Carcere e teatro: la funzione salvifica della cultura

Firenze – Non poteva mancare la stazione del carcere lungo il percorso che stanno facendo gli artisti di Murmuris alla ricerca di un teatro che parli della sofferenza umana e la traduca nella forma che da sempre coinvolge l’intelletto e l’emozione degli spettatori.

Come il teatro possa essere un veicolo importante di sensibilità e consapevolezza è stata la domanda che si sono poste alcune importanti esperienze fatte fino ad oggi a cominciare  da quella di Armando Punzo e della “Compagnia della Fortezza” di Volterra, i cui allestimenti sono diventati  un appuntamento di prima grandezza nella scena italiana.

La questione chiave del rapporto fra detenzione e recupero e il ruolo che può avere la cultura per attuare l’articolo 27 della Costituzione (“le pene devono tendere alla rieducazione del condannato” ) resta tuttavia un compito etico e umano che è ben lontano da aver raggiunto i suoi obiettivi.

Così i giovani del gruppo guidato da Laura Croce hanno posto queste riflessioni al centro della terza edizione di “materia prima 2017” , “lo spazio – affermano –  in cui prendono forma le visioni del teatro contemporaneo “.

La circostanza favorevole di fronte alla quale si sono trovati è la presenza a Firenze di due esperienze di teatro in carcere di grande qualità. Nella casa circondariale di Sollicciano a Firenze è attiva la Compagnia Krill diretta da Elisa Taddei e in quella della Dogana di Prato la compagnia Teatro Metropopolare diretta da Livia Gionfrida.

La prima presenta due pièce: “Malesigu” di Massimo Bono, detenuto-attore che ha scritto un monologo nel quale racconta della sua infanzia fatta di lotte, fughe, punizioni e vendette,  nel tentativo di dare un senso alla propria esistenza (15 marzo)  e “Dal Carcere”  che cerca di raccontare a chi sta fuori come funziona o non funziona  (14 marzo).  Quella della Dogana sarà di scena il 16 marzo con “Proteggimi” ispirato a “Un tram che si chiama desiderio” di Tennesse Williams sulla fragilità delle relazioni e sulla perdita.

Malesigu è l’unico dei tre spettacoli che viene rappresentato fuori delle mura del carcere,  “in una delle più belle e prestigiose sale fiorentine”, come afferma Laura Croce,  la Sala Luca Giordano/Sala degli Specchi” di palazzo Medici Riccardi. Il monologo  di Bono andrà in scena al termine di un dibattito (ore 16,30) che  Murmuris ha organizzato per estendere ancora di più l’approccio di impegno sociale oltre che artistico del suo lavoro.

Le due registe dialogheranno insieme con l’assessore al welfare del Comune di Firenze, Sara Funaro, al sostituto procuratore di Firenze Giulio Monferini, al consigliere comunale di Scandicci Daniele Lanini, alla professoressa del liceo Artistico di Firenze Elisabetta Bronzi e al rappresentante della Fondazione Marchi Sergio Chiostri sul ruolo che il teatro può avere nella rieducazione, cioè nel favorire un processo di maturazione positiva in chi sta scontando una pena.

“Perché parlare di carcere  a un mondo che fa di tutto per isolare chi sbaglia? – si chiedono i giovani di Murmuris – Perché pensiamo che la società si debba confrontare con le anse oscure della propria vita”. Il teatro – aggiunge Laura Croce – porta il mondo a conoscere la vita in cercare e aiuta i detenuti a confrontarsi con il mondo esterno,  e per questo  “è uno strumento attivo di scambio e conoscenza”. Teatro e carcere “non devono essere due mondi lontani”. La cultura ha un valore salvifico. 

Foto: una scena da “Dal Carcere” della compagnia Teatro Metropopolare

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