Firenze – Villa Basilewsky nuovo albergo di lusso, ex cinema Capitol nuova sede di Coin. E invece no, almeno per quanto riguarda il primo termine, vale a dire Villa Basilewsky: di fronte alla notizia, interviene l’assessore comunale Cecilia Del Re a smentire: nessun cambio di destinazione d’uso, la proprietà è già stata avvertita, “il nuovo Piano Operativo limiterà le trasformazioni verso il turistico ricettivo non solo in centro storico, ma in tutto il territorio comunale”.
Insomma, perlomeno uno degli ultimi due passi che avevano visto la rivolta non solo della gauche, ma anche di alcuni settori interni al Pd, sembra rientrato. E per quanto riguarda l’altro, vale a dire il ritorno dell’ex-cinema Capitol a sede commerciale, vale a dire Coin, avrebbe scatenato le ire del sindaco e anche un certo malumore all’interno della Camera di commercio.
Il timore che questi due ultimi passi potesse far tornare in vigore un’operazione da Firenze pre-pandemia, ha scosso non solo la gauche fiorentina ma anche una parte dello stesso Pd, come reso noto stamane dalla stampa cittadina; le critiche provengono da Cgil, Legambiente e Italia Nostra, ma anche dal presidente del Q4 Mirko Dormentoni e dal presidente della commissione urganistica in Palazzo Vecchio Renzo Pampaloni. Voci critiche si registrano anche all’interno della stessa Camera di Commercio per quanto riguarda l’affaire Capitol. Senza contare che proprio oggi, 28 maggio, si terrà un incontro pubblico (cui parteciperà anche l’ex direttore degli Uffizi Antonio Natali e lo storico Mario Bencivenni) su un’altra questione fortemente critica per la comuntà cittadina, che riguarda l’ex Scuola militare Vittorio Veneto di Costa San Giorgio. Questione antica, che tuttavia sta arrivando a conclusione, di cui ci siamo già occupati su queste pagine (https://www.stamptoscana.it/costa-san-giorgio-tutto-cio-che-ci-sara-oltre-la-cremagliera/) e che vede nella mattinata una sorta di dibattito pubblico sotto le finestre di Palazzo Vecchio.
Sul punto, sintetizza Maurizio Brotini, della segreteria regionale della Cgil: “Bene la precisazione dell’assessore, ma non possiamo non chiederci quale sia l’idea di città che si prospetta da parte del governo cittadino. Una domanda che giriamo non solo al governo fiorentino, ma anche a tutte le città d’arte toscane e alla Regione stessa. Del resto, l’importanza del tema è tale che si rende necessario un dibattito ampio, non rinchiuso ai soli addetti ai lavori, che coinvolga realmente la città e le sue forze e anche la regione”.
Il vero problema, come spiega il professor Bencivenni, raggiunto da Stamp prima del dibattito in piazza della Signoria, è che ad andare avanti, al di là dei singoli episodi “di cui forse Costa San Giorgio è il più clamoroso”, è l’idea della città come grande terreno di coltura per un turismo di lusso che rientra nella logica economica della “monocoltura turistica”, nonostante la stessa si sia rivelata clamorosamente fallimentare nell’impatto con la pandemia. Insomma, “ai grandi proclami di cambiamento della rotta corrispondono le stesse scelte e la continuità con quanto è iniziato nel pre- covid”. Una logica di “vendita della città” che, secondo un diffuso pensiero che comincia a far breccia anche all’interno dello stesso centrosinistra, rischia di svuotare il tessuto economico da altre forze lasciando in eredità a Firenze solo rovine.
