Firenze – Nella suggestiva cornice del Cenacolo della Basilica di Santa Croce si è aperto il Convegno, promosso dal Consiglio regionale della Toscana e realizzato dalla rivista «Testimonianze» in collaborazione con la Fondazione «Ernesto Balducci», il Comune di Firenze, L’Opera di Santa Croce e la Fondazione Finanza etica.
Ernesto Balducci e l’imperativo della Pace: un tema che risuona di particolare attualità in questo nostro tempo dominato dai drammatici scontri in Ucraina e dai tanti altri conflitti che si combattono in molti luoghi della Terra, in quella che papa Francesco definisce “guerra mondiale a pezzi”. Una riflessione su una questione centrale del pensiero di Ernesto Balducci, a cui il Convegno Se vuoi la pace prepara la pace 2022, di cui questa costituisce una prima sessione, è dedicato, a cento anni dalla sua nascita, e distribuito su tre giornate: questo 9 aprile, e poi il 18 e 19 maggio.
Non si è trattato soltanto di una commemorazione, ma del richiamo alla memoria della figura di una grande personalità della spiritualità e della cultura, un «grande toscano» (come ha ricordato nel suo saluto Antonio Mazzeo, presidente del Consiglio regionale della Toscana, Ernesto Balducci è stato inserito fra i Grandi Toscani), che ha saputo coniugare la sua fede e il suo magistero con l’impegno civile e la profonda riflessione sull’uomo.
La serata è stata accompagnata dalla lettura di alcuni testi di Ernesto Balducci – da La sfida delle città, da Quale uomo, e da L’Uomo planetario – interpretati dalla voce espressiva e potente dall’attore e amico di lunga data di «Testimonianze» Paolo Hendel e dai suggestivi ed emozionanti motivi musicali interpretati da Francesca Breschi, anch’essa storica compagna di cammino della Rivista, con la bellezza della sua voce, che è risuonata limpida nella cornice speciale del Cenacolo.
Si sono succeduti i ringraziamenti e i saluti di Cristina Acidini (presidente dell’Opera di Santa Croce), padre Giancarlo Corsini (rettore della Basilica di Santa Croce), Antonio Mazzeo (presidente del Consiglio regionale della Toscana), Alessia Bettini (vicesindaca di Firenze) e Andrea Cecconi (presidente della Fondazione «Ernesto Balducci»), tutti incentrati sul significato della serata nella cornice delle molteplici iniziative che costelleranno l’anno «balducciano», nell’ottica dell’impegno comune di istituzioni, Fondazione e Rivista nella diffusione della conoscenza del pensiero e dell’opera di Ernesto Balducci, soprattutto per le giovani generazioni che non lo conoscono, ma la cui lezione sarebbe per loro preziosa come chiave per interpretare il presente, nonché del ruolo di Firenze e della Toscana nella valorizzazione della cultura dei diritti, della pace e della convivenza democratica.
La Tavola rotonda, è stata introdotta e condotta da Severino Saccardi (direttore di «Testimonianze») e ha visto gli interventi di Enzo Bianchi (fondatore della Comunità di Bose), di Anna Foa (con un intervento registrato vista la sua impossibilità, per motivi di salute, ad essere presente) e di Sumaya Abdel Qader (antropologa e scrittrice).
Severino Saccardi parte da una suggestione, quella del funerale itinerante di Ernesto Balducci, dalla Badia, al Duomo di Firenze, al cimitero di Santa Fiora, sua terra natale, nello scenario di una primavera in fiore, dove riposa fra i minatori, i martiri di Niccioleta. Sulla sua tomba è scritto “Gli uomini del futuro o sono uomini di pace o non saranno”. E da Firenze, città della pace, siamo a parlare di guerra, quella che ha colpito l’Ucraina con l’invasione da parte della Russia, le terribili distruzioni e i massacri di civili, e l’incredulità di tutti noi, non preparati a questa disgrazia che colpisce non solo gli ucraini, colpisce tutti. Balducci, indicava la pace come valore supremo, ma non una pace per la pace, ma la pace basata sulla giustizia. E poi la necessità che le religioni si incontrino non sulle differenze, ma sulla solidarietà e nel segno della fraternità.
Enzo Bianchi ringrazia per l’invito, che ha accettato con gioia perché per lui Balducci resta il maestro e l’amico. Un’amicizia nata quando Balducci si recò nella Comunità di Bose, all’epoca ai suoi inizi, e vi riconobbe uno spirito comune e sulla quale scrisse delle splendide pagine. Bianchi ringrazia anche per aver avuto la fortuna di appartenere ad un gruppo di uomini di chiesa straordinari, che marcarono un’epoca: da padre Balducci a padre David Maria Turoldo, da Raniero La Valle a don Lorenzo Milani, con i quali ha intrattenuto nel tempo fecondi contatti. Ma con Balducci ha sentito una vicinanza maggiore, dovuta ad una sensibilità comune, ecclesiale, di dialogo sul mondo e di diffidenza verso il clericalismo. Una condivisione che si basava anche sull’umanità e la autenticità che si dispiegavano nella convivialità.
