Israele: le proteste continuano, cresce la tensione

Alle origini del conflitto arabo palestinese

In Israele si è arrivati all’ottavo mese di proteste contro il piano di riforma del sistema giudiziario, considerato una minaccia alla democrazia. Ancora alla fine di luglio, a Tel Aviv in migliaia hanno marciato bloccando il traffico della principale autostrada: 7 feriti e 40 arresti. La riforma, che limita la possibilità , per la Corte Suprema, di invalidare una decisione governativa, a vantaggio dell’esecutivo, è considerata una pericolosa deriva verso l’autoritarismo.

Secondo ‘Forza Kaplan’ , la coalizione dei gruppi mobilitatisi contro il governo, Netanyahu sta cercando di plasmare una sorta di teocrazia ebraica. E non si fermano le violenze: l’esercito israeliano ha colpito un comandante militare “coinvolto in un’azione contro le forze di sicurezza israeliane”, insieme ad altri due militari.

In Cisgiordania un palestinese di 23 anni, è stato ucciso durante un raid dell’esercito nel campo rifugiati di Tulkarm; altre quattro persone sono rimaste ferite e una di loro è in condizioni critiche; nella zona di Gerico, già teatro negli ultimi mesi di pesanti combattimenti, son morti due giovani palestinesi.

Huwara è una cittadina palestinese a sud di Nablus, nella Cisgiordania occupata.La mattina del 26 febbraio 2023, due fratelli israeliani sono stati uccisi in un attentato palestinese; centinaia di coloni israeliani si sono abbandonati ad ore di violenza incontrollata e a incendi dolosi. L’attacco ha generato in Israele una protesta pubblica contro i coloni che lo hanno commesso; migliaia di persone sono scese in strada in diverse città, per protestare contro l’occupazione e in solidarietà con la popolazione di Huwara.

Crescono anche le tensioni al confine con il Libano; gli Hezbollah sembrano intenzionati ad aprire un confronto armato con Israele. Il potere degli Hezbollah è enorme. Il ministro della Difesa Yoav Gallant ha dichiarato che, se Israele fosse attaccato, non esisterebbe a far ricorso a tutta la propria potenza “fino a riportare il Libano all’età della pietra”..

L’ostilità della destra ultranazionalista risale almeno al 2005, quando la Corte ha approvato la decisione del governo di rimuovere dalla Striscia di Gaza 8mila ebrei ivi insediati. Più in generale, la Corte Suprema ha spesso difeso i diritti dei palestinesi nelle dispute terrritoriali. Oggi questa destra è caratterizzata, oltre che dalla sua ostilità verso gli arabi, incluso il 20% dei suoi concittadini palestinesi, dalla spinta perché lo stato estenda il suo controllo alla West Bank, fino ad annetterla. La Corte suprema è stato il principale ostacolo verso la realizzazione del progetto.

Per capire l’origine di queste proteste, nel quadro più generale del conflitto israelo-palestinese, può essere utile ricordare alcuni aspetti della storia di Israele.

I primi conflitti tra la comunità ebraica palestinese e quella araba palestinese sorsero ai tempi dell’Impero Ottomano. Il 23 agosto 1029 elementi arabi, eccitati da voci secondo le quali due arabi erano stati uccisi da ebrei durante una manifestazione, scatenarono un’aggressione contro gli ebrei della Città Vecchia. La violenza si allargò rapidamente ad altre parti della Palestina. Le uccisioni più efferate si ebbero ad Hebron e a Safed. A Hebron, dimostranti arabi uccisero 65-68 ebrei, ne ferirono 58 e violentarono donne.

Scendiamo alla fine del XIX secolo quando, anche in risposta all’acuirsi dell’antisemitismo e dei pogrom nell’Europa Orientale, Theodor Herzl elaborò l’ideologiea del Sionismo e progettò possibili destinazioni per l’insediamento degli ebrei. Il movimento sionista scelse la Palestina, dove la migrazione di ebrei era cominciata già alla fine del ‘800.

