Firenze – La nota sindacale, circa l’operazione decisa dal Governo che nei giorni scorsi ha reso pubblica la sua volontà di cedere il 35% di Poste Italiane a Cassa Depositi e Prestiti, al cui interno sono presenti le fondazioni bancarie, definisce senza mezzi termini l’operazione “una manovra per fare cassa”.
Per il 29, 7% restante, invece, dicono i sindacati, “il governo ha deciso un’ulteriore vendita in borsa, come avvenuto per il 35,3% già venduto lo scorso ottobre”. Scelte che, secondo Slc-Cgil, Cisl-Slp, Uilposte, Failp-Cisal, Confsal e Ugl della Toscana, lasciano molti dubbi sul futuro dell’azienda.
“Il Governo così non solo si priverà di un’entrata sicura dovuta ai dividendi che Poste distribuisce agli azionisti – attaccano i sindacati – ma smantellerà di fatto un servizio pubblico che interessa milioni di cittadini, visto che Poste Italiane effettua ancora un servizio sociale e universale, con una presenza capillare in tutto il Paese. La privatizzazione decisa dal Governo compromette l’unicità aziendale e pone seri dubbi sul futuro della più grande azienda del nostro Paese. Sono a rischio i settori più deboli come il recapito e la logistica, e regna incertezza nei settori più forti come il bancario e l’assicurativo visto che Cassa Depositi e Prestiti è, in parte, in mano alle fondazioni bancarie”.
E allora, sciopero: Slc-Cgil, Cisl-Slp, Uilposte, Failp-Cisal, Confsal e Ugl della Toscana scenderanno in piazza mercoledì 27 luglio 2016 a partire dalle 12,30, con una manifestazione di protesta in piazza della Repubblica a Firenze che comprenderà tutto il personale di Poste Italiane della Toscana, più corteo e presidio davanti alla Prefettura.
Ed ecco, nel dettaglio, le motivazioni dello sciopero.
Per quanto riguarda il mercato “privati” (vale a dire Uffici Postali, settore bancario e assicurativo di Poste ecc) i punti sono la carenza di personale negli uffici, che, dicono i rappresentanti sindacali, ” impedisce la copertura delle postazioni di sportello, delle sale consulenza, dei ruoli specialistici, con gravi ricadute sui lavoratori e sulla clientela. Mancate trasformazioni dei part time in full time”; strumenti ed attrezzature di lavoro obsoleti che rallentano le procedure di lavoro, con postazioni lavorative spesso non a norma; il ricorso a continui distacchi/trasferte per coprire le carenze strutturali degli uffici; bugdet assegnati agli uffici postali irraggiungibili, con pressioni commerciali che non rispettano il protocollo nazionale sottoscritto tra azienda e sindacati; carenza di strumenti e mezzi idonei che spinge i lavoratori all’uso del proprio automezzo per gli spostamenti
Per quanto riguarda il settore recapito, i sindacati lamentano intanto che “la riorganizzazione del recapito a giorni alterni ad Arezzo e Prato, dove è partito il programma come previsto dall’azienda, non sta funzionando”. Ciò produrrebbe notevoli quantità di giacenza di posta non recapitata nei tempi previsti. Sul punto, i sindacati hanno già chiesto la sospensione della riorganizzazione, che di fatto ha prodotto un centinaio di posti di lavoro in meno; mezzi di trasporto e strumenti di lavoro del recapito “mal funzionanti, con manutenzione carente e non sufficienti a coprire tutte le zone, palmari obsoleti che perdono continuamente la rete”; mancato utilizzo “del personale part-time a tempo indeterminato che ha dato la disponibilità a lavorare con la clausola elastica, con continue assunzioni di personale CTD nei centri di recapito ed al CMP di Firenze”; flessibilità operativa e lavoro straordinario “usati oltre alle casistiche previste dagli accordi, con richieste e pressioni comportamentali da parte dei responsabili dei centri”.