Firenze – Ieri il Rapporto annuale Inps, illustrato alla Camera e alla presenza del presidente Mattarella, da Pasquale Tridico, presidente dell’istituto previdenziale, scioccava il Paese con i numeri del lavoro povero (quasi un lavoratore su tre guadagna meno di mille euro al mese, conteggiando anche i part time) oggi la Toscana scopre che la piaga del lavoro povero è rigogliosa anche in regione: 596mila sono i lavoratori poveri toscani, per lo più annidati fra domestici e lavoratori agricoli.
I dati e l’allarme emergono dal focus realizzato sul tema specifico da Ires Toscana, relazione a cura della ricercatrice Sandra Burchi, con elaborazioni statistiche a cura del ricercatore Roberto Errico. “Quando lavorare non basta” è il titolo della ricerca su lavoro povero e questione dei bassi salari in Toscana. Dal focus emerge inoltre che, come spiega il presidente di Ires Toscana Gianfranco Francese, “aumentano le incognite sulle prospettive di sviluppo della nostra regione poiché redditi e consumi bassi hanno un effetto depressivo sulla domanda interna”.
Intanto, a stabilire chi rientra nella condizione di “lavoratore povero” è l’Europa, e la definizione fotografa un lavoratore, secondo l’indicatore adottato dall’Unione Europea, che è considerato in-work poor (Iwp) se dichiara di essere stato occupato per un certo numero di mesi (solitamente sette) nell’anno di riferimento e se vive in un nucleo familiare che gode di un reddito sui 15mila euro annui, cioè il reddito equivalente disponibile inferiore alla soglia di povertà stabilita, solitamente il 60% del reddito mediano nazionale. In Italia, il lavoratore povero percepisce un reddito lordo da lavoro, secondo l’indicatore europeo, sotto i 12mla euro. Nel 2019, ne nostro Paese, l’11,8% dei lavoratori era povero, mentre la media europea era del 9,2%.
Non solo il reddito, nel concettto di lavoratore povero entra con forza anche il genere e l’età. Le donne sono più esposte al rischio di essere povere in termini di reddito da lavoro che al rischio di povertà da lavoro; gli uomini affrontano la situazione opposta. Il rischio di povertà delle donne è più probabilmente associato alle caratteristiche individuali dell’occupazione e dei redditi; al contrario, il rischio di povertà degli uomini è più spesso associato alle caratteristiche della famiglia. La questione è anche generazionale: in tutta Italia i giovani lavoratori sotto i 35 anni guadagnano meno dei loro predecessori. E sono proprio i più giovani (in una fase della vita di potenziale uscita dalla famiglia e accesso alla vita adulta) quelli che percepiscono redditi più bassi, spesso in condizioni di precarietà. Dei 2,9 milioni di lavoratori poveri stimati dall’ultimo rapporto Censis il 35% sono nella classe d’età 15-29.
Calando il quadro in Toscana, si osserva come l’area del disagio si allarga. Basandosi sui dati Inps, emerge che, a fronte della definizione di working poor come lavoratori con redditi lordi da lavoro non superiore a 12 mila euro annui, in Toscana ci sono 525.123 lavoratori dipendenti che hanno un reddito medio lordo annuo di 7.257 (reddito totale annuo 3.811 milioni di euro), e 71.462 autonomi/Partite Iva che hanno un reddito medio lordo annuo di 3.225 euro. In tutto tra dipendenti e autonomi in Toscana siamo di fronte a 596.585 lavoratori che hanno un reddito medio lordo annuo di 6.774 euro (reddito totale 4.041 milioni di euro), pari al 37,08% del totale dei contribuenti della regione (esclusi i pensionati e al netto del numero degli studenti lavoratori stagionali, dei lavoratori dipendenti e indipendenti assunti nell’ultimo trimestre dell’anno e degli effetti dei pensionamenti del primo trimestre dell’anno).
