Scissione Pd, l’onda lunga in Toscana

Firenze – Dramma Pd, se sarà solo domani che si avrà una “certificazione” istituzionale del quadro, l’ombra lunga della scissione che per molti è già consumata, getterà qualche incertezza anche nel governo toscano. Proprio ciò che il governatore Enrico Rossi, almeno apparentemente con un piede già fuori del Pd, dice di augurarsi che non avvenga. Del resto, sarebbe segno di “una direzione regionale del partito impazzita”, osservano nei corridoi regionali, se qualcuno pensasse di poter far venir meno la maggioranza che regge il governatore Rossi sfiduciandolo, con l’inevitabile conseguenza di andare a nuove elezioni; ma d’altro canto, la permanenza di un Rossi transfuga dal Pd, dovrebbe sicuramente fare i conti perlomeno con le richieste di un “rimpasto” di giunta. E allora, anche per il governatore si porrebbero seri dilemmi, dal momento che sarebbe molto difficile per lui “cedere” su assessori di spessore, competenza e fedeltà come Ceccarelli, ad esempio, o addirittura su scelte del tutto ascrivibili allo stesso Rossi per quanto riguarda l’ “atipico” Vittorio Bugli; senza scordare il consigliere economico Gianfranco Simoncini. Per il resto della giunta, meno dolori, dal momento che si tratta di figure più o meno tecniche, mentre Stefania Saccardi, come commenta qualcuno, “se ne sta tranquilla a guardare cosa succede”.

Infine, è lo stesso governatore toscano a dare indicazioni per il futuro e dunque circa la sua posizione di presidente della Regione: sarà il piano regionale allo sviluppo di metà legislatura ad assumere il ruolo di cartina tornasole. “Entro marzo il piano ci sarà e ci sarà scritto cosa dobbiamo fare per il governo della Toscana. Ho già firmato degli emendamenti che il capogruppo Pd, molto vicino alle posizioni di Renzi, mi ha sottoposto. Se il piano verrà approvato continueremo, se invece si ritiene che dovrà essere interrotta la legislatura…”. 

Se questo è il clima in Regione, ecco uno sguardo al Comune di Firenze:  giunta Nardella, tutto passa senza scalfire, e per quanto riguarda la maggioranza in aula, a rischio uscita potrebbero essere solo due consiglieri del Pd, ma con forte vocazione a sinistra, come Stefania Collesei e Alessio Rossi. Anche se, fa notare qualcuno, c’è sempre, e questo vale per tutte le assemblee e dunque anche per quella regionale, un gruppo liquido di “delusi” nelle loro aspirazioni che potrebbero essere tentati a raccogliere una diversa chance. Nulla di preoccupante tuttavia, almeno nell’immediato, prima del Congresso.

Intanto, nella minoranza del Pd, si sta concretizzando quanto partorito ieri sera in una riunione romana in cui Andrea Orlando, Gianni Cuperlo e Cesare Damiani avrebbero sancito la nascita di una una nuova area di opposizione dentro al Pd. I tre esponenti del Pd origine Ds dunque non seguono D’Alema, Bersani, Emiliano e Rossi, convinti che sia necessario portare la battaglia del cambiamento del Pd all’interno del partito, tant’è vero che oggi si stanno tenendo i colloqui per preparare la candidatura di Orlando al prossimo congresso. Una situazione che potrebbe portare la galassia a vocazione gauche a rimanere dentro al Pd, soluzione che tuttavia che non appare soddisfacente a nessuno. Soprattutto in Toscana, dove qualcuno sussurra: “Si finirebbe per fare l’opposizione del Re”.

 

 

 

 

 

 

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