Firenze – “Il colore del Greco! Bisognerebbe coniare delle parole nuove, credo, per descrivere la suggestività di questi bigi petrosi, di questi bianchi e azzurri taglienti, di questi rossi smorti, di questi gialli acerbi, agri come limoni; di tutte queste sinfonie povere a un tempo e sprezzanti, che fanno pensare alla solitudine delle rocce brulle con qualche ciuffo di ginestra che trema nel tramontano, sotto un cielo livido di temporale; alla nostalgia dei tetti velati dalla pioggia d’inverno, alla fredda malinconia degli asceti e dei cuori disillusi”.
El Greco è una “scoperta” di Ardengo Soffici. Risale all’aprile del 1911 un articolo-saggio che insieme ad altri, quasi tutti apparsi su La Voce tra il 1908 e il 1913, saranno raccolti nel volume “ Scoperte e massacri” pubblicato da Attilio Vallecchi nel 1919 con il proposito esplicito di salvarli da una “totale dimenticanza”.
Nei primi anni venti del Novecento Ardengo Soffici ha un ruolo di primo piano per l’aggiornamento e il rinnovamento dell’arte italiana che persegue grazie alla sua attività di scrittore e di critico d’arte ma anche di promotore, sarà lui stesso ad organizzare a Firenze, nel 1910 la Prima Mostra italiana dell’Impressionismo.
La donazione di un “Autoritratto” ( 1949) di Ardengo Soffici alla Galleria degli Uffizi da parte degli eredi, è stata lo stimolo per una mostra che puntasse l’attenzione sul suo ruolo di intellettuale e di assoluto protagonista nell’aggiornamento della cultura figurativa italiana. Nasce così “Scoperte e massacri. Ardengo Soffici e le avanguardie a Firenze” curata da Vincenzo Farinella e Nadia Marchioni, appena inaugurata nella Galleria delle Statue e delle Pitture degli Uffizi che attraverso undici sale ci svela un Ardengo Soffici inedito, attraverso la ricostruzione del suo impegno di intellettuale, con gli scritti, le pagine che contenevano i suoi articoli e le opere, tra scoperte e massacri, dalle avanguardie europee al ritorno all’ordine.
L’esposizione ricca di importanti prestiti viene aperta con la suggestiva rievocazione della “Festa dell’Arte e dei Fiori” che si svolse a Firenze tra il dicembre del 1896 e marzo del 1897, un consuntivo di cinquanta anni dell’arte europea ispirata dal mito di Botticelli, Soffici che ha appena diciassette anni rimarrà colpito da “L’angelo della vita” di Segantini, in prestito da Budapest. In compagnia di Giovanni Costetti e di Umberto Brunelleschi nel 1900 Ardengo Soffici è a Parigi per visitare l’Esposizione Universale, i suoi modelli di stile sono Puvis de Chavannes di cui è in mostra “Le fanciulle e la Morte” e Maurice Denis con “I pellegrini di Emmaus” come annunciato all’entrata dal pannello decorativo, l’unico sopravvissuto tra quelli realizzati tra il 1905 e il 1906 per il Grand Hotel delle terme di Roncegno.
Al Salon D’Automne Ardengo Soffici scopre le opere di Paul Cezanne e di Medardo Rosso, al primo, precursore di Picasso come attesta il “Paesaggio” in mostra e proveniente da The Phillips Collection di Washington DC, dedicherà nel 1908 il primo studio apparso in Italia, mentre per la prima mostra dell’impressionismo che sarà a Firenze al Lyceum Club nel 1910, oltre alle opere di Cezanne, Degas, Renoir, Monet, Pissarro, Gauguin, Van Gogh ci sarà un’antologia di ben 17 sculture di Medardo Rosso di cui in mostra viene esposto l’Ecce puer. La passione per il doganiere Henri Rosseau è tutta nella “Natura morta d’apres Rousseau” del 1939 mentre frutto dei viaggi di Soffici a Parigi tra il 1910 e il 1911 sono i saggi su Picasso e su Braque, presenti in mostra con “Pipa, bicchiere, bottiglia di Vieux Marc ( e “Lacerba”) 1914 della Collezione Peggy Guggenheim di Venezia e “ Natura morta con chitarra” 1912 proveniente dal Museo del Novecento di Milano.
