Pisa si è arricchita di un nuovo capolavoro di Artemisia

Pisa – Pisa si è arricchita di un nuovo capolavoro di Artemisia Lomi Gentileschi. Il quadro, dipinto dalla grande artista a Napoli tra il 1636 e il 1637, è stato presentato oggi al Museo del Palazzo Blu che lo accoglie tra le sue preziose collezioni.

L’opera era stata acquisita la primavera scorsa dalla Fondazione Pisa da un collezionista privato scongiurando così il pericolo che fosse venduta all’estero. « La Fondazione è da sempre impegnata a far si’  che Pisa possa offrire in mostra opere d’arte e testimonianze di valore culturale e storico riguardanti la sua città…in questo scenario l’ultima opportunità che si è presentata ci ha permesso d acquisire un quadro di grande valore, riconosciuto come uno dei dipinti di Artemisia Lomi Gentileschi, da lei stessa descritto e destinato ai Cardinali Barberini.. » ha dichiarato il suo presidente Stefano del Corso nel presentare alla stampa la nuova acquisizione che prima di essere esposta è « stata sottoposta ad un attento restauro .. che ha permesso di recuperare l’opera nel suo stato originario ».

« E’ un dipinto importante nella carriera di Artemisia che ci svela un’artista da quella descritta come arrabbiata e vendicativa. In Cristo e a Samaritana troviamo invece una grande pittrice che illustra con profondità ed emozione la parabola Giovannea e dell’affetto del Cristo per la peccatrice di Samaria », ci ha dichiarato il prof. Francesco Solinas, del Collège de France,  che cura anche la pubblicazione che accompagna la presentazione del dipinto.

Per Solinas, grande esperto di Artemisia di cui ha anche curato un importante carteggio, il quadro ora entrato nel Museo del Palazzo Blu « è uno dei capolavori della pittrice ».  Solinas ci ha poi espresso grande soddisfazione per l’iniziativa della Fondazione che ha così « salvato da un’eventuale vendita sul mercato internazionale » e insistito sulla necessità che i Beni Culturali acquistino dalle collezioni private capolavori per impedire la dispersione del patrimonio nazionale in giro per il mondo ».

Il Cristo e la Samaritana era stato dipinto dall’artista dalle origini pisane durante il suo periodo napoletano. Come precisa Solinas « era passato nelle raccolte napoletane e siciliane dei principi Ruffo e già prima del 1680 aveva raggiunto a Palermo la collezione del duca di Sperlinga e dei suoi eredi dove è rimasta fino al XX secolo. Particolarmente interessante è il fatto che il dipinto sia stata documentata fin dalla sua creazione: era  stato infatti descritto nei dettagli dalla stessa Artemisia in ben due lettere inviate al suo grande protettore alla corte di Roma il cavalier Cassiano del Pozzo nel 1637 affinché le offrisse ai nipoti del papa Urbano VIII, Francesco e Antonio Barberini che però non lo acquisirono. La tela fu poi probabilmente venduta dall’artista al suo ritorno da Londra nel 1641.

La vasta tela (cm 261×203) era stata poi identificata nel 2004 dallo storico dell’arte Luciano Arcangeli e poi esposta alla mostra monografica dell’artista a Milano nel 2011. «Capolavoro della maturità dell’artista » la Samaritana mostra, rileva Solinas, « particolari sorprendenti, come la firma autografa dell’artista ». Secondo lo studioso nel quadro « l’ardente resa della parabola di Giovanni riporta inevitabilmente all’interna religiosità della Riforma cattolica, a quella devotio moderna basata sullo straordinario realismo imposto in pittura da Caravaggio qualche decennio prima ».

Artemisia, per anni più nota come vittima di stupro che l’aveva resa un’icona femminista e oscurata, come pittrice, dalla grande fama di suo padre, Orazio Gentileschi, sta via via acquisendo negli anni la statura di una grande artista grazie a importanti mostre e studi sempre più approfonditi e documentati sulla sua arte, la sua carriera e la sua forte personalità.

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