Theodor Herzl, ideatore del Sionismo

Immigrazioni. La Prima Aliyah , 1881-1903 (in ebraico «ascesa», significa immigrazione) portò circa 35mila ebrei in Palestina, principalmente dall’Europa orientale e dallo Yemen.La Seconda (1904 e 1914), circa 40.000, principalmente dall’Impero russo. Nel periodo del mandato l’immigrazione ebraica nella zona subì una netta accelerazione, mentre l’Agenzia ebraica operò alacremente per l’acquisto di terreni in cui insediare i nuovi coloni. Il risultato fu quello di portare la popolazione ebraica in Palestina dalle 83.000 unità del 1915, alle 84.000 unità del 1922 (a fronte dei 590.000 arabi musulmani e 71.000 arabi cristiani), alle 175.138 del 1931 (contro i 761.922 arabi musulmani e i quasi 90.000 arabi cristiani), alle 360.000 unità della fine degli anni trenta, ai 905.000 del 1947, dopo la fine della seconda guerra mondiale. La Terza Aliyah (1919-1923) circa 40.000 ebrei dall’Europa orientale. La Quarta (1924 -1929) 82.000, metà dei quali polacchi e il resto russo, rumeno o lituano. Nella Quinta (1929-1939) circa 250.000.

Queste immigrazioni incontrarono una crescente ostilità da parte della popolazione araba indigena.

Nel 1917 il ministro degli Esteri britannico Arthur Balfour scrisse a Lord Lionel Walter Rothschild, informandolo che il governo di Sua Maestà dava il suo supporto alla creazione di un “focolare nazionale ebraico” in Palestina ( “Dichiarazione Balfour”): “con la chiara comprensione che non verrà fatto nulla che possa danneggiare i diritti civili e religiosi delle comunità non ebree esistenti in Palestina”. La comunità non ebrea in Palestina a quel tempo costituiva il 90% della popolazione totale.

Alla fine della Prima guerra mondiale fu affidato alla Gran Bretagna il Mandato sulla Palestina. L’amministrazione britannica pose fortissime limitazioni all’immigrazione e alla vendita di terreni agli ebrei. Da quel momento in poi, pur essendo la guerra mondiale in pieno svolgimento, le navi di immigranti ebrei vennero respinte e molte di esse colarono a picco conducendo alla morte i passeggeri. Mandato è un sistema con cui le potenze coloniali si impegnavano ad amministrare un territorio e ad accompagnarlo verso l’indipendenza.

Nonostante ciò, nel periodo del mandato l’immigrazione ebraica nella zona subì una netta accelerazione, mentre l’Agenzia ebraica operò alacremente per l’acquisto di terreni in cui insediare i nuovi coloni. Il risultato fu quello di portare la popolazione ebraica in Palestina dalle 83.000 unità del 1915, alle 84.000 unità del 1922 (a fronte dei 590.000 arabi musulmani e 71.000 arabi cristiani), alle 175.138 del 1931 (contro i 762.000 arabi musulmani e i quasi 90.000 arabi cristiani), alle 360.000 unità della fine degli anni trenta, ai 900.000 del 1947, dopo la fine della seconda guerra mondiale. In seguito alle nuove migrazioni, che si intensificarono dopo la seconda guerra mondiale e l’Olocausto, la percentuale della popolazione ebraica raggiunse il 32% nel 1947 .

Negli anni ’20 si ebbero una serie di sollevazioni e rivolte come i moti dell’aprile 1920 e maggio 1921 e soprattutto dei moti dell’agosto 1929, durante i quali era stata massacrata ed espulsa la secolare comunità ebraica vittima del massacro di Hebron del 1929. La situazione precipitò nuovamente a metà degli anni 1930, dopo uno sciopero generale di sei mesi indetto dal Comitato supremo arabo, che chiedeva la fine del mandato e dell’immigrazione ebraica,e che diede il via a tre anni di guerra civile, conosciuta col nome di grande rivolta araba. Alla fine della rivolta, nel marzo del 1939, i caduti arabi assommavano a 5.000, quelli ebraici a 400 e quelli britannici a 200; più di 120 arabi furono condannati a morte e circa 40 impiccati e i principali capi arabi furono arrestati o espulsi.

A questi scontri parteciparono anche diversi gruppi sionisti nati per proteggere gli insediamenti dei coloni, organizzati in strutture militari, come l’Haganah e il Palmach, e paramilitari, quali l’Irgun e la “Banda Stern”. Questi ultimi opereranno fino alla dichiarazione dello Stato di Israele, con azioni contro gli arabi e le istituzioni britanniche, assassinando perfino il mediatore dell’ONU, il conte svedese Folke Bernadotte.

