Anghiari “città della donna”: in mostra opere di grandi maestri

 Anghiari – Il borgo medievale toscano celebre per la battaglia campale nel Quattrocento tra fiorentini e milanesi dipinta da Leonardo (e quest’anno indicato dalla Cnn tra le più belle località da visitare in Europa, diventa ora città della Donna.

Lo fa con una ricca esposizione, che, da oggi al prossimo 8 marzo, popolerà quattro prestigiosi spazi del suo centro storico di decine di opere raffiguranti l’immagine femminile dal Rinascimento ad oggi, tra mito, rappresentazioni bibliche, evangeliche e molto altro ancora.

In Storie di Donne, questo il titolo della mostra, dipinti, disegni e sculture, disseminati tra Museo della Battaglia e di Anghiari, Museo di Palazzo Taglieschi, Chiesa di Sant’Agostino e Palazzo Pretorio sintetizzano di fatto cinque secoli di cultura occidentale attraverso le rappresentazioni iconografiche di Eva, Maria, Maria Maddalena, Santa Caterina, e ancora Leda, Medea, Penelope (solo per citarne alcune), realizzate da grandi maestri quali Michelangelo, Dürer, Jacopo della Quercia, Giovanni dal Ponte, Goya, Manet; fino ad arrivare al recupero, tutto contemporaneo, di forme figurative più arcaiche della femminilità portato avanti dallo scultore romagnolo Ilario Fioravanti.

Il risultato è un esaustivo racconto per immagini a cavallo fra storiografia, leggenda, allegorie, simbolismi, spiritualità.

Realizzata dal Comune insieme al Museo della Battaglia e di Anghiari con la curatela dagli storici dell’arte Benedetta Spadaccini (dottore aggregato e assistente curatore Disegni e Stampe presso la Veneranda Biblioteca Ambrosiana) e Gabriele Mazzi (direttore del Museo della Battaglia e di Anghiari), l’esposizione nasce – non a caso – dall’idea di due donne: Alberica Barbolani da Montauto e Ilaria Lorenzini, rispettivamente assessore alla cultura ed al turismo della città toscana.

Il Museo della Battaglia e di Anghiari presenta 18 opere, tra le quali preziosi lavori di grafica, come la creazione di Eva di Michael Wohlgemuth (Norimberga 1434-1519) e il prezioso foglio con Adamo ed Eva di Albrecht Dürer (Norimberga 1471 – 1528). Fanno parte del percorso le celebri Hasta la muerte di Francisco de Goya (Fuendetodos, 1746-Bourdeaux, 1828), l’Olympia di Èduard Manet (Parigi, 1832-1883), la Penelope di Max Klinger (Lipsia, 1857-Grossjena, 1920), ed anche il raro foglio contenente Leda e il cigno in un paesaggio, disegno cinquecentesco che riproduce la perduta opera omonima di Michelangelo Buonarroti. Vi è poi una piccola tavola rappresentante il Matrimonio Mistico di Santa Caterina, considerata copia del famoso soggetto di Correggio; la Maddalena penitente, a lungo ascritta alla maniera di Cristofano Allori, che oggi, finalmente, trova la sua reale attribuzione a Francesco Morosini sulla base di un brillante studio. Questo dipinto, oggetto di un recente restauro sostenuto da SALPA tramite Fondazione Lions e la sezione Lions della Valtiberina, rappresenta una vera scoperta dopo la ripulitura dalle vernici che ne offuscavano il segno e che celavano in parte la firma dell’autore.

Nel Museo di Palazzo Taglieschi l’attenzione si concentra su tre rappresentazioni della Vergine particolarmente significative: la ieratica Madonna di Giovanni dal Ponte, appena restituita ad Anghiari (grazie ad un accordo fra la Direzione regionale Musei per la Toscana e la Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, dopo essere rimasta per svariati anni al Museo Medievale e Moderno di Arezzo), l’iconica Madonna con Bambino di Jacopo della Quercia e la commovente, dolcissima Vergine attribuita a Benedetto Buglioni che accarezza con le mani e con lo sguardo il Bambino. Si va dunque dagli albori del Rinascimento dei primi due autori, tra loro contemporanei ma distanti per gusto e formazione, all’arte di un Rinascimento più tardo e maturo canonizzato nell’eleganza dello stile delle Robbiane adottato da Buglioni. 

Nella chiesa di Sant’Agostino e in Palazzo Pretorio si sviluppa infine un itinerario tra contemporaneità e ricerca delle origini con le sculture di Ilario Fioravanti (Cesena, 1922 – Savignano sul Rubicone, 2012): grandi terrecotte che trasmettono l’arcaica potenza espressiva e spirituale della femminilità modellata nelle sue forme più basiche e primitive.

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