Firenze – Sciopero nazionale Amazon, in Toscana l’adesione è alta: 800 i lavoratori tra diretti e indiretti coinvolti, due presìdi molto partecipati a Calenzano (Firenze) e Pisa, davanti ai magazzini dell’azienda, l’adesione ha visto punte oltre l’80% su Firenze e oltre il 70% su Pisa. A rendere noti i dati la Filt Cgil Toscana, che con Fit Cisl e UilT ha organizzato l’iniziativa.
“Dalla Toscana e dal resto d’Italia oggi parte un messaggio forte, perché i lavoratori hanno scioperato in maniera compatta e solidale: ora Amazon riapra la trattativa col sindacato il prima possibile, vanno migliorate le condizioni di lavoro – ha detto Gabrio Guidotti di Filt Cgil Toscana – è importante lo sviluppo, ma non basta: conta anche la qualità del lavoro, e registriamo ancora criticità su carichi, tempi ed eccessiva precarietà lavorativa. Senza risposte, le attività di mobilitazione non si fermeranno”.
La questione è, in buona sostanza, che nella traduzione italiana il sistema iper meritocratico all’americana non si rivela altro che un nuovo, neanche tanto celato, sistema a cottimo. Sì, proprio quella modalità lavorativa che fu cancellata negli anni ’70 del secolo scorso, più o meno reintrodotta aggirando le leggi nel corso della storia recente. Aggravata, questa modalità, dalla tecnologia utilizzata per il continuo monitoraggio del lavoratore: passando dall’algoritmo alla robotizzazione fra gli scaffali, alla misurazione del tempo per andare in bagno, scambiare una parola, soffermarsi perché hai preso una storta o vorresti respirare. Così, tutto si trasforma, complice anche la pandemia che ha aumentato a dismisura il lavoro, in una continua corsa che disumanizza, tanto è vero che, come riferiscono in molti, ogni tanto qualcuno esplode, lascia, tracolla. Una modalità che coninvolge non solo gli addetti in sede, ma anche i trasportatori e persino le ditte esterne.
Le rivendicazioni dei lavoratori e di Filt Cgil, Fit Cisl e UilT, verso l’azienda Amazon sembrerebbero addirittura scontate: verifica dei carichi e dei ritmi di lavoro imposti nella filiera Amazon; verifica e contrattazione dei turni di lavoro; corretto inquadramento professionale del personale; riduzione dell’orario di lavoro dei driver; buoni pasto; adeguato importo dell’indennità di trasferta; clausola sociale e continuità occupazionale in caso di cambio appalto o cambio fornitore, per tutti; premio di risultato contrattato; indennità Covid per operatività in costanza di pandemia; danni e franchigie; salute, sicurezza e formazione; stabilizzazione tempi determinati e lavoratori interinali. Eppure, ad ora, nessun passo avanti è stato fatto al tavolo delle trattative.
Al presidio di Pisa, al Centro spedizioni Amazon, ha partecipato il presidente del Consiglio regionale Antonio Mazzeo, che ha portato ai lavoratori la solidarietà sua e del consiglio.
“Penso che la protesta di oggi, promossa dai Filt-Cgil; Fit-Cisl e UilT, sia emblematica del tempo che stiamo vivendo e del dovere della politica di occuparsi di questo mondo nuovo che è cresciuto attorno ad essa senza che, spesso, se ne sia accorta”, commenta Mazzeo.
Il problema è, oltre all’auspicio che la mobilitazione dei lavoratori porti Amazon a un tavolo di confronto e che da lì si produca un passo in avanti per le condizioni di lavoro, anche il varo di nuove misure legislative.
“In Toscana, in Consiglio regionale, ci stiamo muovendo ad esempio per redigere un testo normativo sulla sicurezza e la salute di questi nuovi lavori, cioè per tradurre in azioni concrete le competenze regionali in materia di tutela della salute e di formazione per quei settori che negli ultimi anni hanno visto una vera e propria espansione sia economica che occupazionale, alimentata, negli ultimi 12 mesi, anche dalle restrizioni dovute alla pandemia – continua Mazzeo – penso non solo ai fattorini che lavorano per Amazon, ma anche ai riders che ci portano il cibo a casa a ogni ora del giorno e della notte. Si tratta di lavori diversi ma che in comune hanno la caratteristica di essere governati da una entità non umana e di avvenire in un non-luogo specifico. Il loro “ufficio” o “fabbrica” è la strada, il loro “capo” è un algoritmo”. Ed è qui, il verso snodo della questione: ciò che emerge è la necessità di soluzioni “non tradioznali”, di fornte a peroblemi “non tradizionali”.
“L’algoritmo chiede ad esempio ai fattorini Amazon consegne nel minor tempo possibile, perché la velocità di consegna è un bene che il consumatore è disposto a pagare e così calcola il tragitto più breve – continua Mazzeo – non tiene però conto che in strada non ci sono altri algoritmi, ma esseri umani, e che se la velocità diventa un elemento “qualificante” del servizio può aumentare di pari passo anche l’insicurezza di chi è chiamato a garantirla. Nella stessa maniera l’algoritmo, quando piove, vede aumentare le richieste di consegne di pranzi e cene in ufficio o a casa dai clienti delle piattaforme di delivery e questo spinge i riders a dover effettuare più consegne e ad essere sempre più veloci. Ma quando piove, andare sempre più veloci per strada su una bicicletta, significa aumentare sempre di più il rischio per la propria salute e per quella degli altri. E questa, purtroppo, non è soltanto teoria. Qualche settimana fa, a Montecatini, un rider è morto proprio a causa di un incidente e la magistratura di Milano ha aperto una grande inchiesta sui riders proprio partendo dai sempre più numerosi incidenti stradali, alcuni anche mortali”.
Ma la politica, intanto, cosa fa? “Stiamo lavorando a una legge che fissi alcuni obiettivi per la sicurezza e che affidi alle Asl, attraverso i loro dipartimenti per la salute e la sicurezza sul lavoro, i relativi controlli – dice Mazzeo – ad esempio servirà prevedere tempi di consegna che non mettano a rischio la sicurezza e la salute dei lavoratori, in particolare quando le condizioni atmosferiche sono avverse. Così come è indispensabile che ci sia un obbligo formativo a carico delle aziende per impedire che i lavoratori possano correre rischi sulla strada a causa della scarsa conoscenza delle regole del codice della strada e delle regole sulla sicurezza sui luoghi di lavoro e nel lavoro, a cominciare dall’uso dei dispositivi di sicurezza che devono essere forniti in maniera gratuita e continua ai lavoratori. E sarà infine necessario che le aziende facciano visite mediche preventive e che i lavoratori abbiano un proprio rappresentante per la sicurezza che si confronti con l’azienda per migliorare le misure e le pratiche a tutela della salute”.
La Toscana almeno potrebbe essere un territorio dove “queste e altre situazioni vengono disicplinate, proprio perché riteniamo che non ci possano né debbano essere confini nel godimento dei diritti fondamentali dettati dalla nostra Costituzione. E se davvero vogliamo che il diritto alla salute e alla sicurezza sia universale e appartenga a tutti, indipendentemente dal lavoro che fanno, questa è una battaglia che non può più attendere di essere fatta”.