Migranti e burocrazia, “Come nel gioco dell’oca”

Firenze –  Il dato più evidente, agli occhi dei cittadini, sono le file di persone che in via della Fortezza, alla questura fiorentina, cominciano sin dalle due di notte a stazionare davanti agli uffici. Si tratta per lo più di migranti, ma non solo richiedenti asilo o appena giunti in terra toscana; spesso si tratta di persone che vanno a rinnovare il permesso di soggiorno.E tanto per dare qualche numero, pur parziale, i soli ricorsi pendenti di fronte al Tribunale di Firenze al 31 gennaio per le richieste d’asilo (dal 2015 al 31 gennaio 2019, specificando che il ricorso può essere esercitato quando l’apposita commissione che esamina le domande dice no) sono 5.543.

Premessa necessaria, è comprendere bene l’importanza di una posizione regolare, e dunque di un permesso di soggiorno valido. Il permesso di soggiorno è necessario per lavorare, studiare, risiedere in un determinato luogo. Ma il vero problema è ottenerlo, il permesso di soggiorno, e rinnovarlo in tempi che non siano biblici, in quanto la “vacanza” di solito si paga in termini di qualità (e possibilità) di vita: se per esempio una richiesta di rinnovo data 8-10 mesi prima, qual è il titolare che non farà una piega (ovviamente si sta parlando delle nuove assunzioni, in quanto chi ha già un lavoro non ha solitamente problemi) nonostante la legge permetta di lavorare e di essere assunto a chi ha in corso un rinnovo, o una richiesta d’asilo (dopo due mesi dalla domanda)? … “E’ come essere incappati in un gigantesco gioco dell’oca”, dice Ahmed, in fila dalle 4 del mattino.

Ma vediamo il percorso tipo. Per un rinnovo di permesso di soggiorno solitamente, eccetto qualche tipologia regolata diversamente,  si procede recandosi alla Poste, che prevede un kit da compilare. Fino a poco tempo fa, l’appuntamento susseguente in Questura veniva dato contestualmente alla compilazione del kit alle Poste. Se era infatti tutto a posto, il permesso veniva attivato (al primo appuntamento), e col numero della ricevuta, attraverso la Polizia di Stato ( https://questure.poliziadistato.it/stranieri/), si vedeva se il permesso era pronto. Se alla convocazione venivano richiesti altri documenti, era la Questura a dare un appuntamento. Se per esempio bisogna fare delle verifiche sul reddito, l’attivazione del permesso di soggiorno viene rimandata. Qualora ci siano motivi ostativi che potrebbero determinare un rigetto, vengono concessi 10 giorni   per integrare i documenti e fare osservazioni come per qualunque istanza alla pubblica amministrazione.

Così, è necessario senz’altro cercare di accorciare la trafila. Perciò, dal momento che la Questura ha un orario determinato per l’accesso a questo tipo di operazioni, la gente comincia a fare la fila anche dalle due di notte. Per i richiedenti asilo, c’è un numero limitato di biglietti. La fila vale per tutti i permessi. Ovviamente tutte le operazioni si svolgono in questura, ma essendo i numeri staccati pochi rispetto alla valanga dei richiedenti asilo, capita anche che, nonostante le ore di fila, i richiedenti asilo si vedano costretti a tornare la settimana dopo. Perciò, ecco la necessità di recarsi a notte fonda ad aspettare. Per precisare, i numeri non vengono distribuiti fuori dalla questura alla fila, bensì, una volta entrati nell’edificio in piccoli gruppi, si fa una seconda fila per arrivare allo sportello 1, dove vengono finalmente consegnati i numeri in base a ciò che si deve fare.

Una volta guadagnato lo sportello 1, sovente capita di trovarsi davanti a dipendenti giustamente stressati dalla valanga di umanità che precipita su di loro, e poco inclini ad aiutare chi si sente sperso o non capisce, né la lingua, né il sistema. “Una migliore organizzazione del servizio – commenta l’Usb, settore migranti – gioverebbe ai dipendenti, agli stranieri e anche alla città, perché la vista di quelle code chilometriche d’inverno e d’estate sono un pugno nello stomaco per la lesione evidente  di principi fondamentali come dignità e umanità”.

