“Da Giovinezza a Bella Ciao in Toscana:
storia di una generazione in guerra nelle pagine
di un giornalista fiorentino che c’era e ha visto”
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FIRENZE – La narrazione della Resistenza è sempre materia particolarmente complessa, non tanto per l’autore, soprattutto se è stato insieme testimone e protagonista, come il giornalista Mario Talli nel suo romanzo “Il ragazzo del secolo breve”, quanto piuttosto per chi si accinge a farne, in un certo modo e con molta umiltà, una breve presentazione.
Il libro di Talli non sfugge in nessun modo a questa regola: da un lato, lo stile coinvolgente, diretto ma scevro da facili trabocchetti emotivi, rende le sue pagine “pesanti” di ciò che viene richiesto in primis a un buon cronista, vale a dire la credibilità; dall’altro, lo stesso stile ha in sé un connotato di freschezza, rigore, leggerezza narrativa che lo rendono piacevolissimo alla lettura, che fanno dell’autore uno scrittore di razza. Un elemento, quello dello stile, che rende la materia rovente della narrazione un vero e proprio “viaggio” pedagogico, sia del ragazzo protagonista sia del Paese rinnovato di cui la sua storia, come quella di molti altri, getta le basi. Il connotato personale-esistenziale del romanzo di Talli infatti si trasfigura, diventando, ed è questa la maestria dell’autore, il percorso esistenziale della rinascita dell’intero Paese.
Però, è proprio questo che stringe il cuore. Perché di fondo, e Talli ce lo racconta in modo magistrale, la vera battaglia comincia nelle coscienze di una generazione che scopre di essere stata ingannata: davanti a ideali di incorruttibilità, lealtà, amor patrio, onestà, pulizia e rigore morale, si rende conto a poco a poco (ma in realtà in un attimo, visti i tempi della storia) che tutto ciò in cui è stata spinta a credere si rivela vuoto orpello di un regime autoritario e tirannico, dove la vera parola d’ordine è conformare le coscienze ad un unico credo.
Stringe il cuore davvero, soprattutto perché quelle battaglie, quel dolore e quelle morti che toccarono così profondamente una generazione di giovani e giovanissimi combattenti, non riuscirono a piantare davvero un sistema nuovo di democrazia che avesse in se’ gli anticorpi per proteggersi dal ritorno dell’ipocrisia, prodromo dei vecchi mali ora come ora evidenti in maniera macroscopica: corruzione, mancata fedeltà alla parola data, disprezzo della libertà, iniquità sociale diffusa e accettata come male necessario. Questa è la Repubblica che rinacque da quel fuoco? Grande plauso va dunque tributato a Mario Talli: perché parlando d’allora si parla di ora, ricostruendo il passato si analizza il presente. E, come dicevano gli antichi, si prepara il futuro, per amara che possa esserne la prospettiva.
Non solo. Lo “spunto” per la ricostruzione che il protagonista, quel ragazzo del secolo breve che non è altri che il nostro autore, ci offre, proviene dall’incontro del tutto casuale e a guerra finita con l’amico d’infanzia che ha fatto scelte diverse. L’uno partigiano, l’altro saloino. Una dialettica in cui ci sono risparmiate le prese di posizione politicamente corrette, e rimane aperto l’interrogativo dei motivi che spinsero l’amico a compiere una scelta altrettanto radicale e definitiva rispetto agli altri del “gruppo”. A costo di spezzare l’amicizia più cara fra due adolescenti entrambi costretti a scegliere dalla Storia. Un dilemma e una scelta che ancora oggi pesano come l’acciaio in un Paese che continua a rimanere inquieto e spezzato, e per di più preda di una rivoluzione ancora più colossale che si chiama globalizzazione. Ma, come si diceva nelle famiglie contadine, se non ferri i cavalli il carro si ribalta. Che vuol dire, nel nostro caso: se non ci è chiaro il passato, il futuro sarà ancora più difficile. E grazie al libro di Talli, forse è possibile comprendere qualcosa di più di quel passato.
Mario Talli è nato a Montaione, paese in provincia di Firenze, ai confini con quelle di Siena e Pisa. Ha esordito pubblicando alcuni racconti sulla Terza Pagina del quotidiano Il Nuovo Corriere diretto dallo scrittore Romano Bilenchi. Quest’ultimo nel 1954 lo ha assunto al giornale dove è rimasto fino alla sua chiusura. E’ poi passato a “L’Unità”, prima alla redazione centrale di Roma e poi alla costituenda redazione di Prato. Suoi approdi successivi sono stati la redazione fiorentina del giornale Il Paese e poi il suo confratello del pomeriggio Paese Sera, prima per molti anni di nuovo a Roma e poi a Firenze con l’incarico rispettivamente di capo servizio e di caporedattore. Ha concluso l’attività giornalistica professionalmente continuativa collaborando con la redazione fiorentina del quotidiano La Repubblica. Ma non ha mai smesso di esercitare il giornalismo e di occuparsi delle sue problematiche. Per alcuni anni ha fatto parte del Comitato esecutivo e del Consiglio nazionale dell’Unione giornalisti pensionati aderente alla Federazione nazionale della stampa.
“Il ragazzo del secolo breve” di Mario Talli, StampEditore, collana Ars Memoriae (2017, 250 pp., 14,90 euro)