Firenze – La triste esperienza del confino riassunta da Carlo Levi nelle pagine di Cristo si è fermato a Eboli. L’intellettuale e pittore antifascista Levi ha impresso quei momenti duri, a memoria futura, mentre si trovava a Firenze a un anno dalla fine del secondo conflitto mondiale.
Non solo un’opera letteraria per l’orrore vissuto. Le sue pitture raccontano, al pari dei suoi scritti, quel periodo desolante e triste.
Una mostra “Carlo Levi a Firenze. Un anno di vita sotterranea” a Firenze, nel Palazzo Medici Riccardi, visibile fino al 19 marzo 2023, presenta, in circa in 34 opere, dei disegni e una riproduzione del celebre telero Lucania ’61, tutta la drammaticità del suo vissuto e delle devastazioni della guerra. Le opere degli anni 1935-36 segnano il tempo del confino ad Aliano, seguono i ritratti delle sue donne, come quelli di Paola Levi Olivetti, l’amata per la quale Levi si traferì a Firenze desistendo dal suo espatrio in America, poi della madre, e dei suoi amici, antifascisti e intellettuali, protagonisti di quel periodo. Nel confino fiorentino ritrae lo scultore Edoardo Alfieri, il pittore Giovanni Colacicchi, il poeta Eugenio Montale, gli scrittori Roberto Bazlen e Manlio Cancogni, lo scrittore psichiatra Mario Tobino, e Leone Ginzburg ucciso dai nazifascisti nell’estate del ‘44. E poi i paesaggi arrossati dal fuoco delle bombe che fanno da sfondo a resti di animali e cadaveri umani.
“Nel 2022 ricorrevano i 120 anni dalla nascita di Carlo Levi, una figura importante del mondo della cultura, dell’arte e dell’antifascismo italiano… – dichiara Pino Mantovani, curatore della mostra – È molto importante che questo anno leviano si concluda raccogliendo i risultati delle nuove indagini… Dove questo poteva avvenire meglio che a Firenze? Che fu carissima a Levi, e fondamentale nella sua vicenda….
In questa occasione sono in mostra due dei tre quadri, da una collezione privata, realizzati da Levi per l’amico scrittore Giuseppe Brancale, spentosi a Firenze nel 1979 autore del romanzo Echi nella valle del 1973. Dopo la guerra, durante i suoi viaggi nell’Italia del sud, Levi lavora a pitture in chiave neorealista dove sono evidenti la miseria e le lotte dei contadini, donne e uomini sfiniti dalla fatica, i bambini distrutti dalle malattie e dalla fame. I suoi lavori denunciano la situazione in cui versa il meridione stimolando una lotta per le ingiustizie e la crudele realtà in cui tante persone sono costrette a vivere.
In mostra anche una riproduzione del celeberrimo telero Lucania ’61 (foto), commissionata da Mario Soldati per presentare la Basilicata nel Padiglione della mostra delle Regioni a Torino nell’anniversario del Centenario dell’Unità d’Italia, conservato presso il Museo Nazionale di Matera. Nell’opera è evidente il tema dell’esilio, condiviso con il popolo di emigranti che lascia la propria casa per trasferirsi lontano.
Valentina Zucchi, curatrice del Museo di Palazzo Medici Riccardi , afferma: “I temi dell’esilio, del confino e del naufragio tessono il racconto visivo di questa mostra: una ricca scelta di dipinti che non solo ricorda l’intenso legame tra Carlo Levi e la città di Firenze ma ci invita a riflettere su valori, fragilità e sfide dell’umanità tuttora profondamente attuali”.
La mostra dedicata a Carlo Levi, nato a Torino nel 1902 e morto a Roma nel 1975 è curata da Pino Mantovani, promossa da Città Metropolitana di Firenze con il patrocinio di Regione Toscana, Comune di Firenze e Città di Torino, organizzata dalla Fondazione Giorgio Amendola in collaborazione con la Fondazione Carlo Levi, il centro Unesco e l’Associazione MUS.E.