Maqam a Cango: la meravigliosa potenza del canto tradizionale arabo

Firenze – Una performance ricca di significati, emozioni, aperture a tradizioni culturali e artistiche restate troppo a lungo ai margini perché etichettate come folclore etnico, ha aperto a Cango – Cantieri Goldonetta Firenze il festival “La democrazia del corpo” .

Maqam, ultima creazione del coreografo campano Michele Di Stefano è un concerto-coreografia che si ispira allo straordinario sistema melodico e tecnica di improvvisazione tipico della musica araba che dà il titolo alla performance. Il lavoro esplora dunque la relazione fra danza, canto e musica che nasce dal vivo alla ricerca di un punto di equilibrio, senza il quale “tutto naufraga” (Di Stefano).

Nulla è naufragato sulla pedana del Cango dove sette danzatori hanno interagito con i due musicisti, il compositore di musica elettronica Lorenzo Bianchi Hoesch e il musicista e cantante americano di origini irachene Amir ElSaffar, esponente del jazz contemporaneo e profondo conoscitore del maqam iracheno che interpreta  con il canto, la tromba e il santur, tradizionale strumento mediorientale a corde percosse.

L’equilibrio si basa dunque su tre diverse espressioni artistiche: la melodia di Amir, la scomposizione e ricomposizione elettronica delle cellule musicali oeprata da Bianchi Hoesch e i gesti e i movimenti della coreografia di Di Stefano. Un equilibrio che non nasce da una partitura musicale e uno schema coreografico, ma sorge spontaneamente dall’improvvisazione “assistita” grazie a un vocabolario comune creato dai musicisti e dal relativo concetto guida del coreografo.

A stabilizzare l’equilibrio, e a farne la chiave del successo della creazione artistica, è anche l’allestimento scenico basato sulla nebbia artificiale, nella quale i corpi dei danzatori si materializzano o scompaiono come forme astratte, e sull’effetto delle luci colorate di rosso o grigio, che creano le atmosfere rarefatte sottolineate dai suoni che elettronici che raggiungono le più profonde tonalità di basso, fino a trasformarsi nello sconvolgente avvicinarsi del rotore di un  elicottero.

Certo, nell’interazione con la forza del canto arabo e con il potente suono elettronico, i danzatori sembrano delle realtà eteree in preda alla furia degli elementi. E, tuttavia, essi riescono gradualmente a imporre la loro umanità, grazie alla inesauribile ricerca della luce e all’energia che sprigiona la loro attrazione a unirsi, a condividere la sostanza della loro vitalità. L’opera comincia con un solo danzatore in scena, quasi in preda allo scoramento e si chiude con “ruedas”, girotondi  che si oppongono a energie che solo fisicamente sono più forti di loro.

In arabo Maqam significa luogo, stazione,  tappa. Non è un capolinea, però, ma un punto di passaggio, un “attraverso” come dice Di Stefano per il quale “il continuum” non esiste. Esistono solo spazi di precarietà, luoghi che ci sono solo per essere abbandonati.

Lo spettacolo, che ha debuttato in prima assoluta al Festival Aperto di Reggio Emilia nell’ottobre 2021, ed è stato presentato a Milano, Bolzano e a Rimini, grazie alle sue caratteristiche si è arricchito e ha trovato di tappa in tappa una sempre maggiore consapevolezza.

Gli interreti: Biagio Caravano, Andrea Dionisi, Sebastiano Geronimo, Luciano Ariel Lanza, Laura Scarpini, Francesco Saverio Cavaliere, Francesca Ugolini

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