Firenze – Se volete davvero frullarvi le idee in tema di rifiuti urbani, ora che a vacanze esaurite sta per riesplodere a Firenze il dibattito sull’edificando Termovalorizzatore di Case Passerini, non avete che da interrogare l’infernale Internet nei suoi specifici gironi.
Alla voce Inceneritore (singolare) ecco infatti pronti per voi ben 815 mila documenti. Non bastano? Il plurale Inceneritori ne offre 504 mila, l’inglese Incinerator tracima a 4,76 milioni e se il francese Incinérateurs ne segnala 239 mila, il tedesco Müllverbrennungsanlagen si ferma a 140 mila. Termovalorizzatore se la cava con 111 mila. Terrificante.
Detto tra noi, è sconsigliabile tuffarsi in questa oceanica babele dello scibile: il fatto è che ogni domanda ha infinite risposte, tutto è orribilmente contraddittorio e a ogni clic c’è il rischio d’inciampare in qualche teorico del complotto internazionale (ordures capitalistes dicono in Francia) o nella confraternita dei profeti di sventura sempre lieti di annunciare catastrofi immani laddove la tecnologia offre invece, almeno per noi poveri ingenui, soluzioni nuove e importanti se non risolutive.
Comunque, per farla breve, mettiamola così: questi termovalorizzatori ultramoderni inquinano o no? Per il volgo, che indegnamente rappresento, la faccenda è dannatamente complicata e, per quanto mi riguarda, più ci sbatto il capo, più invidio la ferrea sicumera di quanti, in base a cifre e lambiccamenti vari, si autonominano esperti mondiali di spazzatura e riciclaggi sfornando sentenze e alternative facili (i celebri ‘rifiuti zero’) come se si trattasse di blaterare di calcio al bar.
C’è l’ambientalista, c’è il medico, il chimico, l’indovino, c’è quello che passava di lì per caso, c’è il sindaco pentito, ci sono le mamme coraggio e, toh! , c’è pure quel De Magistris re di Napoli che la monnezza della sua città la spedisce via nave in Romania, lui sì che sa come si fa, tanto la crociera la paghiamo noi. Così affollati, per lo più di residenti della piana (Sesto Fiorentino e Champs sur le Bisence), da un po’ di anni si agitano vari comitati ferocemente avversi al progetto.
Dico subito come la penso: non so se questa gente ha ragione o no, ma capirei se si dicesse No all’impianto semplicemente perché non è troppo lontano dalle loro case. Si trattasse di casa mia forse non ce lo vorrei neppure io. Ma siccome la scusa del not in my backyard non regge più perché da qualche parte i termovalorizzatori vanno costruiti, ecco allora la storia dei veleni irrespirabili, dell’ambiente compromesso, dei neonati deformi e così via.
Il risultato è che, così come non si può toccare la Costituzione più bella del mondo, neppure si può dotare il territorio di moderne infrastrutture: allargare l’autostrada no, l’aeroporto no, Case Passerini neanche per idea. E quando certi profeti mettono in testa alla gente una qualsiasi bubbola, infondata quanto vuoi, non c’è più verso di farla ragionare. Ma chiedo: è più logico fidarsi di amministratori e specialisti noti, qualificati e si suppone responsabili? Oppure di sedicenti esperti tanto illustri quanto sconosciuti, di politici voltagabbana e di chi protesta per puro interesse personale? Giudicate voi.
Il progetto, di cui magna pars è Quadrifoglio, ossia l’azienda dei rifiuti fiorentina, è visitabile in ogni suo dettaglio sul sito della città metropolitana (http://server-nt.provincia.fi.it/conoscenza/termo/) e, per chi non sapesse, ha tutti, nessuno escluso, i regolari nulla ostat, compresi quelli ambientali e sanitari. Vi si scopre anche che è stato approvato da ogni ente locale, non ultimo il comune di Sesto, oggi contrarissimo, prima che le ultime amministrative ne bocciassero il governo per beghe interne al Partito Democratico.
Allora uno si chiede: ma si può, dopo che ogni passaggio (e sono stati tanti) ha dato il via libera, bloccare un’impresa di pubblica utilità che Firenze attende da quando avevamo i pantaloni corti? Si può, quand’anche i dati tecnici offrono ogni garanzia? Certo che si può, o almeno ci si può provare. In Italia questo e altro. Basta gridare forte. Poi, magari, ci si lamenta che l’economia va male, che siamo un paese arretrato e che la tassa sui rifiuti costa un occhio.
Da ultimo ci si è messa anche la Regione che, dopo aver dato l’ok, con un cavillo ha stoppato a giugno l’inizio dei lavori dando però fiato alla perfidia di tante malelingue. Per caso, non è che si vuole affossare Case Passerini per favorire la discarica di Peccioli nel collegio pisano del governatore Rossi? Peccioli ingrassata anche grazie ai rifiuti di Firenze che riceve con un va e vieni quotidiano di centinaia di camion? Ovviamente per le cassandre questo gran traffico non inquina, mentre inquinerà eccome il termovalorizzatore futuribile. Per di più si tratta di un investimento esoso, mentre quei camion, si sa, viaggiano gratis.
E allora vediamo brevemente, da uomini di mondo digiuni di tecniche e di chimica ma orientati a un razionale pragmatismo, come se la cavano in concreto le analoghe esperienze in Italia e in Europa. Perché alla fine, ciò che conta non sono i timori atavici, non è il dibbbattito, non è la gara a chi più urla, bensì la pratica attuale, il quotidiano vissuto nei luoghi dove i moderni termovalorizzatori, e quello di Case Passerini dicono che sarà ancora più moderno, sono all’opera da anni.
Cominciamo pure con Parma e Brescia i cui nuovi inceneritori si trovano prossimi all’abitato un po’ come Case Passerini per l’area fiorentina. Anche lì, all’inizio, proteste a non finire: delusissime, però, dal grado trascurabile d’inquinamento fin qui registrato. Mi pare che qualcuno, da quelle parti, abbia anche dichiarato che l’impianto inquina più o meno come un autobus. Ci si può credere? Per quelli del dibbbattito neanche per sogno, è solo un’eresia.
Allora andiamo oltre confine. Per l’appunto sono capitato di recente dalle parti di Ivry sur Seine, in pieno centro di Parigi, dove agisce un termovalorizzatore di ultima generazione di cui nessuno sembra lamentarsi. Tra l’altro scalda a basso costo e fornisce elettricità a 80 mila appartamenti. In Francia, dove non sono meno schizzinosi di noi, anzi, operano 130 impianti, in Germania 75, in Inghilterra 30, 32 in Svezia, 12 in Olanda, 13 in Austria. In totale, compresi i 46 italiani, sono oltre 450 e non pochi, come quello di Vienna a due passi dal Prater, si trovano appunto nel centro di grandi città.
Dato che in gran parte sono attivi da anni, se fossero davvero così inquinanti dovrebbero già esserci dozzine di report sanitari a dimostrarne le dimensioni. Non quelle paventate, ma quelle reali. E si saprebbe di popolazioni in rivolta. Invece? Niente di tutto ciò. Le sirene d’allarme tacciono, le cronache idem. L’Europa vive tutt’altre preoccupazioni.
Può bastare a calmare gli animi? Figuriamoci se basta. Conosco già l’obiezione tremenda dei profeti: vedrete in futuro!!! D’accordo. Fra decenni faremo i conti. Intanto, visto che Firenze aspetta da trent’anni, forse conviene cominciare a mettersi in sintonia con la modernità. Un nuovo autunno caldo è alle porte.