Firenze – E’ il caso di Dania, la sindacalista dell’Usb licenziata da Publiacqua per aver scritto un post sulla sua pagina facebook (mentre si trovava a casa sua fuori dall’attività lavorativa) che riguardava il ruolo dell’azienda nella vicenda dei sei lavoratori costretti al ricovero in pronto soccorso mentre si trovavano al lavoro, a far esplodere la questione. E la questione, per i sindacati di base, i cittadini, i lavoratori che sono intervenuti stasera all’assemblea cittadina organizzata da Usb-Publiacqua a cui hanno aderito, primi firmatari, Confederazione Cobas Firenze, CUB Firenze, Federazione Cobas Sanità Ricerca Università, USB Confederazione Firenze, USI Careggi, la questione si diceva, è una, semplice e sola: attacco al lavoro.
Attacco testimoniato dai lavoratori, riportato dai rappresentanti sindacali, certificato dagli avvocati. Ad esempio, l’aumento avvenuto, a cavallo degli ultimi 3-4 anni, delle contestazioni disciplinari è assoluto, si viaggia su una media (dicono gli avvocati dello studio Conte-Martini) di 12 a settimana. Contestazioni che spesso si giocano su comportamenti ritenuti fino ad ora “tollerabili”: da un epiteto “pepato” a un “capo”, al litigio con il collega, a una piccola svista magari per fretta o stanchezza. Tutte cose fino ad ora governate col buonsenso, che possono arrivare invece fino al licenziamento. Senza contare il ruolo sempre più significativo, anche a livello “punitivo”, dei social.
I casi sono tanti. Si passa dalla questione di Dania, licenziata per aver messo in rete un post che ha incrinato irrimediabilmente il rapporto di fiducia con l’azienda (dopo 25 anni di lavoro e nessuna contestazione disciplinare precedente) ai tre lavoratori di Pistoia che, dopo una scazzottata avvenuta il 26 agosto con un gruppo di persone di diversa estrazione politica, si vedono licenziare in quanto non più “graditi” dall’azienda. Ma anche da vicende più banali, come denunciano alcuni dipendenti dell’Ataf, multati per ritardi inevitabili nel caos fiorentino e nonostante la prova che non sarebbe stato in ogni caso possibile rispettare l’orario, “se non volando”.
Tante altre vicende, tanti casi, la sensazione comune che qualcosa sia cambiato, nel mondo del lavoro, e non certo in meglio. La discussione procede, la sala (siamo in via delle Porte Nuove, al Circolo di Porta a Prato) è piena, gente in piedi e fuori dalla porta. La necessità ribadita da tutti è di non rimanere soli, di fare rete, squadra, di avere la solidarietà dei colleghi, dei lavoratori, dei sindacati, della gente. Un’esortazione a non avere paura, a mettere in conto ciò che può succedere quando la rappresentanza sindacale diventa significativa, viene da Prato, da SiCobas, da Luca Toscano, oggetto anche di un foglio di via, insieme a Sara Gaudiero, per la loro attività di sostegno e organizzazione dei lavoratori, per la maggior parte pakistani, che soggiacevano in condizioni inique di lavoro nelle aziende pratesi. Una riflessione sui rapporti di forza che sostanziano le leggi, buone o cattive non importa, proviene da Riccardo Antonini, il ferroviere licenziato per aver disobbedito all’azienda continuando a prestare la sua opera di consulente gratuito a una delle famiglie della strage di Viareggio, configurandosi la violazione dell’obbligo di fedeltà all’azienda, obbligo sancito dal Codice Civile, avendo anche fatto alla stampa dichiarazioni “lesive dell’immagine dell’azienda” circa la carenza di sicurezza della stessa. E nel dipanarsi delle storie, ecco la riflessione di cui si fa portatore Juri, di Potere al Popolo, forse la più pesante nel segnalare un’emergenza che diventa drammatica: “Il vero problema – dice – è che spesso è lo stesso lavoratore a non riconoscersi come lavoratore”. Ecco la gravità, il termine assoluto della parabola: se un lavoratore non si percepisce più come tale, come far nascere la solidarietà, la comunanza di obiettivi, la forza che nasce dall’identità, dal riconoscimento del ruolo sociale? Un punto interrogativo che, se viene percepito come teorico in luoghi dove è difficile perdere i riferimenti (l’azienda fisica, ad esempio) è molto semplice smarrire, come dicono i più giovani, laddove il lavoro è individuale, frammentato, a chiamata, dove l’illusione che si coltiva è “meno tutele per tutti, più guadagno per me”. ” In questo modo, i lavoratori sono sempre gli altri, ma non te”, dicono, questi testimoni del “lavoro nuovo”.
A conti fatti, la risposta è unanime: unità. Unità intanto delle rappresentanze sindacali di base, ma senza preclusioni. Le diversità che ci sono, dicono, non possono impedire il coagulo sui punti fondamentali della difesa del lavoro. Il coordinamento viene creato, e si parla di iniziative comuni. Le adesioni sono già tante: Partito della Rifondazione Comunista – Federazione di Firenze, Ass. Acqua bene comune Pistoia, Sinistra Progetto Comune – Gruppo consiliare in Palazzo Vecchio Comune Firenze, Forum Toscano Movimenti per l’Acqua, Comitato Acqua Bene Comune Valdarno, “Unità nuova “, centro popolare autogestito Firenze-Sud, Partito Comunista Firenze, SI Cobas Firenze/Prato, Potere al Popolo Firenze, Federazione Toscana del P.CARC, Assemblea Beni Comuni e Diritti, Collettivo Politico di Scienze Politiche, Firenze Città Aperta. E altre sono in arrivo.