Firenze – Piazza Duomo, stamattina. Apparecchiata con tanto di tovaglie bianche, occupata da chef e ristoratori in bianco, a sedere per terra, “perché è lì che siamo finiti”. Sotto un sole clemente, a protestare contro le limitazioni portate dal Dpcm al loro lavoro. Quella chiusura in particolare, quella delle 18, che rischia “di mettere in ginoccio, uesta volta per sempre, anche chi fra noi aveva cercato di risollevarsi un po’ dall’altra botta”. Per non parlare di quelli che non ce l’avevano ancora fatta e che, grazie a questo limite ulteriore, “possono chiudersi nella bara”.
Fra cappelli da chef, grembiuli bianchi e tovaglie candide, anche Aldo Cursano (presidente Fipe Confcommercio Toscana), Franco Marinoni (direttore Confcommercio Toscana).
“Imporre agli italiani la rinuncia di una vita sana e di qualità, come accede con la chiusura deiluoghi della socialità, dello svago culturale, del divertimento, dello sport, del benessere non è la gestione dell’emergenza – aveva commentato Cursano in una nota stampa dei giorni scorsi – perché l’allungamento temporale della pandemia, e la prospettiva che negli anni a venire non sarà la sola, l’ha resa ben più che un’emergenza. Impone un cambio radicale di prospettiva, anche nella gestione delle imprese, perché dobbiamo imparare a convivere con eventi del genere. Trattenere il fiato, senza sapere neppure quando potremo riprenderlo, non serve. Noi imprenditori in questi mesi siamo arrivati ad indebitarci per mettere in piena sicurezza le nostre aziende ed ora tutto il nostro impegno viene vanificato dal comportamento irresponsabile di pochi e dall’incapacità del governo di gestire la situazione in modo chiaro. Non è giusto. È un disastro che purtroppo pagheremo tutti, nessuno escluso”.
L’ultimo Dpcm era stato definito “una follia” da Marinoni, dal momento che “i ristoranti e i bar hanno ripreso l’attività il 18 maggio. E la curva dei contagi da allora fino a metà settembre è stata sotto controllo. Se da metà settembre ha ripreso improvvisamente a correre, cosa c’entrano le nostre attività? Sono altri i provvedimenti da prendere, ma questo governo non ne è capace e prende le scorciatoie. Ma questa volta il paese si ribella. Noi non ci stiamo!” .
Fra le 16 tovaglie di 3 metri per 3 apparecchiate a terra con intorno, seduti, gli chef dell’associazione italiana cuochi e tutte le variegate professionalità del mondo della ristorazione e dei bar, sono intervenuti per mostrare la loro solidarietà alla protesta il sindaco di Firenze Dario Nardella e il presidente della Regione Eugenio giani. Che scrive su Facebook: “Occorre responsabilità e considerazione per i titolari di bar, ristoranti, taxi, palestre e quant’altro toccati dalle restrizioni del DPCM. Se l’andamento epidemiologico dovesse migliorare, nei prossimi giorni, sarò il primo a impegnarmi per modificare le misure che sospendono la ristorazione dopo le ore 18.
Sulla questione della chiusura dei punti di ristorazione, bar e gelatai alle 18, giunge intanto anche una nota dei commercianti di via Faenza e San Lorenzo.
Chi manifesta ha diritto di lavorare e garantire un servizio sicuro ai consumatori con senso costruttivo e di civiltà, come hanno appena fatto davanti la sede della Regione: sono lavoratrici e lavoratori, professionisti e imprenditori a cui va il massimo rispetto e sostegno. Non condivido chi, in questi giorni, per esprimere la propria posizione ha manifestato con violenza e sfruttato le proteste per fini che niente hanno a che vedere con la tutela delle categorie colpite. Con l’obiettivo di evitare situazioni simili, il Governo assicuri subito un supporto economico immediato alle imprese colpite attuando il decreto ristoro di 5,6 miliardi approvato stanotte”.

“Abbiamo già sopportato una chiusura per mesi, abbiamo sostenuto spese per metterci in regola con i dpcm precedenti e i regolamenti della Regione Toscana, non abbiamo ricevuto aiuti se non i 600 euro dati alle partite iva. Quest’estate abbiamo cercato almeno di rifare le spese con i pochi avventori e clienti che abbiamo avuto. Via Faenza e la zona di S. Lorenzo sono famose per le trattorie storiche, i negozi di artigianato portati ancora avanti dai pochi coraggiosi, le strutture ricettive gestite da famiglie di fiorentini, i gelatai, la pelletteria, il mercato, locali per aperitivi. Questo nuovo dpcm ci costringe a chiudere tutti alle 18 e non solo i ristoratori i bar e i gelatai. Se non c’è passaggio di chi cerca l’eccellenza gastronomica che ci contraddistingue anche noi artigiani e negozianti siamo costretti a chiudere. Il centro di Firenze è già stato messo a dura prova dal fermo del turismo, in questo modo il governo blocca anche la timida ripresa vista ad agosto e settembre, mettendo di fatto tutti noi a casa. Se fino ad ora abbiamo galleggiato indebitandoci, adesso non ci possiamo permettere le restrizioni del dpcm che di fatto è un lockdown mascherato. Siamo arrabbiati perché per mesi abbiamo suggerito alle istituzioni cosa fare con lettere, telefonate, interazioni su facebook, ma nessuno ha ascoltato la voce di chi produce. Non sono stati in grado in sette mesi di organizzare sanità e trasporti e adesso danno di nuovo la colpa a noi. Inoltre instillano nelle persone la paura di entrare in un negozio, in una bottega, la paura di andare a mangiare fuori o anche semplicemente di prendere un caffè. Anche al Mercato Centrale abbiamo avuto un calo notevole negli acquisti. La gente ha paura e chi non ha paura non ha più soldi. I nostri dipendenti aspettano ancora la cassa integrazione. Hanno parlato di ristoro, dopo il bazooka dei 600 euro abbiamo quasi paura di sentire la parola “ristoro”, e intanto il 30 arrivano le tasse da pagare”.
Foto: Luca Grillandini