Firenze – “ Ci sono cinque sensi e il sesto senso è il pensiero. Cioè la cosa più straordinaria che l’uomo possieda, e che non ha niente a che vedere con la natura. Per cui, se io devo dire quali sono state le grandi emozioni della mia vita, confesso che non sono mai state di ordine naturale. Il petalo di un fiore, una farfalla, un tramonto possono essere cose bellissime, però le grandi emozioni, secondo me, si provano ascoltando Mozart, leggendo una poesia, perché c’è un pensiero fatto di mille coincidenze, sincronismi, ricordi dire quasi biologici, forse di tempi antichissimi in cui eravamo un’altra cosa e forse non eravamo neanche sulla terra…”. Sono parole di Alighiero Boetti, maestro dell’arte internazionale del XX secolo che negli anni ‘70 affidò i suoi “pensieri” alle ricamatrici afghane Kabul, una collaborazione destinata a rimanere nel tempo anche dopo l’invasione sovietica del ’79 e poi ripresa nei campi profughi di Peshawar alla metà degli anni ’80.
E’ qui che hanno preso vita nell’alternarsi di una cromia vivace che contrappone i grandi caratteri a stampatello : “Niente da vedere niente da nascondere”, “Dare tempo al tempo”, “Languidi sguardi assassini” “Un filo di luce un filo di voce” “ Le cose nascono dalla necessità del caso” e ancora tante altre opere come quella dedicata a Sandro Penna che fanno parte della mostra aperta nella Sala Esposizioni dell’Accademia delle Arti del disegno con il titolo “Alighiero Boetti, il filo del pensiero”.
Organizzata in collaborazione con l’Archivio Alighiero Boetti e la curatela di Luca Tomìo la mostra propone una selezione di opere per lo più inedite e provenienti da collezioni private a cui si affiancano alcune immagini fotografiche di Randi Malkin Steinberger, la fotografa americana che documentò il lavoro delle ricamatrici afghane. “Questa volta si raggiunge un traguardo molto alto – ha detto Cristina Acidini presidente dell’Accademia delle Arti del Disegno in occasione della conferenza stampa – una preziosa selezione di opere di Alighiero Boetti che non è quella delle grandi mappe che abbiamo ammirato nel Salone de’500, ma è una scacchiera senza tempo dove tutto può avvenire. Boetti fissa il pensiero attraverso il filo sapientemente ricamato in Afghanista, mescolanze di toni, dai più decisi e scuri a più tenui, infinite variazioni che esprimono la linea concettuale, una segreta architettura che varia il modulo della scacchiera, di grande impatto le variazioni date dal filo sfumato. A queste opere si aggiungono le belle foto che hanno seguito il lavoro del maestro dal suo nascere. Un omaggio al grande maestro che ha segnato l’arte del ventesimo secolo e anche alla testimonianza che l’arte può dare alla pace”.
“ Far parlare il pensiero di Boetti senza sovrapposizioni critiche – ha spiegato Luca Tomìo – questo è stato il mio intento che ha incontrato il favore di Matteo Boetti giocando sulla semplicità”. Senza però dimenticare come ha affermato Agata Boetti, presidente dell’Archivio Alighiero Boetti che “ Se si accetta di allontanarsi dall’idea ormai tristemente stabilità che la semplicità sia sinonimo di stupidità e la complessità d’intelligenza, i ricami di Boetti sono semplici, da osservare, da capire, da apprezzare e da amare: evidenti universali, assoluti, filosofici, poetici e bellissimi”.
“Al di là dell’aspetto artistico questa mostra ci fa conoscere questo mondo così difficile – ha detto Eugenio Giani presidente del Consiglio della Regione Toscana – il dialogo e la conoscenza grazie al lavoro e alla creatività dell’artista. Un grazie alla presidente Cristina Acidini per questa mostra di questo grande artista nella nostra città”. Una mostra che è stata dedicata ad Andrea “Bobo” Marescalchi, l’artista fiorentino scomparso di recente e che per anni ha seguito la trasformazione dei “pensieri” in opere d’arte. La mostra sarà aperta al pubblico fino al 20 maggio con ingresso libero e il seguente orario, da martedì a sabato 10-13/ 17-19, domenica 10-13, lunedì chiuso.