Firenze – Alessandro Bencistà, noto studioso di cultura popolare è stato tra i fondatori del Centro Studi Tradizioni Popolari Toscane di cui è presidente. Dirige la rivista «Toscana Folk». Tra le sue numerose pubblicazioni, il Vocabolario del vernacolo fiorentino e toscano che è una pietra miliare per gli studi linguistici sul vernacolo toscano sia per le moltissime voci che vi sono contenute, sia per il saggio introduttivo, un importante excursus di storia della lingua e una rilevante chiave interpretativa delle numoerose problematiche inerenti a questa materia. Adesso sta per uscire una nuova edizione del suddetto Vocabolario . Ne abbiamo parlato con il Prof. Bencistà
D. Quali le novità della nuova edizione del suo Vocabolario del vernacolo ?

R. Si tratta di una nuova edizione ampliata ed estesa a tutta la Toscana; mentre la precedente edizione “sarnus” del 2012 era limitata soltanto alle voci con estensione negli altri dizionari toscani (circa una trentina), nell’ultima sono state reinserite tutte le voci del precedente Nuovo Vocabolario del vernacolo fiorentino ed. Firenze Libri 2009. Questo il nuovo titolo provvisorio: “Nuovo vocabolario del vernacolo fiorentino esteso al toscano. Con gli esempi tratti dagli scrittori fiorentini”. Questa edizione contiene circa 4000 voci, cui vanno aggiunte le 2127 degli antichi mestieri fiorentini estratte dalla sezione n. 8 (Stato personale o professioni) dello Stato delle Anime, il Censimento granducale del 1841….
D. L’eterna questione: esiste un dialetto toscano ?
R. Nell’introduzione alla prima edizione del 2001 ho riportato un colloquio avuto con Luciano Satta, per una verifica di alcune voci; lo cercai a proposito di un suo articolo sul quotidiano La Nazione in cui metteva l’accento sull’abuso, da parte dei vocabolaristi, di voci dialettali toscane che si trovano registrate perfino sul Devoto-Oli. Anche la prof.ssa Gabriella Giacomelli era perplessa a parlare di dialetto fiorentino (cito dalla sua presentazione al mio Vocabolario della Valdigreve (Ed. Polistampa 1992): “… è difficile stabilire che cosa è dialetto, espressione di una tradizione consolidata in loco, e che cosa è lingua … Molto spesso la parola dialetto coincide con quella italiana … il silenzio dei vocabolari toscani su parole che sono anche italiane spesso ci toglie la possibilità di definire esattamente l’area di un tipo lessicale”. Anche Tullio De Mauro in un convegno all’Accademia della Crusca (mi pare nel 1982) dichiarò che anche il fiorentino è un dialetto; a conferma si possono leggere le Ciane dell’abate Zannoni, in particolare La Crezia rincivilita, che ho tradotto in vernacolo fiorentino moderno; un napoletano o un milanese non ci capisce nulla.
D. Diversi vernacoli nella nostra regione, ma tutti emanazione del fiorentino ?
R. Quanto al toscano non esiste solo un dialetto ma più di quaranta dialetti delle varie aree linguistiche pubblicati in volume (nella mia edizione del Vocabolario fiorentino e toscano ci sono quasi tutti, ed oggi sono cresciuti); e sulla serietà di queste ricerche cito (a pag. 9) una considerazione di Angelico Prati che condivido. Alcune aree sono in stretta connessione col fiorentino, ma altre sono ben distanti dalla nostra parlata, come la Valdichiana, la Garfagnana, la Lunigiana, la zona amiatina e aggiungiamo pure altre microaree, come Gorfigliano, Pitigliano, Pàvana, Badi, Treppio tutte con vocabolari pubblicati da autori locali.
D. Le origini di molte attuali voci vernacolari si trovano addirittura nei grandi scrittori trecenteschi ?
R. Cito a memoria da Dante: ènno, fenno, burella, dugento, costì, fummo (fumo), loto, dindi ….. ma nel mio vocabolario ho inserito anche bassilico (al femminile è nell’Appedix Probi del IV o V sec. d.C.).
D. Comunque nel corso del tempo le espressioni linguistiche si sono alquanto diversificate ?
R. Certamente, ma si pensi ancora a quanto latino sopravvive nella nostra lingua: da errata corrige a referendum, da agenda a mutata mutandis, lectio brevis e, più o meno con voci quasi identiche: candelora (festa delle candele, da gen.pl. candelarum); unguanno (quest’anno, da hunc annum), da eramo (ind.imperf. eramus), e mettiamoci pure il mouse (da mus, topo) e il corona virus.
D. Perché lei ha parlato di fortuna storica del fiorentino…?
R. L’espressione è di Tullio De Mauro: “fortuna che poteva capitare a qualsiasi dialetto italiano”, come ho sempre ripetuto ai miei alunni insegnando letteratura italiana: Se un Dante, Petrarca e Boccaccio fossero nati a Palermo invece che a Firenze? La scuola siciliana in fondo è cronologicamente la prima della penisola.
D. Come è organizzato il suo vocabolario ?
R. La sua storia parte da un glossario sulla poesia estemporanea iniziato nel 1981-’82, poi è uno scavo nella memoria, dalle prime conoscenze dell’infanzia trascorsa in campagna insieme ai contadini e artigiani; da questo ambiente ho estratto le prime cinquecento voci che sono alla base della mia ricerca e, come ho cercato di spiegare nell’introduzione al mio ultimo vocabolario (pag. 10) io, come gli altri autori di vocabolari vernacoli, non ho avuto bisogno di andare a interrogare “i nonni, i contadini, le massaie. Per esperienza di vita e per età anagrafica noi siamo i nonni, i contadini, le massaie…”