Agli inizi del 1947 il Regno Unito decise di rimettere il Mandato palestinese nelle mani delle Nazioni Unite.Nel novembre 1947 l’Assemblea generale dell’ONU approvò la risoluzione che prevedeva la spartizione della Palestina in due stati, uno ebraico al quale fu assegnato il 55% del territorio del Mandato , e la cui popolazione sarebbe stata composta da 500.000 ebrei e da 400.000 arabi palestinesi, e uno arabo, con una popolazione di 725.000 arabi palestinesi euna minoranza di circa 10.000 ebrei.

Mappa di Israele dopo la nascita dell’Autorità Nazionale Palestinese

Il 14 maggio 1948 David Ben Gurion proclamò ufficialmente la nascita dello Stato d’Israele e fu il primo firmatario della dichiarazione d’indipendenza israeliana. Per l’opera che ha contraddistinto l’intera sua esistenza, è ricordato come “padre fondatore d’Israele”. Questa decisione fu accolta positivamente dalla comunità ebraica ma rigettata da quella araba.

Iniziò una guerriglia, quindi, a seguito della Dichiarazione di indipendenza dello stato di Israele (15 maggio 1948,), gli eserciti di Egitto, Transgiordania, Siria, Libano e Iraq diedero il via alla prima guerra arabo-israeliana.Le reazioni alla risoluzione dell’ONU furono diversificate: la maggior parte dei gruppi ebraici, inclusa l’Agenzia Ebraica e la maggioranza della popolazione ebraica l’accettarono; gruppi ebraici più estremisti, come l’Irgun e la Banda Stern, la rifiutarono, essendo contrari alla presenza di uno Stato arabo in quella che era considerata “la Grande Israele” e al controllo internazionale

1947-1949: verso la fine del 1947, scoppiò un conflitto tra le milizie dello Yishuv ebraico e le milizie arabe palestinesi . Una serie di attacchi terroristici compiuti dall’Irgun, dal Lehi e dall’Haganah fecero fuggire la popolazione palestinese dalle sue terre, mentre attacchi simili da parte di milizie palestinesi terrorizzarono la popolazione ebraica.

Le truppe britanniche abbandonarono il territorio e gli eserciti di quattro paesi, Egitto, Transgiordania, Siria e Iraq, entrarono in Palestina per affrontare le truppe israeliane. La Guerra arabo-israeliana del 1948 si concluse nel 1949 con la sconfitta degli eserciti arabi, il definitivo insediamento dello Stato di Israele, l’occupazione della Cisgiordania e di Gerusalemme Est da parte della Transgiordania e della Striscia di Gaza da parte dell’Egitto. Oltre 700.000 civili palestine furono espulsi o fuggirono, trasferendosi nei campi profughi in Giordania, Libano, Siria, Cisgiordania, nella striscia di Gaza e a Gerusalemme Est. L’unico stato ad averli integrati e ad aver loro riconosciuto i diritti di cittadinanza è la Giordania Oggi i rifugiati palestinesi sono quasi sei milioni. La questione dei rifugiati è inoltre uno degli ostacoli a ogni soluzione negoziale al conflitto: la risoluzione 194 dell’Assemblea generale dell’ONU sanciva infatti il loro diritto al ritorno nei territori del Mandato di Palestina, ma Israele non l’ha mai accettata. .

Al termine del conflitto i confini del neonato stato di Israele comprendevano circa il 78% del territorio della Palestina mandataria. Rimanevano fuori dal suo controllo la Cisgiordania (o “West Bank”), dato che si trova a ovest del fiume giordano) e la Striscia di Gaza. Lo stato arabo di Palestina, previsto nella risoluzione 181 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, non si è mai materializzato

Seguirono altre guerre.

Nella “Guerra dei sei giorni” (1967) le forze israeliane guidate dal Ministro della Difesa Moshe Dayan e dal Generale Yitzhak Rabinin meno di una settimana l’esercito israeliano sconfisse quelli dell’Egitto, Giordania e Siria; Israele occupò nuovi territori, tra cui la Striscia di Gaza, la penisola del Sinai e la Cisgiordania.

Nel 1964 si costituì l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), considerata dalla Lega araba a partire dal 1974 la legittima “rappresentante del popolo palestinese; il suo obiettivo era la “liberazione della Palestina” attraverso la lotta armata..

