Firenze – Giorgio Napolitano è davvero “il migliore”, l’ultimo esponente della generazione di combattenti per la libertà e la giustizia sociale formatasi nella Resistenza contro il nazifascismo. Ed è stato un evento storico di prima grandezza per l’Italia il suo messaggio di fine anno del 31 dicembre, nel quale ha annunciato in modo netto e ufficiale le imminenti dimissioni dalla carica di Capo dello Stato che ha tenuto due anni in più rispetto al normale avvicendamento delle responsabilità istituzionali.
Non un filo di retorica né di commozione parlando di sé e delle decisioni da parte di un uomo di novanta anni, al quale il destino ha riservato uno dei regali più grandi che un uomo che ha dedicato la sua vita alla politica e cioè quello di poter decidere in tutta libertà il momento in cui passare il testimone ad altri. Qualche, quasi impercettibile, segno di commozione lo ha avuto solo quando ha parlato del lavoro che manca, delle storture della società di raddrizzare, quando insomma ha toccato le corde più sensibili della missione che ha onorato in modo rigoroso da presidente della Camera dei deputati, ministro degli Interni, presidente della Repubblica.
Il migliore della generazione dei dirigenti dell’ex Pci, capace di accompagnare processi storici complessi e controversi nella costruzione di una società di democrazia avanzata, è stato lui, perché è riuscito a reinterpretare e sintetizzare ciò che resta di valido dell’eredità comunista. In primo luogo il senso dello Stato come comunità di cittadini uguali e solidali: nessuno ha mai dovuto ricordare a uomini come lui che chi è investito dal popolo della responsabilità della guida ha un solo interesse da promuovere e da difendere, quello del bene comune.
E’ questo il nocciolo duro dell’alta professionalità del politico e dello statista. Giorgio Napolitano è un grande professionista che mette la sua strumentazione tecnica e la sua esperienza a servizio di tutta la comunità nazionale. Dunque nessun filo di retorica quando ieri sera ha annunciato il suo ritiro, ma argomenti personali e costituzionali, lungamente meditati. Aveva detto che se ne sarebbe andato per porre rimedio a una anomalia nelle naturali scadenze istituzionali quando avesse visto avviato il processo di riforma di istituzioni che sono diventate inadeguate. Questo processo è ormai irreversibile e condotto con volontà e determinazione dal Governo Renzi, e Napolitano considera concluso il compito che gli è stato richiesto per il corto circuito grave e pericoloso dei rapporti di forza in Parlamento dopo le elezioni del febbraio 2013.
Così il messaggio di fine anno 2014 del Presidente della Repubblica italiana ha avuto anche il segno di un evento storico, un passaggio del testimone fra generazioni: da quella di De Gasperi, di Berlinguer, di Giorgio Amendola, di Pietro Nenni, di Ugo La Malfa, a quella dei giovani che si sono impegnati a raccoglierlo.