Ripresa, Holmström: “L’Europa deve puntare su digitale e università”

Firenze/Boston – Bengt Holmström è professore emerito di economia al Massachusetts Institute of Technology. Nel 2016 ha ricevuto  il premio in scienze economiche in memoria di Alfred Nobel per il suo lavoro sulla teoria dei contratti.

Dall’aprile scorso Holmström è professore part-time presso la Scuola di Governance Transnazionale dell’Istituto Universitario Europeo a Firenze, che offre agli studenti internazionali un programma multidisciplinare incentrato sulle pressanti questioni di politica internazionale legate alla digitalizzazione, all’economia, alla politica, alla sicurezza e alla sostenibilità.

Professore, l’Europa sta gradualmente uscendo dall’emergenza pandemia. Pensa che la ripresa sarà così accelerata come sta accadendo negli Stati Uniti?

L’Europa è sulla via della ripresa. Si dice che dovrebbe crescere del  6-7 per cento forse nell’anno prossimo o in quello in corso, ma gli Stati Uniti hanno messo in atto uno stimolo molto più grande. Questo spiega perché la ripresa sarà più forte o si prevede che lo sia negli Usa ed è iniziata prima. Sono un po’ preoccupato per quello che gli Stati Uniti stanno facendo come accade in molte delle nostre economie. Larry Summers è stato molto schietto e cioè che la sovra stimolazione e l’inflazione stanno affacciandosi all’orizzonte e l’inflazione può davvero causare un problema se la banca centrale deve aumentare, e penso che dovrà farlo, il tasso di interesse.

Pensa  che la diversa uscita della recessione tra gli Stati Uniti e l’Europa dipende dalle quantità di vaccini che sono stati dati?

Sì, penso che i vaccini abbiano avuto un impatto, ma la stagionalità ha un certo impatto, cioè l’estate è più facile combattere il virus che in inverno. Il che è stato tipico dei coronavirus  e non c’è motivo di pensare che non accadrà lo stesso con questo. Ma è molto aggressivo a volte, quindi non possiamo sentirci sicuri finché un numero sufficiente di persone o il mondo intero non sarà stato davvero vaccinato. Siamo molto lontani da questo, l’intero pianeta è coinvolto e, finché è così, il virus è potenzialmente ovunque. Ma, come ho detto, voglio sottolineare che sono abbastanza ottimista. E’ davvero un mondo diverso, un ricordo del passato.

Dal punto di vista dell’occupazione, pensa, come ha scritto l’Economist, che sia in atto un’inversione del primato del capitale sul lavoro? Qual è la sua previsione sul mercato del lavoro? La tecnologia sta creando nuovi posti di lavoro?

Beh, questo è un problema molto discusso. Ovviamente c’è un effetto a breve termine causato dal lockdown. Negli Stati Uniti e in Europa ci si accorge improvvisamente che ci sono un sacco di carenze di personale per esempio nei ristoranti. Quindi è anche possibile che le persone sono diventate preoccupate per un’altra ondata del virus e vogliono magari ottenere un lavoro più sicuro. E’ una possibile spiegazione. Ma nei ristoranti, almeno negli Stati Uniti o almeno qui a Boston, non direi proprio carenze, ma è evidente che non c’è abbondanza di persone in cerca di lavoro. La domanda è: ciò avviene a causa dei sussidi che hanno ricevuto o di quello che ho appena suggerito che potrebbero essere solo più preoccupati e vogliono aspettare. Forse stanno aspettando di vedere più persone che si vaccinano?

In Italia al centro della discussione c’è da una parte il supporto alle aziende e dall’altra parte il ruolo dello Stato. Il primo riguarda le condizioni delle aziende. Il presidente Draghi ha detto che è importante investire nelle aziende che hanno innovato e sono in grado di competere e lasciare le altre cadere in quanto non sono nelle condizioni di essere redditizie. Questa è una nuova distrazione creatrice un riallocare le risorse per permettere a nuove aziende di emergere?

