Firenze – Ape, ovvero Anticipo pensionistico per chi, dopo una vita di lavoro, vorrebbe andare in pensione, ma non può, dopo che la Riforma Fornero ha stabilito l’innalzamento dell’età pensionabile. L’Ape si vorrebbe configurare perciò come una sorta di “remedium” rispetto alla legge Fornero, di fatto permettendo ai lavoratori nati fra il 1951 e il 1953 di chiedere di anticipare l’uscita dal lavoro. L’Ape potrà dunque essere richiesta da tutti i lavoratori che hanno compiuto 63 anni e che avranno la possibilità di andare in pensione anticipata, da un minimo di un anno a un massimo di 3 anni e 7 mesi.
Dove sarebbe l’ “inghippo”? Per ottenere l’anticipo di pensione, ed è questo il punto, il lavoratore dovrà richiedere un prestito ad uno degli istituti di credito indicati: prestito e interessi conseguenti che saranno poi restituiti applicando delle sottrazioni all’assegno pensionistico. Ed ecco che è necessario fare qualche calcolo, nonostante ancora non siano ben chiare le cifre, dal momento che si attende il prossimo incontro del governo con le parti sociali il 21 settembre. Tuttavia, utilizzando i numeri corsi in questi giorni, l’Espresso tenta una stima: partendo dall’anticipo di un solo anno, la decurtazione dell’assegno sarebbe del 5 per cento per i vent’anni a venire; se si scegliesse l’anticipo di tre anni e sette mesi, la rinuncia salirebbe al 18 per cento. Senza contare il costo dell’assicurazione che deve essere stipulata a beneficio delle banche nel caso in cui il pensionato non sopravvivesse ai venti anni di rimborso finanziario: alla fine qualcuno parla di una rinuncia pari al 25% dell’assegno pensionistico.
Senza contare che, almeno per ora, rimante intatto un nodo che rappresenta anche la categoria che forse ha più “pagato” la riforma Fornero, vale a dire i lavoratori precoci: sono quelli che hanno iniziato a lavorare prima del compimento dei 18 anni. Saranno anche loro fra le categorie che potranno accedere all’Ape? Per ora, la sensazione è che questo nodo potrebbe slittare ancora, al 2017. Inoltre, visto che ci saranno categorie di lavoratori per cui l’accesso all’Ape potrebbe essere del tutto gratuita, sarebbe necessario, dicono i sindacati, comprendere bene chi rientra in queste categorie “protette” e chi no. E per i lavoratori “precoci” si ventila anche l’idea di provvedimenti specifici come un bonus contributivo, anche se sembrerebbe di capire che prendere in considerazione queste misure potrebbe far saltare i vincoli di bilancio.
Vale la pena prendere l’Ape? Giriamo la domanda a Stefano Cecchi, rappresentante sindacale Usb, dipendente del Comune di Firenze, caso esemplare in quanto dell’età giusta per l’Ape, vale a dire 62 anni. “Stiamo sul concreto – spiega Cecchi – di fatto, dopo una vita di contributi, si tratta di aprire un mutuo per vent’anni (più l’assicurazione sulla vita a favore della banca) per esercitare un diritto che è già mio, in quanto dalla mia busta paga sono già state trattenute le cifre necessarie a pagarmi la pensione. In altre parole, per trentanove anni ho versato somme all’Inps pensando di crearmi una pensione, poi, dopo avermi fatto lo “scherzetto” di posticiparmi l’uscita, ora si dice che, se voglio entrare in pensione all’età che avevo previsto, devo “ripagare” ancora ciò che ho già pagato. Come si potrebbe chiamare questo meccanismo? Truffa?…”.
“Non solo. Con le pensioni che ci spettano in questi tempi, è facile che l’assegno sia del valore di 1200-1300 euro al mese. Mettiamo che si paghi un rata di 50-60 euro al mese per il mutuo, per vent’anni. A conti fatti, non vedo davvero la convenienza. Anzi, posso aggiungere che si tratta di una modalità classista, che funziona per chi ha soldi. Per gli altri, non fa che spianare ulteriormente la strada verso la povertà”.