Cambiamento climatico, la raccolta dei pomodori inizia dal Nord

Firenze – I cambiamenti climatici in corso invertono la partenza per quanto riguarda la raccolta dei pomodori: quest’anno si parte a raccogliere dalla Lombardia all’Emilia Romagna, seguiranno Puglia e Campania. E’ quanto emerge da una analisi di Coldiretti in relazione alla raccolta pomodoro 2019, che attribuisce la responsabilità del “rovesciamento” anche al clima “pazzo”, con un’estate che ha visto finora una media di 11 tempeste al giorno fra tornado e grandinate molto spesso proprio sulle aree del Mezzogiorno d’Italia. Con un’ulteriore conseguenza, quella di un calo della produzione dell’8% rispetto alle previsioni. Le aspettative di raccolto sono a tutt’oggi di circa 4,7 milioni di tonnellate, con una buona qualità in termini di gradi Brix, ovvero, spiegano dalla Coldiretti, di contenuto zuccherino. Ed è proprio da attribuire a caldo e cambiamenti climatici il fatto che la distribuzione delle coltivazioni e dei tempi di raccolta si siano modificati in Italia, con un Nord che ormai contribuisce alla produzione nazionale di pomodoro con circa la metà del totale.

“Quello del pomodoro è un comparto che – sottolinea la Coldiretti – mette in moto in Italia una filiera di eccellenza del Made in Italy che coinvolge circa 7.000 imprese agricole, oltre 90 imprese di trasformazione e 10.000 addetti, che esporta poco meno di 2 miliardi di euro di derivati del pomodoro in tutto il mondo. L’Italia è il secondo produttore mondiale di pomodoro dopo la California e prima della Cina ma ha il primato dell’Unione Europea davanti a Spagna e Portogallo”.

Del resto, l’Italia è anche una grande consumatrice di pomodori, in particolare conserve di pomodoro per circa 30 chili a testa all’anno a casa, al ristorante o in pizzeria secondo le stime della Coldiretti. Ad essere preferiti, sono stati nell’ordine le passate, le polpe o il pomodoro a pezzi, i pelati e i concentrati. Una tradizione in cucina codificata nel 1800 da Pellegrino Artusi che nel suo “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” scriveva che “il sugo dev’essere semplice e cioè di soli pomodori cotti e passati. Tutt’al più potrete unire ai medesimi qualche pezzetto di sedano e qualche foglia di prezzemolo e di basilico quando crediate questi odori confacenti al bisogno”.

Un’eccellenza che, dal 26 febbraio 2018, è tutelata da un norma che riguarda l’etichetta d’origine obbligatoria su prodotti come conserve e salse, oltre al concentrato e ai sughi, che devono essere composti almeno per il 50% da derivati del pomodoro. Come spiega Coldiretti, “grazie alla nuova normativa nazionale non è più possibile spacciare per Made in Italy i derivati del pomodoro importati dall’estero. Le confezioni di tutti i derivati del pomodoro, sughi e salse prodotte in Italia devono avere obbligatoriamente in etichetta le seguenti diciture: a) Paese di coltivazione del pomodoro: nome del Paese nel quale il pomodoro viene coltivato; b) Paese di trasformazione del pomodoro: nome del paese in cui il pomodoro è stato trasformato. Se queste fasi avvengono nel territorio di più Paesi possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le seguenti diciture: Paesi UE, Paesi NON UE, Paesi UE E NON UE. Se tutte le operazioni avvengono nel nostro Paese si può utilizzare la dicitura “Origine del pomodoro: Italia”.”.

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