Manifestazione Firenze dice No: città blindata, cariche e lacrimogeni

Firenze –  Cielo di piombo oggi sopra Firenze e di piombo anche la piazza. Un migliaio di persone risponde all’appello del Comitato Firenze dice No e si ritrova in piazza, a San Marco, per manifestare contro le politiche governative. Ma la Questura ha detto no, e no sarà. Inutile il tentativo di dirigersi lungo via Cavour, che viene fatto intorno alle 16, preceduto da un lancio di ortaggi; immediata la reazione della polizia schierata massicciamente a tutte le vie d’accesso alla piazza. Scontri, i primi contusi: un ragazzo ferito, alcuni poliziotti escoriati, lacrimogeni. Forse bombe carta, di sicuro petardi. Nel mezzo, anche un gruppo di signori di mezza età, del Comitato vittime del salvabanche: “Eravamo tranquilli da un parte e volevano caricare” dice uno di loro, non si sa se più scosso o arrabbiato. “Ho detto che se mi caricavano denunciavo tutti”.

Secondo contatto dopo pochi minuti, a un nuovo tentativo della testa del corteo di avanzare. Escono fuori, da un gruppo di incappucciati, anche spranghe e c’è un lancio di oggetti. La Leopolda con i suoi tavoli tematici e gli interventi del sindaco e dei ministri è lontana, sta al di là di quel muro di divise. Che, a poco a poco, fra bombe carta, petardi e oggetti e lanci di oggetti di ogni genere da una parte, e dall’altra manganelli e lacrimogeni, inducono la piazza a dirigersi giù per via della Colonna, verso piazza Santissima Annunziata, laddove è previsto il presidio.

lacrimogeni-e-petardi

Ma la gente non si ferma, e prosegue. Ci sono anche gruppi provenienti da altre città, ad esempio Venezia. Si stringono i ranghi di polizia e carabinieri e lassù, dove il cielo si fa sempre più grigio, continua a sentirsi il rombo dell’elicottero. Slogan e ancora qualche scontro. Ma il fiume di gente continua lentamente a defluire, mentre la “sponda” destra di divise si rafforza via via che passa il grosso del serpentone: la sponda destra, quella verso il centro, quella che è argine per un dissenso che vorrebbe arrivare alla Leopolda.

Niente da fare. Firenze guarda dall’alto delle finestre delle case, persino un po’ incredula che tutto questo sia arrivato fino qua: blindati da tutte le parti, agenti in tenuta da sommossa ovunque. Agli slogan e ai cartelloni, alle manifestazioni anche dure, gravide di rabbia ma composte, insomma a quello che qualche anno fa qualcuno chiamava “il metodo Firenze”, quello del prefetto Serra che gestì in maniera magistrale la prima dimostrazione nazionale di piazza dopo il G8 di Genova, a questo la città era abituata. Ma ai m uri di agenti per le strade, no. “Sa perché sono qui? – chiede una signora elegante, una sessantina di anni, cappellino e ombrello in tinta – perché hanno detto che non si poteva manifestare per dire no. Ed è per questo che oggi ci sono”. Trasale a ogni colpo di petardo, teme i lacrimogeni e le grida. Ma non se ne va. “Sono di Firenze – dice – questa città ha saputo sempre parlare con coraggio Per questo sono qui, perché la nostra gente possa sempre farlo”.

carica-police

Continua l’avanzata, mi si avvicina una coppia. “Giornalista?” “Sì, perché?” “Volevamo parlare anche noi – si avvicinano – siamo di fuori città, e siamo sempre stati di sinistra. Ma si figuri se venivamo a Firenze con questo tempo, se non avessimo saputo che non si poteva manifestare contro il governo. Abbiamo pensato: non siamo mica in Turchia”. Laggiù, in testa al corteo, s’alza ancora del fumo, non si sa se lacrimogeni o petardi o tutte e due. Ancora, avanzando fra la folla, ecco i ranghi più giovani., Ci sono un po’ tutti: dai centri sociali, ai movimenti, ai sindacati di Base. Intorno, qualcuno dell’Arci, qualcuno delle associazioni ambientaliste. I vari partiti comunisti, a cominciare da Rifondazione, sventolano le loro bandiere. Qua e là, due bandiere anarchiche. “Perché siamo qui? Facile: siamo l’Italia che campa con 800 euro al mese, che non può permettersi di studiare, che non trova lavoro, i ragazzi dei call center e dei contratti capestro”. In fondo, non vuole farsi riprendere, anche una ragazza di quelle che viene assunta la mattina e licenziata la sera. “Non voglio parlare” dice, cercando di svicolare. “Hanno militarizzato la città – osserva un cinquantenne – ho visto tante manifestazioni, ma mi impressiona una cosa: ricordo che nella manifestazione di Comiso, 1983 mi sembra, ci furono cariche, feriti, e compagnia danzante. A quel tempo, presidente del consiglio Craxi, ricordo che Spadolini si spese, il questore ci rimise il posto e saltò, per come aveva gestito l’ordine pubblico. Oggi, per una manifestazione neppure paragonabile, si assedia una città, e il sindaco si dissocia: non dalla questura, ma dai suoi cittadini che vogliono esercitare il loro diritto costituzionale al dissenso. Un sindaco del Pd. Una riflessione bisognerà pur farla”.

no

Intanto, si procede sempre sotto “scorta”. Imboccato Borgo la Croce, ecco il viale: qui, passata piazza Beccaria, la folla si riversa davanti alla Nazione. Piove. molti decidono di andarsene. Alle spalle, si ricompattano le forze dell’ordine. Bilancio, alle 18 circa: 5 agenti feriti (in seguito saranno 12) per alcuni prognosi di 14 giorni, due manifestanti all’ospedale mentre per uno sono scattate le manette.

Foto; Luca Grillandini per Stamptoscana.it

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