Strage di Sant’Anna: un angelo disperato fra i demoni delle SS

Pisa – Piccoli villaggi arroccati in un presepe vivente, cave di bianco marmo, verdi vallate e poi i crinali d’oliveti che scendono verso la costa della Versilia per immergersi nel mare. I borghi incantati, la pieve e il sagrato, il suono delle campane a festa. Le vecchie comari del paesino a osservare e pronte a criticare con acida malizia.

Comunità dove tutti, da sempre, sanno di tutti e i pettegolezzi passano i muri domestici e volano velocemente di orecchio in orecchio. Sono le Alpi Apuane terre di anarchici, miseria e dignità. Dove la storia scorre nei secoli tra semplicità e dolore, talvolta infinito e inconcepibile come il 12 agosto 1944.

Per Sant’Anna di Stazzema un giorno nefasto, un massacro compiuto nel nome del nazifascismo, metastasi della civiltà. Commuove ancora oggi quell’inutile strage che non ha mai ottenuto giustizia. E per la quale non c’è stata ammissione di colpa, da parte di nessuno o quasi. Ad eterna memoria di quell’evento una fredda lapide, scolpiti i nomi delle vittime, un elenco interminabile che invita a riflettere, che lascia attoniti, sconvolge.

Una ferita aperta, un monito che rivive nella memoria dei sopravvissuti, nei loro toccanti ricordi e nelle pagine del nuovo libro di Federico Binaglia. Un romanzo storico che intreccia storie d’amore intense con la cruda realtà di quei bui giorni: “Ragazzi inglesi, tedeschi, russi, italiani e di altre decine di nazionalità si ritrovarono catapultati in una tragedia a ricoprire il ruolo di comparse, obbligate a seguire lo stesso identico copione basato sulla sopraffazione dell’uomo sull’uomo, sulla distruzione dell’altro in quanto nemico, senza possibilità di scelta. Chiaramente, con livelli di responsabilità ben diversi: da una parte stavano le nazioni che avevano causato lo sfacelo; dall’altra gli aggrediti, costretti a difendersi”.

In «Un angelo tra le belve di Sant’Anna», edito da Pacini Fazzi Editore, corrono in parallelo senza ma incontrarsi le vite di Liliano e Peter. Uno italiano e l’altro tedesco. I due personaggi, ciascuno a modo suo, maturano repulsione per l’ideologia nazifascista dominante nella cultura del proprio paese e del tempo. Mentre nei loro coetanei cresceva l’odio e la voglia di violenza sterminatrice in loro sbocciava il fiore della libertà. Amicizia, passione politica e sacrificio segnano il percorso di Liliano. Paura, pietà e tormento l’esistenza di Peter.

L’angelo al quale è dedicato il titolo del libro, un personaggio realmente esistito ma di cui non si conosce la vera identità. L’eroe, il buono, nel romanzo di Binaglia, prende le sembianze di Peter Sauer, persona mite catapultata tra le fila delle SS, che non esitò a mettere a rischio la propria, di vita, per salvare quelle di bambini destinati alla fucilazione, contravvenendo agli ordini dei suoi superiori e di Hitler: fare in modo che tra quelle vallate non ricrescesse più un filo d’erba.

In quel teatro di guerra non c’erano vie di mezzo, era impossibile nascondersi, restare neutrali di fronte a tanta bestialità: “Ho visto bambini che cercavano disperatamente di scappare falciati da scariche di mitra; donne che urlavano implorando pietà, spinte inesorabilmente dentro le case e ammazzate con una crudeltà disumana. Ma la cosa veramente aberrante era vedere i volti soddisfatti dei soldati; alcuni addirittura ridevano mentre, terminato il loro macabro compito in un borgo, s’incamminavano verso la piazza del paese per riprendere a massacrare altri innocenti più in basso”.

Scrive Binaglia, descrive crudelmente la catena di montaggio che produceva fanatici uomini con indosso la divisa delle SS: “gli assassini non si sono accontentati della carneficina, no: hanno voluto anche profanare i cadaveri, accatastando addosso alle vittime del legname, le panche e le suppellettili della chiesa per incendiare tutto coi lanciafiamme”. Racconta l’Inferno e i suoi demoni maledetti: “Quante volte tra le case e le stalle del villaggio, poco prima che il grilletto degli assassini venisse premuto, avrà riecheggiato l’urlo straziante: uccidete me, ma non toccate quest’innocente, che colpe può avere il mio bambino? Suppliche cadute nel vuoto perché nessun sacrificio umano, nessuna offerta avrebbe placato la sete di sangue d’immondi criminali”.

Il paradosso di Stazzema è che gli assassini abbiano vissuto liberi ed indisturbati fino alla fine dei loro giorni.

 

 

Total
0
Condivisioni
Prec.
Doc Orcia: nuovo mandato per Donatella Cinelli Colombini

Doc Orcia: nuovo mandato per Donatella Cinelli Colombini

Rocca d’Orcia – In occasione dell’Orcia Wine Festival 2016, evento che

Succ.
Al via la 53ma edizione della Sagra Musicale Lucchese

Al via la 53ma edizione della Sagra Musicale Lucchese

Lucca – La Sagra Musicale Lucchese prende il via sabato 30 aprile nella

You May Also Like
Total
0
Condividi