Se questo è l’aspetto immediatamente emergente, la città tuttavia cela ben altro nelle sue viscere. Ad esempio, la mai abbastanza ricordata emergenza casa, i cui numeri sono: tremila persone con una convalida di sfratto sulla testa e 6-7mila famiglie che hanno problemi con i costi dell’abitare (dati Sunia). Con lo sblocco dei licenziamenti si stima un 30% di più di famiglie in difficoltà. Così, se da un lato il dibattito è quanti altri spazi pubblici di valore saranno venduti e trasformati per usi privati e accoglienza di lusso (Villa Basilewsky era un presidio sanitario), dall’altro il dibattito diventa come trovare altre case popolari per venire incontro a un’emergenza la cui portata purtroppo resta indefinita. Un’emergenza, come da più parti sostenuto, che a questo punto non è più risolvibile con il progetto dell’housing sociale, perché nel dopo pandemia e in attesa dello sblocco dei licenziamenti il vero problema, come confermano i sindacati degli inquilini, è che saranno in tante, fra le famiglie a rischio povertà, a cancellare la parola “rischio” e a mantenere quella “povertà”, come d’altro canto risulta dagli stessi report della Caritas. A tutto ciò si ripara con un unico modo: case popolari.
Un punto su cui il dibattito si fa rovente. Intanto, ancora nulla è dato sapere sulla sorte della sempre citata e mai spiegata Agenzia sociale della Casa. Dall’assessorato giunge il silenzio, ciò che si può immaginare è che le cose stiano evolvendo, dal momento che nel sito di Casa spa (che dovrebbe gestire l’operazione) ci sono anche bandi di concorso per assunzioni. Ma F.A.S.E rimane ancora, appunto, in fase di progetto, almeno per quanto riguarda i non addetti ai lavori. In ogni caso, il problema che si pone è sempre lo stesso: anche l’Agenzia per la Casa si rivolge, in buona sostanza, alla “fascia grigia”. Non solo. Non possiamo dimenticare, per quanto riguarda i canoni calmierati, che la quota “sociale” prevista dal regolmento urbanistico a carico dei costruttori privati cui vengono assegnati i lavori di riqualificazione e costruzione sugli immobili cittadini, possono, autorizzati dallo stesso regolamentoo, operare una sorta di riscatto-indennizzo della quota, rendendo così inutile la norma. Possibilità concessa dal regolamento che, sia detto per inciso, la maggior parte dei costruttori sembra apprezzare molto. Resta da valutare il problema crescente della “fascia nera”. Anche perché, sebbene lo stesso sindaco Dario Nardella stia lanciando un serie di numeri per il contrasto all’emergenza, tuttavia sembrerebbe emergere che a livello di nuovi alloggi popolari non ci sia un reale allargamento: “Per fare un esempio – spiega Giuseppe Cazzato, sindacalista Cobas, aderente alla Rete Antisfratto Fiorentina – circa i 1366 alloggi di cui ha parlato il sindaco nelle scorse settimane come di una misura per fronteggiare le nuove emergenze, ricordiamo che tutti gli alloggi in dirittura di arrivo derivano da progetti datati, quelli di via Schiff addirittura da un progetto della giunta Primicerio, quelli di via Torre degli Agli su progetto del 2012 e hanno già i futuri destinatari, per i 600 alloggi erp esistono finanziamenti prepandemia e sarebbe da rilevare solo lo scandaloso ritardo nel loro recupero, che vede a fronte del forte bisogno abitativo oltre 800 alloggi erp vuoti. I restanti sono solo alloggi sulla carta per i quali ancora non è stata nemmeno licenziata la definitiva progettazione e quindi non utilizzabili per l’attuale emergenza”.
