Siena – La bicicletta è tornata in auge, sia per circolare in città che per godersi pedalando il bel paese, su e giù per i campi e per gli impervi pendii montani. Mezzo di trasporto ideale in tempi ecologicamente sensibili, consigliato dai medici per fare esercizio, gradevole passatempo anche per i più pigri, dotato di cambi che sapientemente usati permettono di scalare montagne o di dispositivi elettrici che alleviano la fatica, la bicicletta del XXI secolo si è ormai capillarmente imposta tra giovani e meno giovani, “verdi” o anche solamente sportivi.
Un piccolo e delizioso museo di Fabriano ci ricorda però lo straordinario ruolo economico e sociale svolta dalla bicicletta nel nostro paese, un aspetto poco noto che senza la straordinaria a collezione raccolta da Luciano Pellegrini rischiava di sprofondare nel più profondo degli oblii.
L’ex sfasciacarrozze marchigiano, con i suoi 77 pezzi raccolti in tutta Italia, offre una sorprendente panoramica delle attività artigianali tra gli anni 20 e 60, ricreando un mondo rurale e non solo di cui si è persa la memoria.
Con “Mestieri in bicicletta” si va di stupore in stupore, con le due ruote che diventano tre o quattro, equipaggiate da carretti o sgabelli, fornelli, mole, trapani, idranti, fiaschi, imbuti e strumenti di vario tipo, da quelli musicali a quelli medici!! Le bici esposte infatti sono tutte come pronte per l’uso, con gli attrezzi del mestiere esercitato ben in vista.
Di bicicletta in bicicletta si ricrea davanti ai nostri occhi un mondo che fu, con questi commercianti e artigiani ambulanti che offrivano servizi e merci in zone isolate in cui mancava un po` tutto. Il Museo consente non solo di ricordare la dura condizione dei lavoratori e degli artigiani ma anche tutta una serie di mestieri ormai scomparsi, come il cocciaro, l’ombrellaro, lo stagnino, il carbonaio, il distillatore di mistrà o il cordaro, il pellaro, lo smielatore, il materassaio o lo scrivano.
Altri esistono sempre ma sono inimmaginabili su due ruote: come il pompiere, il veterinario, il disinfestatore, il castagnaro, il calzolaio, il barbiere, il sediaro, il sarto, l’infermiere, l’accalappiacani, il maniscalco, il falegname, il fotografo, lo sciuscià, l’idraulico, il norcino che per trasportare i pesanti tritacarne necessari per produrre insaccati aveva corredato la sua bici con il motorino”mosquito”.
Anche il maestro poteva portarsi appresso la sua aula, lavagna e libri compresi, su due ruote, l’edicolante vendere i giornali, il merciaio , che si faceva annunciare da un corno di bue, filati e bottoni, mentre l’orologiaio pedalava in lungo e in largo, per ripararare ma anche vendere sveglie a corda e dalle cassette dello speziale si sprigionavano profumi di mentuccia e rosmarino.
Con la biciclette arrivavano anche momenti di gioia e di svago: venditori di croccante, gelati e grattachecca facevano la gioia dei piccini mentre per i grandi arrivava il venditore del caffè e in tempi meno remoti in carrettino da bar. L’operatore cinematografico, il burattinaio e anche il cantastorie portavano allegria e divertimento.
A Natale infine poteva anche spuntare su due ruote un presepe, come quello che è in mostra nel museo. Sulla bicicletta, costruita in Campania negli anni Trenta, un artigiano aveva montato un presepe, ancora funzionante, che simulava il giorno e la notte e la vita quotidiana dei pastori presenti alla nascita di Gesù.
Foto: Luciano Pellegrini e la bicicletta dell’accalappiacani