Contratti affitto a scadenza senza rinnovo, una nuova emergenza sociale

Firenze – Già registrata da Stamptoscana, continua la tendenza dei contratti d’affitto che arrivano a conclusione, senza rinnovo. Sembra una formula sibillina, ma è molto semplice: scadono i contratti (i famosi 4+4 per lo più) nel privato, ma il proprietario non li rinnova. E non si tratta di un rifiuto per inaffidabilità sul pagamento del canone: spesso la famiglia non è mai stata neppure lontanamente morosa. Allora forse per l’irrisorio canone pattuito? No, per lo più si tratta di canoni che si collocano fra gli 800 e i 900 euro: niente male per una famiglia “normale”, con salari medi che si aggirano, visti i tempi, sui mille, milleduecento, millecinquecento euro. Insomma, sembra davvero che con la rarefazione degli sfratti per morosità (un calo che, come ricordato più volte su queste pagine, sembra più da attribuirsi al fatto che siano “finiti” i morosi, ormai dispersi dalle esecuzioni con forza pubblica, in qualche modo riassorbiti da edilizia popolare, canali di emergenza sociale, e perché no, occupazioni), si sia passati ad un altro “gruppo” di alloggi e di appartenenza sociale. Insomma, come emerge parlando con la segretaria toscana del Sunia, Laura Grandi, sembra che, svuotato il primo giro di alloggi, quello più “facile”per maggiori criticità dei nuceli famigliari, si stia passando al “secondo giro”, vale a dire quelli che spesso sono occupati da media e piccolissima fascia sociale, immediatamente susseguenti a quelli già “terminati”.

Un ricambio sociale insomma, che vede nella ormai diffusa pratica degli affitti brevi, ovvero gli affitti per il turismo rampante, quello delle grandi piattaforme internazionali e che sta allettando e appetendo sempre più i grandi fondi internazionali e le multinazionali, la spinta principale. Un ricambio che non sostituisce, come è sempre successo finora nella storia, una classe sociale con un’altra, bensì una folla sempre diversa che giunge, mangia, beve consuma e sparisce. La folla, dunque il flusso, come la corrente di un grande fiume che ad ora non s’arresta.

Ciò di cui si sta parlando dunque è uno degli effetti collaterali del grande flusso. “Dopo gli sfratti con forza pubblica, sempre più in calo non perché si sia trovata la soluzione, purtroppo, ma per naturale esaurimento – dice Laura Grandi – si sta passando all’altra grande emergenza sociale, che è appunto quella di chi paga il canone fino in fondo, ma non si vede rinnovare il contratto”.

Perchè, ci si potrebbe chiedere, chi impedisce a questi signori di ritrovare un altro affitto? Diversi motivi. “Risottolineo che si tratta di famiglie che pagano canoni importanti, senza morosità – dice Grandi – il cui vero problema è: una volta che si esce di casa per non rinnovo, anche con la possibilità di sostenere canoni piuttosto cospicui (almeno sugli 800 euro), la casa a Firenze non si trova. Il canone di cui si parla non basta, ma soprattutto, ormai l’affare è affittare a settimana, a canoni alti e con la sicurezza di rientrare a breve nella disponibilità dell’immobile. Non certo per utilizzarlo per famigliari o per se stessi: no, la casa diventa un bene d’investimento che rende di più rispetto ad altri investimenti, e con un tasso di sicurezza più alto”.

Insomma, l’assioma è: chi ha casa a Firenze la mette a reddito nel modo più cospicuo, ovvero nel giro degli affitti turistici. Tanto più che ora anche le abitazioni sugli assi della tramvia sono balzate in avanti nelle quotazioni, anche quelle limitrofe ai mezzi di trasporto, quelle nella cintura dei comuni più serviti e anche quelle non: si tratta solo di organizzare i trasporti.

Soluzioni? Fino a qualche tempo fa, era normale acquistarla, la casa. Perché spesso, con un  mutuo trentennale, la rata era equivalente (se non più bassa) rispetto al canone. Ma ora non è più possibile: da un lato, per l’innalzamento dei prezzi delle case a Firenze, dall’altro, perché i contratti di lavoro accesi, in maggioranza, non sono a tempo indeterminato e soprattutto, non sono così remunerativi da permettere l’operazione. “Sono – dice Grandi, citando i fratelli Fana – Salari da Fame”.

Tirando le fila, contratto non rinnovato, la famiglia si trova impossibilitata a trovare un altro affitto fiorentino sia per l’innalzamento dei canoni sia perché ormai tutti gli affitti sono conformati alla tipologia affitti brevi ( è capitato spesso che per alcuni mesi le famiglie siano dovute ricorrere a questio tipo di accomodamento, a rischio di “mangiarsi” tutto il poco che magari erano riusicite a risparmiare), nè può più ricorrere all’acquisto. Si prova allora a rivolgersi all’offerta  fuori comune, nei comuni limitrofi.

“Intanto, stiamo ormai assistendo da anni al fatto che nella cerchia fiorentina i Comuni come Scandicci in primis per la facilità di spostamento dovuto alla tramvia, ma anche Bagno a Ripoli o Sesto, hanno visto innalzarsi, grazie alla maggior richiesta, i canoni – dice Grandi – ma poi il problema, in una città dove la maggior parte delle persone ormai hanno a che fare col turismo, è che gli orari di lavoro non sono compatibili con gli spostamenti”.

Esempi. “Se il lavoratore ad esempio esercita un’attività di bar, o ristorante, o pub o di checkin e chekout- dice Grandi – ha orari notturni molto frequenti. Come si può pensare di andare ad abitare ad esempio a cinquanta chilometri?”. Intendiamoci, senz’altro molta gente lo fa. Il problema è che “ci butti la vita”, come dice uno degli utenti del sindacato. E allora, alla fine, magari si preferisce dormire, se ci sono ancora, dai genitori, o dall’amico. In città.

I dati rinforzano il quadro. “Da dicembre, quindi in circa due mesi, le persone che sono giunte ai nostri sportelli con questo problema del non rinnovo sono state 43. L’elemento che colpisce è che il 70% sono nuclei famigliari scissi, vale a dire separati o donne con figli. Ovviamente, come già sottolineato, tutti con un lavoro”.

La composizione sociale cambia. Una giovane avvocata, ad esempio, che si rivolge al sindacato per un mancato rinnovo. Esercita la professione, ma lo stipendio presso lo studio è basso. Isee troppo alta per rientrare nell’Erp, unica possibilità il canone agevolato. Oppure …

“Più case popolari, più case popolari, più case popolari – dice Grandi, rispondendo alla domanda di come fare per risolvere la situazione –  è questa la miglior risposta alla situazione econmica attuale, ci vuole un piano strutturale di alloggi, oltre a un aumento anche degli alloggi con affitto sociale”.

Ma forse ciò non basta. “Serve un discorso serio sulla revisione della legge 431 del 1998, che riguarda la riforma delle locazioni. E’ necessario affittare esclusivamente attraverso il canale concordato, con gli accordi territoriali. Lancio una provocazione reale: l’art. 3 comma 2, (della l.431/1998, ndr) che riguarda anche  gli affitti a canale concordato, deve diventare l’equo canone della nuova era”.

Foto interna: Laura Grandi, segretaria regionale del Sunia

 

 

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