Molto significative, nel pensiero di Balducci, la sua riflessione sulla Chiesa e, dopo il Concilio Vaticano II, l’allargamento degli orizzonti da questa all’intera umanità. L’idea dell’uomo planetario come profezia positiva, dopo la caduta degli steccati che hanno caratterizzato il secolo scorso, nel riconoscimento dei valori universali scaturiti dalla Rivoluzione francese, alla testa dei quali va messa la fraternità. E poi la riflessione sul pensiero che la guerra è sempre ingiusta, è “irragionevole”, con una posizione netta a favore della pace, con la necessità di mettersi dalla parte delle vittime, avendo sempre come punto di riferimento l’uomo, nella prospettiva del riconoscimento della diversità come arricchimento, perché l’alternativa è il drammatico scontro di civiltà.
Anna Foa lascia il suo contributo nella conversazione realizzata con Severino Saccardi e proiettata in video. Il tema da lei affrontato è quello della guerra, dell’aggressione ingiustificabile della Russia all’Ucraina. Foa, studiosa del mondo ebraico, parla di cosa può caratterizzare i “giusti” dei nostri giorni tormentati e li identifica con coloro che si prendono la responsabilità di fare delle scelte, non automaticamente giusti, ma responsabilmente giusti nel riconoscere, ad esempio, la Russia come aggressore e l’Ucraina come paese aggredito, che necessariamente deve rispondere all’aggressione con la resistenza e l’uso delle armi. Occorre, come ricorda Saccardi, l’appello contro la guerra per una pace nella giustizia. Foa ricorda che non c’è soltanto l’Ucraina, ci stiamo dimenticando di tante altre guerre che affliggono ad esempio la Siria, l’Afghanistan, tanto per fare degli esempi. Non possiamo accettare il pacifismo di coloro che si dichiarano tali perché non sono disposti a rinunciare a niente del proprio modo di vivere. Ricorda il ruolo delle donne partigiane e quello delle donne nell’opposizione in Afghanistan, ma anche in Russia, dove il dissenso si paga caro.
Sumaya Abdel Qader ringrazia dell’invito, che le ha dato l’opportunità di poter approfondire la figura di Ernesto Balducci, nel quale ha visto una grandissima ispirazione trovata nella ricerca della fedeltà ad un messaggio originario in un contesto sfidante. Voce attiva, quella di Balducci, che nel concetto di Uomo planetario indica la condizione di esseri umani prima che di appartenenti ad una religione. Il tema della diversità Sumaya lo ha vissuto nella propria famiglia di giordani palestinesi giunti 50 anni fa in Italia e nel suo rendersi conto fin da bambina dell’essere considerata diversa. La coscienza di una diversità che implica lo scontro, nel momento che ognuno, sulla base di una reciproca non conoscenza, ribadisce la propria verità. Ma questo implica la difficoltà dell’ascolto, del rispetto della diversità intesa come ricchezza, unica via per riconoscere la strada della mediazione e del compromesso, sempre in bilico, sempre al confine e che implica un duro lavoro di mediazione nel rispetto dell’altro. Occorre uscire dalla propria zona di sicurezza, porsi domande scomode, per riflettere sulla cultura della pace e dell’incontro. Non si costruisce la cultura della pace quando restiamo a casa comodi, perché non si supera la paura dei diversi da noi se restiamo fra uguali. Non si coltiva la cultura della pace se ci poniamo come civilizzatori, se vogliamo esportare la democrazia sentendoci superiori e restando nella incoerenza strategica. Non aver costruito una cultura coerente impedisce la costruzione di percorsi di riconoscimento reciproco. Occorre farsi domande su concetti come uguaglianza, democrazia, e chiedersi perché ad esempio, a Firenze ancora non si è riusciti a costruire uno spazio dignitoso per la comunità musulmana. Conclude con una frase di Balducci: “Siate ragionevoli, chiedete l’impossibile”.
Severino Saccardi conclude l’incontro, che ha visto la presenza di 170 persone, un pubblico attento e interessato, ringraziando tutti i presenti, i relatori, le istituzioni e l’Opera di Santa Croce per l’ospitalità e ricorda che gli incontri di “Testimonianze” sono sempre stati caratterizzati da una riflessione plurale e che, come diceva Balducci nel suo La lunga marcia dei diritti umani, la diversità è il culmine dei principi universali da far valere al di là delle diversificazioni politiche per coltivare il dialogo nella prospettiva dell’unità degli esseri umani.
Foto: Ernesto Balducci