I lavoratori che, pur lavorando, sono più a rischio povertà, riparametrando la distanza del reddito medio dalla soglia “In work poverty” Italia 2020, sono domestici (71.975 addetti, 40 settimana lavorate di media in un anno, 7.295 euro di reddito medio annuo) e operai agricoli (48.845 addetti, 23 settimane lavorate di media in un anno, 10.718 euro di reddito medio annuo), definiti figure a rischio “molto alto” .
Le figure a rischio “alto” sono gli autonomi agricoli (26.038 addetti, 51,1 settimane lavorate di media in un anno, 12.212 euro di reddito medio annuo).
A “rischio “medio” sono i collaboratori delle gestioni separate (8.394 addetti, 29,9 settimane lavorate di media in un anno, 13.666 euro di reddito medio annuo).
A rischio “basso” ci sono i dipendenti privati (20.143 euro di reddito medio annuo) e altri collaboratori delle gestioni separate (15.339 euro di reddito medio annuo).
A rischio “molto basso” ecco i professionisti della gestione separata (15.795 euro di reddito medio annuo), commercianti (20.296 euro di reddito medio annuo) e artigiani (19.899 euro di reddito medio annuo).
A rischio “nullo” amministratori (gestioni separate) con un reddito medio annuo di 45.978 euro e dipendenti pubblici con un reddito medio annuo di 32.869 euro.
Spiega Burchi: “A livello individuale il rischio di basse retribuzioni è particolarmente elevato per i lavoratori occupati presenti in settori a bassa qualificazione (lavoro agricolo e lavoro domestico), probabilmente attivi solo pochi mesi all’anno e per i lavoratori e lavoratrici iscritti alla gestione separata Inps. Una così alta percentuali di contribuenti con un reddito medio lordo inferiore ai 12mila euro è significativa di una frammentazione del lavoro e di una de-standardizzazione non solo nel lavoro autonomo ma anche del lavoro dipendente”.
Prende atto della situaizone emersa dallo studio Dalida Angelini (segretaria generale Cgil Toscana), che dice: “Questo studio evidenzia che ci sono tanti lavoratori e lavoratrici che – in base ai loro redditi – in Toscana sfiorano o superano la soglia della povertà. Tra questi, tanti sono giovani, tante sono donne, impiegate magari anche in settori che vanno bene come il turismo ma che non puntano sul lavoro di qualità. E’ una situazione grave che interroga tutti perché servono risposte concrete al mondo del lavoro, altrimenti a settembre la situazione sociale rischia di esplodere. Il primo passo da compiere è rafforzare la lotta alla precarietà, contro tutte quelle leggi che l’hanno aumentata; e poi bisogna aumentare i salari, attraverso i Contratti nazionali e un uso più equo della leva fiscale. La Toscana può fare qualcosa, deve decidere dove vuole andare, che tipo di lavoro vuole, quali politiche industriali promuovere, ricordando che oltre a moda e turismo c’è un manifatturiero da rafforzare”.
Il Presidente Ires Toscana Gianfranco Francese pone l’accento anche su un altro aspetto, molto inquietante, vale a dire, la tendenza ormai confermata dei salari bassi, e il loro peso depressivo sulla domanda interna. “Nello studio abbiamo voluto incrociare le banche dati sui redditi, per vedere la soglia di povertà riferita sia al reddito famigliare che individuale, visto che i nuclei famigliari di single aumentano. Non siamo di fronte a una emergenza salariale perché purtroppo ormai sui salari bassi è una tendenza affermata, l’emergenza è piuttosto sociale e ciò aumenta le incognite sulle prospettive di sviluppo della nostra regione, poiché redditi e consumi bassi hanno un effetto depressivo sulla domanda interna, nel quadro di una situazione economica complessiva già difficile”.
Per saperne di più: https://www.stamptoscana.it/working-poor-se-la-mensa-costa-troppo/; https://www.stamptoscana.it/pensioni-e-poverta-nel-2050-lesplosione-sociale-dei-millenials/; https://www.stamptoscana.it/casa-canoni-bollette-e-crisi-del-lavoro-divorano-i-redditi-15mila-famiglie-a-rischio/;