Firenze – A bocce ferme dopo i fuochi d’artificio di Pitti Uomo, la più importante fiera della moda uomo del mondo, la Toscana riflette su quel fenomeno del tutto sorprendente costituito dal suo sistema moda. Lo fa grazie a una ricerca dell’Irpet presentata oggi ai massimi esponenti delle categorie economiche interessati.
Che le cose non andassero male nonostante la crisi e l’arroventarsi della competitività internazionale era ovviamente percepito da operatori e osservatori, ma i dati illustrati dal direttore Stefano Casini Benvenuti vanno ben oltre anche le più ottimistiche valutazioni che circolavano. “La Toscana è la regione della moda, più avanti anche della Lombardia che è ben più grande”, ha esordito.
I dati sono impressionanti. Nell’ambito dell’industria manifatturiera i settori moda (tessile, abbigliamento, conceria, calzature, pelletteria, gioielleria) rappresentano più del 40% del valore aggiunto che supera i 5,5 miliardi di euro e occupano (compresi i servizi) più di 151mila addetti.
Ancora più soddisfacente è l’andamento dell’export in tempi come questi nei quali ristagnano i consumi interni. Si stima che nel 2019 le esportazioni abbiano superato i 15 miliardi al primo posto fra tutte le regioni italiane. Dal 2008 a oggi le vendite all’estero sono cresciute del 60 per cento. Un boom impressionante soprattutto nella pelletteria e nell’abbigliamento.
Questi i numeri nonostante la più grave crisi finanziaria del dopoguerra e l’aggressività di nuovi concorrenti da parte di paesi emergenti e soprattutto della Cina: non si era detto che i settori tradizionali come quelli della moda sarebbero stati poi trascurati per produzioni ad alto contenuto tecnologico, non si era parlato della necessità di lanciarsi laddove l’innovazione poteva offrire maggiore competitività? Non si era anche detto che i distretti industriali non sono più il volano principale dello sviluppo, mentre invece un motivo del successo della moda toscana sta proprio nel lavoro integrato e complementare delle imprese nelle loro reti ubicate lungo il corso dell’Arno?
Proprio questi risultati richiedono studio e approfondimento, ha detto il direttore dell’Irpet. Intanto si deve considerare che l’innovazione non riguarda solo il prodotto, ma anche l’organizzazione. E, soprattutto, va messo in rilievo il motivo per cui le grandi imprese mondiali della moda, i grandi brand, vengono in Toscana dove trovano la capacità manuale, la conoscenza che viene da una secolare tradizione, la possibilità di procurarsi semilavorati e una accurata manutenzione dei servizi. “L’innovazione – così ancora Casini Benvenuti – non riguarda il tipo di produzione, ma il tipo di impresa”.
Per mantenere e migliorare questo quadro in un contesto economico particolarmente incerto è rischioso continuare a basarsi sulla domanda internazionale. “Occorre che vengano rilanciati gli investimenti pubblici, soprattutto quelli nelle infrastrutture di servizio altrimenti c’è il pericolo della saturazione e che si risponda alle richieste di lavoro specializzato da parte delle aziende con efficaci percorsi di formazione”, ha concluso.
Su questi due punti ha insistito anche Luigi Salvadori presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze, esponente di primo piano di Confindustria Firenze. “L’offerta di lavoro è superiore alla domanda”, ha detto, sottolineando anche l’importanza di “non farsi la guerra” ma di tenere un buon rapporto con Milano, investendo sulla Fortezza, la sede di Pitti Uomo.
Così come una condizione per rispondere alla concorrenza internazionale è anche migliorare i tempi di reazione del mercato, sempre più rapidi, con le nuove tecnologie digitali dell’industria 4.0. Alessio Ranaldo, presidente di Confindustria Toscana, ha messo in evidenza la carenza di digitalizzazione da parte delle imprese (bisogna che siano preparate quando le multinazionali la chiederanno), mentre Antonella Mansi, presidente del Centro di Firenze per la Moda Italiana ha evocato la sfida della sostenibilità per la quale occorre “un forte sforzo collettivo”.
Così anche l’assessore alle attività produttive Stefano Ciuoffo: “Per continuare a restare al top occorre unire alle caratteristiche uniche della moda toscana innovazione tecnologica e di processo, in modo mirato”.