Middle East Now: la nouvelle vague del cinema palestinese

Firenze – Al Cinema La Compagnia il Festival Middle East Now ha proposto il documentario Palestinians. Us first, della giovane film maker israelo-marocchina Morgan Ifergan. Si tratta di una tappa significativa del percorso cinematografico del festival che racconta il conflitto israelo-palestinese.

Ifergan crea una conversazione audiovisiva con tre giovani palestinesi: Firas Khoury, Khader Abu-Seif, e Bissan Tibi. Con libertà e passione, i tre giovani raccontano la loro vita sotto l’occupazione israeliana. Siamo nella città di Haifa, l’autrice ci conduce nei quartieri e nelle case dove vivono i protagonisti, mostrando così uno spaccato della società palestinese.

Finalmente questi giovani palestinesi possono parlare liberamente: in primo piano è la loro identità individuale che si confronta con la complessa appartenenza etnico-culturale. Firas Khoury ci spiega come gli israeliani costringano i palestinesi a negare la propria cultura ed identità. I tre amici parlano del conflitto tra arabi, sefarditi e mizrahi, mettendo in evidenza come gli israeliani perseguano l’obbiettivo di annichilire ogni possibilità di convivenza in un contesto di pluralismo e sincretismo etnico-culturale. Nonostante tutto Firas, Khader e Bissan vogliono vivere la propria giovinezza con modernità e anticonformismo, in una città che per alcuni momenti sembra essere libera, non occupata.

Dalla Palestina ci arriva una nouvelle vague di giovani autori, come Jacir con lo splendido Wajib e Ifergan con Palestinians. Us first. Un nuovo sguardo cinematografico mostra la vita sociale delle città palestinesi, oggi occupate dagli Israeliani. E’ uno sguardo femminile che sceglie un percorso psicogeografico, alla ricerca di una società palestinese reale, che resiste malgrado tutto. I media e i documentari sociali ci hanno abituati a vedere freddi reportage in cui le parti in causa del conflitto israelo-palestinese vengono mostrate con uno schematismo semplificatore.

Ebrei e palestinesi vengono ritratti, gli uni, come un esercito in guerra, gli altri, come profughi o terroristi. A questo tipo di reportage giornalistico spesso si è aggiunta una vague documentaria “ipersoggettiva” che tende a comporre un ritratto esclusivamente intimo dei due popoli.

Il Middle East Now ospita invece un cinema israelo-palestinese che dà la parola alle persone reali che vivono nella società palestinese sotto assedio. La speranza e le possibilità di pace sono riposte nel dialogo, non solo diplomatico ma anche tra i singoli appartenenti ai due popoli. Il festival ci propone una importante riflessione etica e politica: quando scoppia un conflitto tra due popoli, caratterizzato dall’ odio etnico e dal fanatismo religioso, il pluralismo sociale e il sincretismo culturale possono essere un valido antidoto.

Foto: The Best Life di Meqdad  Al-Kout, cortometraggio dal Kuwait

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