani”. Da qui l’impegno a costruire, nei prossimi mesi, una “consapevolezza politica diffusa, che ancora manca”, condizione essenziale per dare “sostanza e forza ai momenti di protesta che verranno”. Il primo appuntamento è per giovedì 22 gennaio con un presidio di protesta ad Angela Merkel, in visita a Firenze, in Piazza dell’Unità.

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