Nell’ottobre 1973 la quarta guerra arabo-israeliana, la guerra dello Yom Kippur. Gli israeliani si trovarono in grande difficoltà e si temette il crollo; Golda Meir e Moshe Dayan discussero addirittura se impiegare la bomba atomica. L’intervento di Stati Uniti e Unione Sovietica evitò un’escalation del conflitto e impose un cessate il fuoco. Il 14 ottobre l’ONU attribuisce all’OLP lo status di rappresentante del popolo palestinese. L’OLP ribadisce la sua volontà di cancellare Israele mentre lo Stato ebraico rifiuta di trattare con l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina e il suo leader Yasser Arafat. Il 22 novembre l’Assemblea Generale dell’ONU riconosce ai palestinesi il diritto a far valere la sovranità sulla Palestina “con ogni mezzo”.

Nel 1979 furono firmati gli accordi di Camp David: Israele rinunciò al Sinai, smantellando 18 insediamenti,in cambio della pace con l’Egitto.

Nel 1987 come braccio operativo dei Fratelli Musulmani per combattere con atti di terrorismo lo Stato di Israele, fu fondata Hamas, un’organizzazione politica e paramilitare palestinese. I palestinesi cominciarono, contro l’occupazione israeliana, una serie di proteste che sfociarono in una sollevazione popolare – la Prima Intifada – che si protrasse fino al 1993 e portò alla morte di più di 1900 palestinesi e di 200 israeliani.

Il 25 febbraio 1994 un colono, a Gerusalemme, uccise 28 palestinesi che stavano pregando nella Moschea di Abramo. I gruppi estremisti palestinesi e israeliani si estremizzarono ulteriormente.

Tra il 1993 e il 1995 vennero siglati gli Accordi di Oslo che avrebbero dovuto rappresentare il primo passo verso la costruzione di uno stato palestinese indipendente. Come conseguenza degli accordi, nel 1993, il presidente del’OLP Yasser Arafat, in nome del popolo palestinese ha riconosciuto lo Stato di Israele.

Il Primo Ministro israeliano Rabin, in nome di Israele, ha riconosciuto l’OLP come rappresentante del popolo palestinese. La Seconda Intifada (2000-2005) fu molto violenta; morirono quasi cinquemila palestinesi e più di mille israeliani.

2005-presente . Dopo il ritiro unilaterale di Israele, Hamas prende il controllo della Striscia di Gaza dal suo rivale politico, Fatah.

Da allora la situazione nei Territori palestinesi è peggiorata. Israele ha accelerato la politica di espansione delle colonie, città e insediamenti israeliani in territorio palestinese, ritenute illegali dalla comunità internazionale e censurate più volte dall’ONU. Israele continua a costruire colonie e strade in Cisgiordania (West Bank). Dal 2000 al 2004 distrugge più di 3 000 case nei Territori Occupati. Nella sola Gaza, 18 000 palestinesi divengono dei senzatetto. Nel solo 2006, il numero dei coloni israeliani in Cisgiordania è aumentato del 5,8%. Nei Territori Occupati vigono due sistemi di leggi: uno per i coloni, uno per i palestinesi.

La politica statunitense ha avuto sempre un occhio di riguardo per Israele (ricordiamo che negli Stati Uniti vivono quasi tanti ebrei che in Israele stessa). . Oggi supportano Israele con aiuti militari di quasi 4 miliardi di dollari all’anno. Gli Stati Uniti hanno progressivamente assunto un ruolo di mediazione tra le parti: in occasione della crisi di Suez (1956) e della guerra dello Yom Kippur (1973), Washington chiese e ottenne il ritiro israeliano per porre fine alle azioni militari. Sempre gli Stati Uniti favorirono i processi di normalizzazione tra Israele e i Paesi arabi

I palestinesi vedono gli Usa come il principale sponsor delle politiche di Tel Aviv.

Oggi gli USA sono preoccupati delle reazioni che la contestata riforma ha suscitato tra la popolazione. Agosto 2020 – Israele, Emirati Arabi Uniti e Stati Uniti hanno firmato una dichierazione di normalizzazione dei rapporti Israele – Paesi Arabi, nota come “Accordi di Abramo”. Questa segue altre normalizzazioni, quella dell’Egitto nel 1979 e della Giordania nel 1994. Tra i firmatari 45º presidente degli Stati Uniti Donald Trump e dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Questi accordi sono anche in funzione anti-iraniana.

La crisi attuale dunque non risale, come le precedenti, a un contrasto con gli stati arabi o con i cittadini palestinesi, ma è interno alla stessa popolazione ebraica di Israele. E’ confortante che una frazione rilevante della popolazione si batta per la difesa dei valori democratici e, indirettamente, per i diritti della minoranza araba.

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