Alla Biennale “On Fire”, il fuoco nell’arte di sei grandi del Novecento

Firenze – Promossa da Tornabuoni Art e Fondazione Cini, si apre il 22 aprile 2022 a Venezia, una mostra dedicata alle opere di un gruppo di artisti che nel secolo breve hanno utilizzato il fuoco per le loro creazioni.

L’Isola di San Giorgio Maggiore, situata davanti a piazza San Marco, ospita “On Fire”, un’esposizione curata da Bruno Corà, e aperta fino al 24 luglio. Riunite insieme per la prima volta, ventisei opere di sei giganti dell’arte che hanno fatto del fuoco il medium primario. Sono Yves Klein, Alberto Burri, Arman, Jannis Kounellis, Pier Paolo Calzolari e Claudio Parmiggiani. Le opere presenti a “On Fire” provengono da prestiti di importanti collezioni internazionali e da collaborazioni con fondazioni degli artisti. Alcuni capolavori sono particolarmente interessanti perché inediti o scarsamente presentati in esposizioni.

Elemento iconico per eccellenza, conquista primordiale, la sua storia segue contemporaneamente il percorso evoluzionistico degli umani, dio delle lunghe notti del paleolitico, materia di grande fascino durante i secoli e sostanza che ha interessato profondamente le avanguardie del secondo dopoguerra, tanto da elevarlo a medium per le loro sperimentazioni artistiche o come componente, fiamma viva, per le performance.

Scrive Bruno Corà nel catalogo edito per questa occasione: “In diverso grado e con differenti esigenze, il fuoco ha costituito per ciascuno dei sei artisti scelti per questa mostra, un mezzo col quale portare alla luce impronunciabili dimensioni della sensibilità e dell’immaginario coadiuvandoli a dar forma a processi del pensiero, della memoria e del sentimento del divenire, altrimenti ardui da visualizzare”.

Ogni artista ha utilizzato il fuoco in modalità sorprendentemente diversa e ognuno di loro è stato precursore di un metodo espressivo originale. Per Yves Klein, Alberto Burri e Arman rappresenta uno strumento di combustione di supporti e materiali, invece per Klein, Kounellis e Calzolari il fuoco è usato come protagonista per produrre effetti sensoriali o spettacolari e anche, sempre Calzolari e Parmiggiani producono segni prodotti con il fumo creato da materiali bruciati.

L’introduzione del fuoco come mezzo di espressione artistica, – afferma Michele Casamonti della Tornabuoni Art – nel periodo tra la prima metà degli anni cinquanta e i primissimi anni sessanta, fu certamente una delle innovazioni linguistiche più radicali del XX secolo”.

In Burri la plastica combusta si costituisce in immagine in virtù dei diversi strati posti l’uno sull’altro, recanti diversa luce a seconda della posizione e del grado di umbratilità prodotta dalla bruciatura di ampie zone della superficie trasparente, con un esito spaziale che richiama le formazioni di soluzioni biologiche in vitro o le disgregazioni patologiche di tessuti biologici registrati dalle lastre usate in radiografia.

Klein ha lasciato una traccia indelebile, nell’arte del XX secolo. In un ristretto periodo temporale, solo circa otto gli anni della sua vita si dedica all’attività pubblica della pittura. Per lui il fuoco era un’attrazione, simbolo duale del bene e del male, strumento vitale e distruttivo.

Era il 1964 quando Arman, fu invitato a creare un’opera da esporre all’ingresso del Museo Stedeljik di Amsterdam in occasione della sua mostra. Visitando una discarica con il curatore della mostra videro che  una poltrona stile Luigi XV stava bruciando in cima a della spazzatura. Tornato a Nizza, creò il Fauteuil d’Ulysse con l’aiuto di Martial Raysse.  Da qui iniziò la tecnica di combustione di Arman.

Pier Paolo Calzolari inizia lavorando con materiali dall’origine umile e provenienti dai spazi industriali o naturali. Il fuoco, il legno, i rottami, gli oggetti di uso quotidiano sono gli elementi con cui lavora. Dal 21 al 24 aprile, in occasione della vernice, si terrà la performance Mangiafuoco in cui un vero e proprio performer sputerà fuoco a cadenza oraria, dalle 11 alle 19.

“Il problema del fuoco è un problema particolare. – spiega Jannis Kounellis – Il mio interesse per questo elemento non risiede soltanto nel fuoco come problema, ma anche nei suoi riferimenti con le leggende medievali. Il fuoco nelle leggende medievali si identifica con il castigo e la purificazione”.

Claudio Parmiggiani scopre sui muri della Galleria di Modena della polvere accumulata negli anni, così decide di fare un fuoco con dei pneumatici e delle coperte, sprigionando un fuoco che si deposita sugli oggetti. Le sue “Delocazioni”, così chiama le sue opere, sono spazi vuoti di sensazioni fisiche, dove però sembra di penetrare in un luogo abitato.

L’esposizione è realizzata con il supporto di Mag, Forma Edizioni e Edra.

In foto:

Arman at work. Photo by Shunk Kender.©Roy Liechtenstein Foundation

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