Se il caos con tutte le implicazioni che riguardano l’allungamento dei tempi di consegna di permessi, rinnovi ecc. è un problema, vale la pena anche esaminare le modalità giuridico-burocratiche in cui consiste la trafila cui si sottopongono le fila di persone che pazientemente dalle due di notte, nei giorni predisposti, stazionano in via della Fortezza.  Molti fra i casi  che arrivano sul tavolo degli avvocati che si occupano di queste procedure sono quelli di domande “fatte da tanto tempo”, di cui l’utente non riesce a sapere i perché del ritardo. Il primo passo che compie il legale è quello di scrivere alla questura per avere informazioni sulla pratica, ma spesso la risposta non arriva. Aggiungiamo che a volte i legali decidono di provare a presentarsi direttamente in questura con l’assistito, dipende dal caso concreto. “E’ difficile anche per gli avvocati avere appuntamenti, persino telefonando – dice un legale fiorentino interpellato da Stamp – e anche solo per avere semplici informazioni”.

Dunque, la prima fase che spesso si presenta al legale che si cura di questi utenti, è quella di “risolvere i problemi per capire il problema”. “Ma anche quando i casi sono “lisci” – dice il legale – spesso tutto si ingarbuglia per un problema di tempi”. Complicato anche dal fatto, il tempo, che fra le modalità previste per la convocazione “c’è anche il famoso sms con tutti i rischi che ciò può comportare per l’utente, dal telefonino perso, scarico, in prestito da un amico, rotto”. Non solo. “Ci sono casi – dice ancora l’avvocato – in cui il permesso giunge quasi scaduto, a causa del prolungarsi dei tempi”. In questo frangente, si deve fare subito un’altra domanda di rinnovo, con un nuovo permesso, con tutte le incognite che questo anda e rianda comporta.

Se questo è più o meno il muro che si trova dinanzi chi è già sul suolo nazionale e intende chiedere il rinnovo, la trafila si complica ancora per chi si propone di chiedere per la prima volta il permesso di soggiorno. Intanto, i casi principali per cui si richiede il permesso di soggiorno vanno dal ricongiungimento familiare, al permesso di lavoro, alla domanda d’asilo. Delle tre opzioni, quella del permesso di lavoro sta diventando veramente molto complicata, dal momento che non si può fare in quanto dal 2011 sono chiusi i famosi “flussi” vale a dire il numero di lavoratori che possono rientrare in Italia. “Ci vorrebbe una sanatoria” dice l’avvocato. L’ultima si è verificata nel 2012.

Precisando sui “flussi”, occorre ricordare che quelli “stagionali”, che riguardano appunto lavoro “stagionale”, escono ogni anno; sono quelli che riguardano il lavoro non stagionale (muratori, badanti, ecc) che sono fermi al 2011. Infatti, i flussi  non riguardano solo i lavoratori tout court, ma prevedono delle differenziazioni, ad esempio una quota attiva per il lavoro stagionale, o per chi ha un parente di origine italiana (il decreto parla di “ lavoratori  di  origine italiana per parte di almeno uno dei genitori fino al terzo grado  in linea  diretta  di  ascendenza,  residenti  in  Argentina,   Uruguay, Venezuela e Brasile). Fuori dai flussi ci sono permessi particolari per attività lavorative di alto livello. Ovviamente, a beneficiarne (e comunque per un tempo determinato) sono una quota irrisoria dei lavoratori che chiedono di entrare, che per lo più non hanno né parenti di origine italiana né vantano particolari competenze di “alto livello” che li porrebbero fuori dalla tagliola dei flussi.

Tolta dunque la famiglia, che può valere per una piccola quota e i lavoratori di “fascia alta”, oltre ad altri casi ben determinati come il permesso di studio o per attività particolari come sportivi, spettacolo, ed altro, ciò che resta è la domanda d’asilo, che tuttavia prevede, ovviamente, dei requisiti precisi. Una volta, prima del 5 ottobre, valeva anche il permesso umanitario che, come ben si sa, è stato eliminato dal decreto sicurezza, anche se, come precisa il legale, le richieste fatte prima del 5 ottobre possono ancora aspettarsi di essere esaudite. Da sottolineare che il permesso umanitario agiva per lo più  nell’ambito delle richieste di asilo.

