Firenze – Ci saranno due bus, con ogni probabilità, che porteranno i ragazzi dei Cas dell’area fiorentina alla manifestazione che si terrà il 15 dicembre a Roma: in primo luogo contro il decreto Salvini (che riguarda migranti e sicurezza) che ha appena terminato il suo iter in salita, ma anche per un ventaglio molto ampio di diritti, che riguardano tutte le persone. Come, ad esempio, la lotta per il reddito minimo, l’allargamento e l’accessibilità dei servizi sociali, la lotta alla precarietà che rende tutti più deboli, più ricattabili, più sperduti. Italiani e migranti, insieme.
Ma se questa è la temperie generale, è Dante Kissima, fondatore, anima e presidente dell’associazione Asahi che stamattina ha organizzato e coordinato l’assemblea che si è svolta nel circolo Il Progresso in via Vittorio Emanuele, a mettere il punto sulla questione. Lo fa parlando con i ragazzi dei Cas prima e poi prestandosi a tirare le somme di un’esperienza, quella dell’associazione da lui fondata, che ha ormai una “storia” di due anni alle spalle.
E il punto è: il permesso di soggiorno. “Si tratta del primo passo per chiunque entri in questo Paese – spiega Dante Kissima – che precede necessariamente tutto il resto”. E il resto è: trovare una struttura che, avuto il permesso di soggiorno, consenta di intraprendere le prime tappe di quella strada che porta all’integrazione, a concretizzare un futuro. Imparare la lingua, formarsi professionalmente, e poi la sola, sostanziale assicurazione della vita: lavoro.
Così, fatalmente, i sentieri di coloro che arrivano e di coloro che ci sono si incrociano. “E non si tratta di un incrocio più pericoloso per qualcuno a scapita di qualcun altro – spiega Aurora Luongo, responsabile immigrazione dell’Usb di Firenze, che ha organizzato con Asahi l’incontro di questa mattina – in quanto è proprio sulle questioni del lavoro che in realtà le lotte si saldano: schiavitù, precarietà, invisibilità dei lavoratori sono piaghe comuni, che affliggono tutti allo stesso modo. E se è vero che chi è più debole è più ricattabile, è anche vero che se chi è debole diventa consapevole dei propri diritti, è meno debole di prima”.
Ma se questo è vero, stamattina l’aria che si respira fra i ragazzi intervenuti all’incontro per organizzare la “trasferta” a Roma, non è molto allegra. Infatti, dopo due anni circa, facendo una media dell’intero gruppo, di permanenza in Italia (molti di loro hanno già avuto il colloquio con la commissione territoriale che decide se hanno i requisiti per il riconoscimento del diritto di asilo, internazionale, sussidiario, umanitario … Molti i sono ricorsi in pendenza). Tra l’altro, chi ha ricevuto il permesso umanitario, dal 4 ottobre, col decreto Salvini, non ha più la possibilità di entrare in un progetto Sprar; di cui, d’altro canto, nel decreto è prevista la soppressione.
Così il percorso di prendere nelle proprie mani la propria sorte, che è in ultima analisi la “ragione sociale” di Asahi, ha prodotto in questi due anni molte soluzioni concrete per la numerosa schiera di ragazzi che si sono rivolti all’associazione. In particolare, dice Dante Kissima, per “la soluzione dei problemi legati al permesso di soggiorno, ma anche il percorso successivo, l’accesso ai corsi, le procedure per ottenere i permessi e quelle dei ricorsi”.
Fra i punti su cui la protesta accende la luce, la necessità della rottura del legame fra permesso di soggiorno e contratto di lavoro. Un legame perverso che apre la strada ad abusi di ogni genere, apre la strada al ricatto, all’intimidazione, mette nelle mani spesso poco pulite dei datori di lavoro la vita intera delle persone in cerca di futuro.
Intanto, la Prefettura di Firenze ha precisato alcuni punti circa le nuove disposizioni in materia di sicurezza. Ad esempio, se i ragazzi e le ragazze dei Cas frequentano la scuola o altre attività (sportive, culturali, di professionalizzazione) in orario serale, le cooperative devono comunicarlo alla Prefettura (si ricorda che secondo le nuove regole gli ospiti dei centri di accoglienza straordinari dovrebbero rientrare alle 20). Inoltre, gli ospiti non sono obbligati ad ottemperare alla richiesta di aprire i pacchi acquistati on line che potrebbero superare la capacità economica dei migranti. Anche il consiglio comunale di Firenze ha votato una atto di disobbedienza civile al decreto Salvini, come altri comuni italiani fra cui Torino e Bologna. Resta da capire cosa questo significhi concretamente.