Autentica mostra nella mostra è la sala dedicata alla mostra fiorentina di “Lacerba” organizzata a Firenze da Ferrante Gonnelli nel 1913 che segna la temporanea adesione al Futurismo di Soffici, ma sempre condizionata dalle premesse Cezaniane e cubiste dei suoi trascorsi parigini che vede esposti “Sintesi di un paesaggio autunnale 1912-1913, “Ritmi di oggetti” di Carlo Carrà 1911 Pinacoteca di Brera e di Umberto Boccioni lo “Studio per “Vuoti e pieni di una testa” 1912 proveniente dalla Estorick Collection di Londra. Sino ad oggi mai tentata, la ricostruzione della “stanza dei manichini”, la stanza della casa di Giovanni Papini a Bulciano che venne affrescata da Soffici nel 1914 con l’aiuto delle piccole di casa Papini è uno dei momenti più spettacolari dell’esposizione, il cui allestimento è stato curato da Antonio Godoli, riproposte anche le aperture a finestra con la vista sulla campagna, un autentica immersione nella più dissacrante e scanzonata decorazione muraria oggi di proprietà di Narciso Parigi. Dopo la cesura culturale della guerra, di quel periodo in mostra delle illustrazioni per il giornalino di trincea Ghirba, Soffici si presenta come “un altro uomo” , un intellettuale trasformato che troverà la sua piena espressione con il clima culturale introdotto da “Valori plastici” di Mario Broglio.
“ Per gli Uffizi è’ la prima grande mostra del Novecento italiano – ha detto il direttore Eike D. Schmidt durante la conferenza stampa di presentazione – effetto della riforma e già programmata. Nata dal dono di un autoritratto da parte degli eredi Soffici che ringraziamo, insieme a Narciso Parigi per la ricostruzione della stanza di Bulciano e al Museo Soffici e al suo direttore Corsetti. Soffici fu un vero rottamatore, ha massacrato artisti a lui precedenti e suoi contemporanei ma fu anche un grande scopritore, autore della scoperta europea di El Greco”.
“Ringraziamo Antonio e Caterina Soffici e Marina Poggi – ha detto la curatrice Nadia Marchioni – che ci hanno aiutato a sostenere questo progetto, nato con Antonio Natali, una mostra che non fosse su Soffici pittore ma che fosse in grado di far parlare gli autori da lui scoperti e anche massacrati nei primi decenni del Novecento, un percorso sulla sua attività di critica militante con gli artisti e con le sue pitture per far vedere cosa aveva preso”.
“ Gli affreschi di Bulciano erano già stati esposti –ha detto Vincenzo Farinella – ma l’ambiente non era mai stato ricomposto e questo accade per la prima volta. Sembra un ciclo, una festa dionisiaca, si percepisce l’esperienza parigina di Soffici, è un grande consuntivo dell’epoca delle avanguardie che si sta per concludere, un ciclo che meriterebbe di entrare in una collezione pubblica. Soffici è uno scrittore straordinario quando scopre gli artisti e traduce l’aspetto visivo in quello letterario, ma nei massacri è dissonante, crudele, potrebbe sorprendere che alcune delle opere più spettacolari siano accompagnate da grandi stroncature come i tre scultori e Sartorio, l’ultimo degli imbrattatori. Del resto le stroncature sono funzionali alle scoperte e queste non possono vivere senza le stroncature”. Il percorso espositivo è arricchito da un racconto multimediale sulla vita dell’artista a cura de Lo Studio/35 di Mirko Peripimeno e Federica Strufaldi, schede delle opere in catalogo portano la firma dei curatori e di Marco Moretti.
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