Firenze – Come due sperimentati attori del teatro di varietà Matteo Renzi e Dario Nardella hanno dato vita ieri sera nello spazio Flower del Piazzale Michelangelo a una divertente presentazione del libro del segretario Pd , “Avanti – Perché l’Italia non si ferma (Feltrinelli)“, primo interessante atto della campagna elettorale del partito democratico.
I due si erano preparati bene a questa uscita “con il ruzzo”. L’artifizio/tormentone comico era: “Nardella non ha letto il libro e io che mi ero fidato”. Una serie infinita di battute. E il pubblico ha fatto la sua parte: “Stai zitta ciabattona”, ha gridato a un certo punto un signore, infastidito da chiacchiere muliebri sullo sfondo. Puro avanspettacolo.
Nardella era a suo agio nel ruolo della “spalla” con i tempi giusti e porgeva spunti all’interlocutore partendo dalle sue esperienze personali e dalla sua attività di sindaco: i giovani che devono cercare lavoro all’estero, la gestione delle grandi città, la pedonalizzazione, la riqualificazione delle periferie.
Uno dei pochissimi dettagli dell’esperienza governativa non contenuto nel libro di Renzi è stato il racconto della grande paura dell’11 agosto 2016, quando i servizi di sicurezza avevano indizi concreti che un terrorista jihadista si apprestava a farsi esplodere in località sconosciuta. In poche ore fu accertato che si trattava di un mitomane che si voleva drogare in un giardino pubblico, ma furono momenti di grande tensione e grazie alla efficienza delle forze di polizia fu chiarito tutto rapidamente: “Se non abbiamo finora avuto attentati e lutti è per merito delle donne e degli uomini delle forze di sicurezza”, ha commentato l’ex premier.
Considerato dunque che rivelazioni, polemiche, confessioni e nuove proposte sono state ampiamente oggetto degli scoop giornalistici di queste settimane, la notizia che esce da questa serata fiorentina, calda e rilassata, non è tanto quello che di inedito racconta il segretario dem, ma il libro stesso.
Intanto le fondamenta della nuova stagione renziana sono ben costruite nei mille giorni di governo con le sue realizzazioni (jobs act, 80 euro, infrastrutture, sostegno alle imprese, unioni civili, terzo settore etc.) ed anche con i suoi errori dai quali, per riprendere un aneddoto del libro, non si perde, “ma si impara” (la buona scuola in primo luogo). Ciò che di buono sta accadendo oggi, come la inattesa crescita del Pil, trova le sue premesse in ciò che è stato fatto da una nuova generazione di giovani “che invece di stare a lamentarsi hanno deciso di sporcarsi le mani nel paese più gerontocratico del mondo”.
Ciò che è accaduto dopo la sconfitta del referendum – attacchi personali, opportunismi, fughe che per elencarle tutte ci vorrebbero “le pagine gialle”, inquietanti inchieste della magistratura – fa parte delle miserie della natura umana e della crudele lotta per il potere che hanno colpito profondamente l’autore e lo hanno fatto soffrire nei suoi affetti familiari, ma non hanno minimamente scalfito la sua volontà di cambiare l’Italia. Il libro è infatti dedicato “a chi mi ha permesso di non mollare”.
Con coloro che lo hanno sostenuto e lo incitano a riprendere il cammino (in marcia è anche lo slogan di Emmanuel Macron, ma a differenza di lui crede nella decisiva funzione democratica dell’unico vero partito nazionale radicato nel territorio) Renzi è pronto dunque per la nuova battaglia dopo avere stravinto nelle primarie del suo partito. Chi lo ha combattuto e abbandonato è stato appena citato con ironia: “E Bersani?”, gli ha gridato una donna. “Sì una canzone di Samuele Bersani compare nel libro”.
La battuta farebbe pensare alla persistenza di un Renzi antipatico, arrogante e sarcastico, ma il libro vuole trasmettere il messaggio di un candidato premier più attento, riflessivo e maturo. Basta confrontare tutte le parti che citano i social, i tweet, e gli altri media: “Non siamo qui per andare sul giornale”, ha detto ieri sera. “Il nuovo Pd deve diventare una piramide rovesciata che metta in cima le preoccupazioni e i cittadini”, scrive e va alla ricerca di un nuovo linguaggio delle politica, “in una sorta di servizio civile, quello di restituire chiarezza e profondità ad alcune parole, come lavoro, casa, mamme”.
Che sono già le tre parole d’ordine chiave per l’imminente campagna elettorale. Da queste si parte per costruire la proposta politica di sinistra. Cosa vuol dire essere di sinistra? “Lottare contro l’evasione fiscale, stare dalla parte del terzo settore, aumentare i fondi della cooperazione internazionale, lottare per i diritti di tutti”. Il potere non è un sostantivo ma un verbo: yes we can di Obama, il potere di cambiare le cose, la sensazione per chi vive in questo paese che non tutto è già scritto, che non tutto sia palude, che non tutto sia finito”.
La storia vera dei mille giorni, la polemica con gli avversari dentro e fuori il partito, la confutazione di stereotipi ostili, l’uso dei media, le nuove parole d’ordine: il libro è un perfetto strumento preparatorio per militanti e simpatizzanti per la battaglia decisiva delle elezioni del 2018. Una specie di manuale per motivare e offrire gli argomenti e il linguaggio per convincere gli italiani.