Sono certamente con Mario Draghi sulla questione di investire nell’innovazione e nel futuro piuttosto che salvare le aziende. In questa fase ci deve essere anche la distruzione creatrice. Aziende saranno tagliate e posti di lavoro saranno tagliati molto presto, quindi questo metterà in moto la distruzione creatrice di cui parla Mario Draghi. Ma credo di vedere il problema principale in Europa e nell’area dell’UE che è l’innovazione e l’avvio di nuove attività. Mi preoccupa un po’ il fatto che la gente pensi che tutto ciò che serve è che il governo debba investire molti miliardi di dollari, e non stanno facendo dei 750 miliardi armi molto potenti come lo sono qui negli Stati Uniti per far partire l’innovazione. Penso che i fattori trainanti del sistema statunitense sono investire nelle infrastrutture e nell’istruzione che tra l’altro non è solo la ricerca. Per esempio al Mit gli studenti universitari sono davvero una parte molto importante nel guidare i team di startup. Penso che siano in un certo senso sottovalutati in Europa, in quanto, al Mit, gli studenti universitari hanno opportunità di ricerca fin dal primo giorno. Entrano a 17-18 anni e hanno l’opportunità di ottenere  subito risorse e si auto-organizzano in vari modi per guidare effettivamente la scena delle startup. Sono circa 900 studenti che creano 900 nuove startup ogni anno.

In Italia uno dei problemi per diventare competitivi in tutto il mondo è la mancanza di infrastrutture.  Draghi ha parlato di questo problema. Le infrastrutture includono un nuovo ruolo dello stato negli investimenti pubblici . L’ex premier Giuliano Amato ha detto che la pandemia ha messo fine a un mondo dove la società era al servizio dell’economia e l’economia al servizio della finanza con le conseguenze di disuguaglianze più profonde. In Italia la discussione riguarda un nuovo ruolo forte dello stato nell’economia la fine della dottrina neoliberale una nuova era keynesiana?

Beh, sì e no. Penso che quel movimento fortemente neoliberale, per così dire, che è venuto dagli anni ’90 e negli anni 2000, sarà solo nel tempo mitigato da questo virus, ed è chiaro che anche negli Stati Uniti c’è un forte movimento verso un maggiore coinvolgimento dello Stato. Ma è un’altra questione il successo che avrà lo stato. Il denaro da solo non fa nulla, per così dire, bisogna trovare le persone che distribuiscano e usino il denaro nel modo giusto. Questa è la sfida ed è per questo che ho parlato dello schema delle startup perché il finanziamento delle startup e il finanziamento del venture capital è ancora superiore negli Stati Uniti. Basta guardare le aziende di maggior valore al mondo, sono tutte da noi e molte anche in Cina. Fra le 100 startup di maggior valore nel mondo ci sono solo due aziende europee, una dalla Svezia e una dall’Estonia. Nemmeno una dall’Europa centrale.  Il Regno Unito ne ha nove tra le prime 100, ma questa è una statistica piuttosto scioccante: nessun tedesco, nessun italiano. Si vendono o si quotano da qualche parte al di fuori dell’UE, perché i mercati finanziari sono visti come più deboli e non è perché non ci sono soldi, è a causa della mancanza di persone. Forse dell’atteggiamento, ma anche della mancanza di una sorta di comprensione di come dovrebbe essere gestite. Voglio davvero enfatizzare questa statistica: possiamo costruire strade e ogni sorta di cose, ma penso che la digitalizzazione sia il punto verso cui bisogna davvero andare in Europa.  Non sto dicendo che l’Europa non possa recuperare il ritardo, ma penso che questo sia un obiettivo centrale che dovrebbe avere.

Vede che l’Europa ha imboccato la strada giusta?