Fra le novità, una importante notizia giunge da Livorno, dove propri ieri giovedì 27 maggio sono partiti i tavoli di trattativa voluti fortemente da Unione Inquilini che ha sollevato la questione a livello di segreteria nazionale e il Presidente Inps Pasquale Tridico. Una questione, quella degli alloggi Inps, che ha visto una forte mobilitazione anche da parte del Sunia labronico e fiorentino, che proprio su queste pagine aveva “conteggiato” gli alloggi inutilizzati in città, circa 90. Ma è da Livorno che giunge la notizia dell’apertura delle trattative: ieri al tavolo erano presenti il Direttore Inps De Felice, l’Assessore al Bilancio Ferroni e alle politiche abitative Raspanti di Livorno e i rappresentanti della segreteria nazionale Unione Inquilini Paolo Gangemi e Silvia Paoluzzi con la segretaria di Livorno Daria Faggi. Livorno è il primo banco di prova di questa importante campagna che verrà avviata in tutte le città con il patrimonio abitativo in disponibilità dell’Ente. Ma l’operazione non si ferma qui, come spiega Patrizia Villa, Sunia di Livorno, che da tempo segue la questione: “Negli ultimi mesi sono andati all’asta molti immobili, anche di pregio, fra cui il “grattacielo” che è una struttura in un certo senso simbolo di Livorno. Stiamo svolgendo una ricerca su questi immobili, per comprenderne la sorte, partendo dal meccanismo sotteso alle aste. Infatti, il bene va all’asta a prezzo di mercato, dando la possibilità di fare una proposta da parte del pubblico (magari il Comune) con un abbattimento pari al 30%. Spesso si tratta di immobili di valore che trovano un acquirente. Ma se l’immobile rimane invenduto, torna all’asta più e più volte, con costo abbattuto via via che si ripresenta. Tirando le fila, si rischia di consegnare per 4 spiccioli immobili importanti al privato, mentre all’ente pubblico si vende con il solo abbattimento del 30%. Questa, che riteniamo una cattiva pratica, sarà oggetto di un tavolo nazionale unitario a Roma, che parte da Livorno. Del resto, se l’ente pubblico spreca lasciando vuoto e consentendo il deterioramento dell’immobile per poi metterlo all’asta e venderlo al privato a un prezzo irrisorio, è necessario ricordare con forza che compito dell’ente pubblico è curarsi del bene della collettività mettendolo a frutto non solo dal punto di vista economico ma anche di utilità sociale e quindi di manutenzione”.
E Firenze? A Firenze, almeno ad ora, si tace, nonostante la questione delle case vuote Inps sia già stata dibattuta nel corso di incontri fra l’assessore comunale alla casa Benedetta Albanese, l’assessore regionale Spinelli e i sindacati inquilini.
“I sindacati sono stati primi a sollevare l’anno scorso la problematica degli alloggi pubblici vuoti da tempo, nel marasma dell’ emergenza sociale – commenta Laura Grandi, segretaria regionale del Sunia – a Livorno si sblocca qualcosa? Bene. Ma perché non a Firenze? Ci piacerebbe di avere notizie che si sta andando in questa direzione. Non posso pensare che gli alloggi vuoti che sono a Firenze, ma anche i fondi commerciali che potrebbero essere una risorsa importante per quella città tutta a disposizione nel raggio di 1500 metri di cui siparlava ieri nel corso dell’incontro Firenze Prossima, non siano ritenuti utili al fine sia dell’emergnza abitativa che per le attività di porssimità. quanto a quest’ultimo punto, potrebbe essere utile dare questi fondi ad affitti calmierati a quelle attività di prossimità che sono sparite dal centro e che non potranno mai rientrare se si continua con questi canoni”.
“Auspichiamo che anche l’amministrazione di Firenze – sottolinea Pietro Pierri, segretario fiorentino dell’Unione Inquilini- raccolga con la massima sollecitudine l’occasione di arricchire il parco alloggi disponibili per l’Erp mediante l’acquisto di immobli Inps trattandosi di risposta adeguata alle urgenze di questi tempi”.
Del resto, proprio ieri è giunta anche la nota stampa dell’assessore regionale Serena Spinelli, che ha conferito 8milioni di euro ai Comuni per l’acquisto di alloggi Erp. La notizia è particolarmente significativa per Firenze. “E’ importante per l’assessorato comunale fiorentino muoversi con celerità- conclude Cazzato – in quanto la regola è che il comune non può acquistare dal privato alloggi destinati a case popolari se superano il massimale di costo dell’Erp, che non è, evidentemente, quello di mercato. Magari si potrebbe valutare se gli immobili Inps rientrano nel massimale, e approfittare della quota messa a disposizione dalla Regione per l’acquisto di questi alloggi”. Anche perché, aggiungiamo noi, ai prezzi di mercato sarebbe molto difficile, nonostante le risorse regionali, comprare a Firenze un numero perlomeno significativo di alloggi. Prezzi più bassi da parte Inps dunque, capacità di spesa più ampia del Comune grazie alla Regione, il meccanismo potrebbe rivelarsi virtuoso. A patto di muoversi presto.
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