Ricapitolando, una volta in Italia la possibilità più concreta di rimanervi a lavorare è la richiesta d’asilo, che infatti è “gonfiata” a dismisura per i motivi sopra elencati. “Poniamo un caso concreto – dice l’avvocato – una famiglia fiorentina ha una badante georgiana di cui è soddisfattissima e vorrebbe regolarizzarla. Si parte dalla domanda d’asilo, dal momento che, come s’è visto, non ci sono altre strade, ma viene rifiutata. La donna è qui da anni, ha domicilio, lavoro, è perfettamente integrata. Una volta, si poteva far valere il permesso umanitario. E ora? Una speranza, e solo in sede giudiziaria, è far valere l’art. 10 della Costituzione, che prevede l’asilo per la tutela dei diritti umani fondamentali (letteralmente l’art.10 riguarda gli stranieri nei cui paesi non sono garantite le libertà democratiche)”.

Un’altra possibilità, il visto per turismo, non risolve che il problema dell’entrata sul territorio nazionale, dal momento che è a scadenza. Una volta scaduto, spesso si rimane come irregolari. Ancora, c’è il buon vecchio escamotage del matrimonio con un cittadino italiano o europeo.

Infine, il permesso per studio. Ma non è così immediato: serve la richiesta dal paese d’origine, la preiscrizione, la garanzia dell’alloggio e della sussistenza. Una volta in Italia, si può chiedere la conversione del permesso per studio in permesso per lavoro, ovviamente  in presenza di un lavoro e nell’ambito dei flussi (precisando inoltre che con il permesso per studio si può sì lavorare, ma solo per un numero limitato di ore settimanali). Con tutte le incognite del caso. Altra storia è la richiesta che possono fare le famiglie, e che viene valutata dal Tribunale dei minori, di rimanere in Italia a lavorare per tutelare l’interesse dei minori appunto, magari nati sul suolo nazionale, in età scolastica, piccoli italiani a tutti gli effetti. Un permesso alla famiglia che va rivalutato via via con la crescita del bambino.

Tirando le fila, di fronte al muro che si trovano davanti, spesso la trafila di questi migranti per lo più economici è: entrata in Italia con il permesso stagionale (tre mesi), sforamento, richiesta d’asilo, spesso rifiuto, stazionamento sul territorio come irregolari. Facilmente appetibili per i giri della criminalità, spicciola o organizzata.

E qui si apre il capitolo “accoglienza”. L’accoglienza vale per i richiedenti asilo, veri o falsi che siano, vale a dire chi scappa non solo da condizioni di fame spaventose, ma da conflitti, o discriminazioni di tutti i generi. Ebbene, tutti finiscono nei CAS, vale a dire centri di accoglienza straordinari . Un sistema che, agganciato agli Sprar   il circuito dei progetti speciali di integrazione e formazione, dava luogo comunque a un percorso virtuoso di accoglienza reale. Resi inaccessibili gli Sprar per i richiedenti asilo,  tolte risorse ai Cas, “chi faceva questo lavoro con coscienza – dicono sia i legali che i sindacalisti dell’Usb –  dando strumenti ai migranti per potere raggiungere un’integrazione con le comunità di accoglimento, non ha più possibilità di farla. Resteranno quei soggetti che, proprio perché non in grado o non volendo attivarsi per dare strumenti reali ai migranti (conoscenza della lingua, formazione al lavoro), non necessitano di particolari risorse. Insomma, chi fa poco, ha bisogno di pochi soldi. Con i tagli, saranno loro a “rimanere sul mercato”, co, risultato di incrementare la sensazione che ogni tentativo di accoglienza sia inutile. E ovviamente, il punto ‘d’arrivo è sempre il solito: rifiutato l’asilo, allontanati dai Cas dove tutto si è risolto in un gigantesco posteggio, privati anche in qualche luogo della possibilità di uscire e magari lavorare o frequentare corsi esterni, le persone devono arrangiarsi, ritrovandosi irregolari sul territorio, a sbarcare il lunario, il che significa in fin dei conti mangiare e trovare un tetto. E la via più facile, spesso l’unica, è l’offerta della criminalità. Nostra o trapiantata.

Foto: Luca Grillandini

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