L’UE si sta concentrando sui regolamenti, ma uno deve chiedersi se questo è il modo migliore per rendere l’UE più competitiva. Il problema è l’industria digitale che in Europa è molto in ritardo. Il sogno è che, se si istituisce l’infrastruttura di privacy e così via, il resto seguirà. Sono in qualche modo sospettoso su questo, perché è difficile regolamentare qualcosa che non hai. La Cina sicuramente non ascolterà molto questa regolamentazione. Loro sono grandi, sono i leader, perché il piccolo giocatore dovrebbe venire e dire che queste sono le regole che dovresti aggiornare o obbedire? Possono fare come vogliono, ma è una forma di protezionismo e la storia non è molto gentile con il protezionismo. Ma questa potrebbe essere un’eccezione, quindi non voglio prendere una posizione forte, ma vorrei solo far notare che se questo è tutto ciò che fanno, hanno davvero bisogno di costruire una struttura in modo da poter creare una piattaforma per le aziende. Il sistema bancario per esempio sta diventando sempre più incentrato sui dati. Nei dati si impara a conoscere le persone, si imparano i loro gusti, si imparano i loro crediti e le loro necessità, quindi si imparano quantità enormi usando l’intelligenza artificiale e cose del genere. Così almeno sembra che questo sia il futuro. Qualcosa deve essere regolamentato, ma la domanda è: dobbiamo immediatamente regolamentare prima ancora di vedere come funziona?

Il presidente Biden ha proposto una nuova tassazione delle imprese multinazionali. Qual è la sua opinione sulla proposta di Biden e  l’accordo al G7 sulla tassazione delle multinazionali?

In linea di principio penso che potrebbe essere una buona idea perché c’è chiaramente la concorrenza fiscale. Ovviamente, le grandi aziende degli Stati Uniti non pagano molte tasse perché vanno da qualche altra parte. Naturalmente una qualche forma di concorrenza fiscale è anche importante, non possiamo solo avere una regolamentazione condivisa, quindi queste tasse sono solo una parte di una sorta di concorrenza vivace e forte. Penso che sia una cosa ragionevole, ma la domanda è, ovviamente, come farai a farla rispettare. Se non può essere fatta rispettare, allora non è che distorcerà tutto?

L’Europa è particolarmente sensibile al problema della relazione tra affari e democrazia, le democrazie e l’economia sono interconnesse ..

Penso che la maggior parte di noi sia preoccupata. In tutte le parti del mondo, compresa l’UE, vediamo che la democrazia viene messa in discussione e la mia risposta è che sono preoccupato per questo e, naturalmente, uno deve cercare di essere più determinato, sia in Europa che altrove. Gli Stati Uniti sono in una situazione che non avrei mai pensato di vedere. Ho vissuto qui per 40 anni e questa è una situazione davvero scioccante, ma credo che resisterà alle sfide e penso che anche l’Europa dovrebbe essere in grado di farlo.

La mia ultima domanda è su un problema situazionale molto attuale è la questione dei vaccini con il dibattito sulla sospensione dei brevetti…

Due cose su questo. La prima è che non credo che la sospensione dei brevetti sia una buona idea. Preferirei  che il mondo occidentale pagasse o desse molti vaccini ai paesi meno sviluppati. Credo che sarebbe più efficace. La cosa che voglio sottolineare per ultima è questa sorprendente enfasi sull’individuo piuttosto che sulla comunità che si manifesta con il fatto che non vogliamo forzare nessuno a essere vaccinato. Ovunque in Europa, anche e soprattutto l’Europa del nord, il mio paese, la Finlandia, come mai siamo finiti in una situazione in cui l’individuo decide su una serie di questioni di dati o di vaccini o qualsiasi cosa sia, che ha chiaramente una dimensione comunitaria. I vaccini non riguardano te, ma quello che succede a tutte le altre persone. Perché dovremmo prendere come punto di partenza il fatto che deve essere l’individuo a prendere queste decisioni? Penso  che questa pandemia sia una guerra e quando c’è una guerra non ci si chiede qual è il meglio per l’individuo, ma come salvare il paese e penso che qui stiamo parlando di salvare il mondo dalla pandemia, quindi non ho una risposta su come siamo finiti in questa sorta di, la chiamerei, mentalità neoliberale in Europa, non dal punto di vista finanziario ma in termini di qual è il ruolo dell’individuo rispetto allo stato.

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