Infiltrazioni di mafia, il covid apre la breccia ad immense liquidità criminali

Firenze – Crisi di liquidità e perdita di lavoro portano con se’ una breccia, e da questa potrebbe passare, o meglio passa, la criminalità organizzata. Tanto più ora, quando la pandemia e la conseguente emergenza sanitaria allargano ancora questa breccia.  L’allarme, che era già stato lanciato a suo tempo anche dalla Fondazione Caponnetto in un intervento su queste pagine del suo presidente Salvatore Calleri, viene ancora una volta rilanciato durante la presentazione, avvenuta stamane on line, del quarto rapporto annuale sui fenomeni di criminalità organizzata e corruzione che la Regione Toscana ha commissionato alla Scuola Normale di Pisa.

A mettere chiaramente su tavolo la questione è stato il procuratore generale Giuseppe Creazzo, da sette anni alla guida della Procura di Firenze, ma anche la neo prefetta del capoluogo toscano Alessandra Guidi (riprendendo peraltro l’allarme lanciato in uno dei suoi ultimi interventi dall’ex-prefetto Laura Lega), oltre all’assessore alla legalità della Toscana, Stefano Ciuoffo.

Il timore è che la criminalità organizzata, detentrice di liquidità sconfinate, si introduca in un momento in cui crisi e disperaizone sono all’apice, per approfittarne. “ Ci sono già parecchi segnali ed anche qualche indagine qualificata di una strategia di acquisizione di beni e imprese di pregio, a prezzi bassi, in atto- dice il porcuratore – E questo rischio non va sottovalutato, perché l’insediamento economico, che espunge alla fine l’attività imprenditoriale lecita, è davvero l’infiltrazione più pericolosa: quella di un abbraccio che agli imprenditori in difficoltà può all’inizio risultare anche conveniente ma che poi diventa mortale”.

“La Toscana ha validi anticorpi – dice la prefetta Guidi – quelli di una sensibilità civica sviluppata, di una imprenditoria sana e di istituzioni da secoli attente ai bisogni del cittadino che dunque non è portato a cercare altrove le risposte alle proprie necessità. Ma tutto questo può rendere meno consapevoli del rischio, la cui percezione può risultare appannata, e la crisi innescata dalla pandemia crea un situazione di indiscutibile vulnerabilità. Crea disoccupazione. Crea mancanza di liquidità. E crea dunque opportunità di un welfare criminale di prossimità”. Occorre essere vigili: le mafie inseguono il denaro. Da qui l’esigenza di mettere in atto strumenti di prevenzione adeguati: dalla promozione della cultura della legalità e la socializzazione della conoscenza del fenomeno all’attività di monitoraggio, fino alle interdittive antimafia (il blocco delle attività ndr), che sono cresciute ma che, secondo la prefetta, vanno rafforzate anche nella contrattualistica tra privati. “All’Aquila dopo il terremoto – dice – le infiltrazioni mafiose interessarono proprio la ricostruzione privata”.

“La pandemia vuol dire perdita di reddito ma anche isolamento e il venir meno di punti di riferimento.  Aumentano, ad esempio, quanti annegano nel gioco di azzardo on line o nella spirale del traffico di stupefacenti”, sottolinea Donatella della Porta, docente della Normale di Pisa, rivisitando il vecchio assioma emergenza-soldi pubblici- corruzione-mafia.   “La ricostruzione dopo la crisi – spiega –  con il lievitare della spesa pubblica con modalità emergenziali, aumenta il pericolo di infiltrazioni ma anche di corruzione”.

Che la Toscana sia terra di investimenti, è ormai un fatto. Come mette in luce l’assessore Stefano Ciuoffo, è un dato cui non si può rinucniare, “per far crescere il nostro sistema economico, ma dobbiamo anche vigilare affinché siano investimenti sani e dietro all’apparenza non si celino gruppi criminali”. Operazione non semplice, viste le note capacità mimetiche della criminalità organizzata,  capace di nascondersi “dietro professionisti, prestanome o aziende che appaiono irreprensibili. E su questo dovremo lavorare, con gli ordini professionali e con le categorie economiche, perché quella connivenza di comodo non sarà mai temporanea e di quei gruppi si diventa poi prigionieri”.

Sulla possibilità che gli “aiuti” economici delle cosche possano apparire benvenuti ad imprenditori e imprese in difficoltà, si sofferma Francesco Nannucci della Direzione investigativa antimafia di Firenze. Si tratta di “un errore, perché l’impresa viene fagocitata all’interno dei gruppi criminali”. Al momento, dice Nannucci, non sono emersi casi legati alla crisi Covid. Ma questo non deve portare ad abbassare la guardia”.

Una proposta, a questo proposito, viene lanciata dall’assessore regionale Ciuoffo, ovvero organizzare un incontro proprio con il mondo degli ordini professionali (da cui, ingegnere, lo stesso Ciuoffo proviene) “perché  – dice – abbiano contezza di questa terra di mezzo che non può essere percorsa e dove, sconfinando, viene meno l’etica nella professione”.

Sul tavolo anche la questione degli appalti, spesso vero e proprio grimaldello per forzare le difese del sistema da parte della criminalità organizzata. “Se c’è un problema di scarsa valorizzazione delle imprese locali, affrontiamolo – dice l’assessore su un piano più generale, al di là della crisi economica attuale –  ma facciamolo nel perimetro della legge. La capacità di stare nelle regole non può essere piegata alla tutela del proprio interesse”. Un tema che riguarda ancora gli appalti pubblici: “Accordi  e favori reciproci per  eludere le norme non possono essere tollerabili” stigmatizza Ciuoffo. E quanto alle confische dei beni alle mafie e alla criminalità organizzata, “ben vengano   – dice ancora l’assessore – ma attenti: non bastano. Dobbiamo essere  in grado di rigenerare quegli immobili e quelle imprese, altrimenti saremmo letti come quelli che hanno cancellato qualche posto di lavoro, pur illegittimamente creato”.

Alessandro Nencini, presidente della Corte di appello di Firenze, mette l‘accento sull’importanza di rafforzare la conoscenza del fenomeno della criminalità organizzata. “E’ necessario per generare – dice – quegli anticorpi nella società civile senza cui la partita, quella della prevenzione, è persa in partenza”.

Il ruolo fondamentale del lavoro per respingere gli assalti alla società da parte delle mafie viene messo in posizione centrale da don Ciotti, fondatore di Libera: “La lotta alla mafia vuol dire anche creare lavoro – ricorda – vuol dire casa, scuola, cultura, politiche sociali e servizi”.

“Ci sarà una ragione – accusa – se da due secoli parliamo di mafie e di corruzione, senza essere riusciti a sconfiggerle. Abbiamo leggi stupende ed altre che zoppiccano alla ricerca del compromesso.  La solidarietà non può diventare la delegata ad occuparsi dei fragili e la solidarietà non può essere chiamate a supplire alla mancanza di politiche adeguate”.
Il rischio della crisi post-Covid è quello di “un terreno di incontro tra una mafia imborghesita e una società avida di soldi e di potere”.

Infine, parlando della necessità di una rigenerazione, don Ciotti conclude, citando Papa Francesco:  “Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla. Non possiamo tornare ad una normalità che era già malata prima”.

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