Firenze – I segnali di ripresa ci sono e sono sempre più marcati, anche se i riflessi purtroppo sono assai più lenti per quanto riguarda il mercato del lavoro. Cresce la domanda internazionale e l’economia toscana da sempre vocata all’export ne approfitta, ma resta ancora debole quella interna. Insomma la produzione industriale regionale sembra andare a rimorchio delle esportazioni. Sono i dati principali della nota congiunturale di Luglio dell’Irpet presentati questa mattina a Palazzo Strozzi Sacrati alla presenza del presidente della Regione Eugenio Giani e del direttore Nicola Sciclone. Certo, come chiarisce bene l’istituto di programmazione economica della Regione il discorso non vale per tutti i settori, vedi ad esempio la moda a cui manca ancora un quarto della produzione che aveva prima della crisi innescata dall’emergenza sanitaria e dalle restrizioni che ne sono conseguite (tessuti e filati). Anche per questo ad aprile, rispetto allo stesso mese del 2019 (un anno prima della pandemia), la Toscana sconta ancora un ritardo del 4,8 per cento sulla produzione industriale. Ma tolto questo particolare aspetto tutti gli altri principali settori hanno recuperato i precedenti livelli produttivi. E c’è anche chi, come le industrie che producono apparecchi elettronici, elettrici, ottici e computer, sono cresciuti a due cifre, del 14 per cento.
“Un’economia – ha sottolineato Giani che sta dimostrando una forte reazione alla ripresa e allo sviluppo anche se ancora questa ripresa non si traduce ancora sul piano del lavoro e dell’occupazione. Questo lo vediamo dai dati della cassa integrazione che raggiunge livelli molto alti. C’è molta incertezza perché la situazione pandemica non è stata superata. Però sono convinto che se il trend sulla produzione continua a mostrare aspetti stabili di ripresa si rifletterà anche sull’occupazione”.
Dunque l’export con le vendite estere toscane che nel primo trimestre 2021, rispetto agli stessi tre mesi del 2020, sono cresciute di più della media italiana (del 14,2 per cento contro il 6,1). La Toscana è la regione con la performance migliore da questo punto di vista. Ma cresce – del 5,87 per cento – anche rispetto ai valori pre-crisi del primo trimestre 2019. Solo il mercato di filati e tessuti appare, per l’appunto, in crisi, con il segno meno che accompagna comunque anche il settore del cuoio e della pelletteria (rispetto almeno al 2019, – 11 per cento) e, tra i più rilevanti, i prodotti in legno (- 15%), la carta e stampa (-9.9%) e i minerali non energetici (-22 per cento). Da aprile 2020 a maggio 2021 le ore di cassa integrazione guadagni autorizzate in Toscana, solo quelle per l’emergenza sanitaria, ammontano a 356 milioni. Tantissime. Basta pensare che dal 2009, primo anno della grande crisi economico-finanziaria arrivata dall’America, al 2014 ne erano state autorizzate ‘solo’ 308 milioni. Rispetto comunque all’anno scorso il monte ore di aprile e maggio di tutti i settori è inferiore, con la sola eccezione dei settori di alloggio, ristorazione e commercio: si tratta complessivamente di 18 milioni di ore in meno di ricorso alla cassa integrazione, pari ad una flessione del 16 per cento. Infine il capitolo occupazione. A marzo 2021, rispetto al 2019, mancavano all’appello 67mila avviamenti (-26%) e 11mila addetti alle dipendenze (-1%). La flessione è forte nei servizi turistici (-14,8 per cento sul 2019 e -7,4 per cento sul 2020), nei settori finanziari, il commercio al dettaglio e l’insieme del made in Italy.