Firenze – Emergenza casa a Firenze e in Toscana, ieri pomeriggio è stato fatto il punto all’SMS di Rifredi, con il sindaco Dario Nardella, il “collega” di Bologna Matteo Lepore, l’assessore regionale al sociale Serena Spinelli, la segretaria del Sunia Laura Grandi. Fra glii nterventi, quello del presidente di quartiere 4 Mirko Dormentoni, e di Goria Moretti, studente universitaria della Presenti l’assessore alla casa del comune di Firenze Benedetta Albanese,l’assessore al welfare Sara Funaro, Giancarla Casini Cgil . Moderatore dell’incontro, l’assessore all’ambiente del Comune di Firenze Andrea Giorgio, coordinatore del Pd. Fra le persone che hanno partecipato all’incontro, da sottolineare la presenza di Grazia Galli e Massimo Lensi, di Progetto Firenze, associazione che da tempo sta portando avanti un’interlocuzione molto stringente con i vertici degli enti locali in particolare per quanto riguarda gli affitti brevi turistici, autrice di una proposta di regolamentazione insieme al Sunia.
Sono stati i numeri, con cui è partito l’incontro, snocciolati dalla segretaria del Sunia Grandi, a dare la dimensione dell’emergenza. Numeri ripetuti in varie occasioni, ma sempre impressionanti: “A metà anno corrente, è ormai evidente che la casa è diventata un elemento che dà una spnta forte verso la povertà alle famiglie, ai lavoratori, ai pensionati – dice Laura Grandi – mai come in questo momento la casa è diventata un’acceleratore di povertà e un elemento di esclusione dalla società. Emergenza casa significa famiglie, persone, sofferenza reale, disperazione reale. E questi sono i numeri: in Toscana si parla di 200mila famiglie in disagio abitativo. “Disagio abitativo” significa non solo sfratti, ma identifica quelle famiglie che non riescono ad arrivare a fine mese a causa dei costi dell’abitare e che quindi impegnano più del 50% del proprio reddito nelle spese dell’abitare, dal canone d’affitto, al mutuo, ecc. In Toscana abbiamo 5mila sfratti pendenti nei tribunali, dunque 5mila famiglie che hanno una convalida di esecuzione quindi devono andare via di casa, 15mila famiglie che hanno fatto domanda per il contributo affitto, altrettante che hanno fatto domanda di casa popolare e che soltanto per il 4% vedranno soddisfatta la loro richiesta, come da dati dell’Osservatorio regionale sulle politiche abitative”. La Toscana, pinea di città d’arte e di turismo, vede in tutte le sue città il verificarsi della tempesta perfetta: affitti altissimi, alloggi a costi molto alti, non dimenticando che fra il dicmbre 2022 e gennaio 2023, nella nostra regione e soprattutto a Firenze, è raddoppiato il numero delle aste giudiziarie. A Firenze, nel mese di gennaio ci sono stati 193 procedimenti di esecuzione immobiiare e l’80% di questi erano alloggiprime cse pignorate. Famiglie e persone che hanno perso la loro abitaizone”.
Nell’emergenza, Firenze è il tasto più dolente. “Firenze è una città per ricchi, se non si gode di un benessere elevato, a Firenze non ci si vive. Chi può comprarsi casa, è veramente sopra la media come fascia di ricchezza. Gli affitti non si trovano neppure avendo le possibilità finaizarie. Il disagio abitativo a Firenze tovva le ventimila famiglie. Gli sfratti sono la metà del territorio regionale, 2500 sfratti pendenti nei tribunli fiorentini. Il tribnale di Firenze emette 50 sfratti al mese. 2.500 sono le prsone in attesa di casa popolare a Firenze, la percenutale di assegnazione è del 6%. Le tremila famiglie che avevano il contributo affitto, in Toscana, e che ora con la mossa del governo che ha azzerato di fatto il fondo, sono senza aiuto, come finiranno? Abbiamo calcolato che il 30% di loro andranno a ingrossare le fila degli sfrattati”. La novità, rispetto a otto anni fa, è che il problema degli sfratti allora si riversava sulle persone in difficoltà sociale, mentre ora sono le persone “normali”, i lavoratori poveri a essere a centro del ciclone. “La mazzata finale – conclude Grandi – sono stati gli affitti brevi turistici. Abbimao apprezzato la misura del sindaco di bloccare gli affitti brevi. Erano dieci anni che il Sunia lo preannunciava. Non è stato fatto nulla, tanto più a livello nazionale. Il passo giusto è rimettere al centro la casa, le diffictà delle famiglie e questo si sta facendo. Un passo gusto dietro i quali tuttavia ne vanno messi molti altri”.
Da parte del sindaco Dario Nardella, l’accento è posto su due punti: l’urgenza e la necessità di “rimboccarsi le maniche”, che ha sentito il Comune di fronte a una siutaizone gravissima. “Emergenza casa, non è un semplice slogan, è il Paese reale – dice Nardella – siamo di fronte a un coktail terribile di fattori, a cominciare dall’inflazione, l’aumento dei tassi di interesse che rendono insostenibili le rate di mutuo, il caro affitti, l’azzeramento dei fondi alle amministrazioni comunali sia per aiutare le famiglie in difficoltà che per incrmenetare il patrimono abitativo e il cocktail è servito. Siamo già a un livello di emergenza sociale”.
Di fronte alla solitudine in cui i Comuni sono stati lasciati, la soluzine è stata quella di “rimboccarci le maniche”. “Siamo partiti con tre strumenti – ricoda Nardella – quello dell’ aumento studentati pubblici introdotto nel POC, il blocco nel centro storico degli Airb&b-affitti turistici brevi insieme all’azzeramento dell’ Imu per chi passa da un contratto turistico a uno di lunga durata e terzo strumento, il recente piano straordinario da sei milioni per la ristrutturazione dei 500 alloggi vuoti e ad ora non utilizzabili del patrimonio Erp”.
Il sindaco di Bologna Matteo Lepore, sulla situazione della città felsinea, spiega: “”Il 67% dei bolognesi ha la casa in proprietà, la grande questione sono i nuovi arrivati, studenti universitari e lavoratori, tenendo conto che negli ultimi 10 anni siamo cresciuti di 10mila famiglie. Siamo una città in crescita demografica, una delle poche in Italia. Tutto ciò ci pone l’obiettivo di realizzare nuovi alloggi. Abbiamo appena prodotto un piano casa da 10mila nuovi alloggi nelle aree già costruite, certo è necessario affrontare anche la questione degli affitti brevi, che, insieme a Firenze ed altre città, abbiamo proposto di regolamentare a livello nazionale, dal momento che i sindaci non hanno strumenti”. Per uanto riguarda il problema della mancanza di risorse, “il governo ha ridotto il fondo nazionale per l’affitto, e questo sta già mostrando i suoi effetti nelle nostre città con l’aumento degli sfratti – ricorda Lepore – abiamo bisogno di una politica nazionale sulla casa che non si fa dal dopoguerra, ma che è molto importante per dare una risposta all’emergenza abitativa. E’ arrivato il momento di prendere decisioni importanti anche perché nelle nostre aree urbane si sta fermando lo sviluppo e dopo la pandemia si allargano le fragilità”.
Dagli affitti brevi riparte la rappresentante degli Studenti di Sinistra che spiega: “Questo fenomeno, insieme alla competizione accademica forzata, ci ha messo in ginocchio. Firenze è la città dopo Milano con il costo delle abitazioni, al metro quadro, più elevato, è la quarta città per affluenza turistica in Italia. Questi due dati insieme hanno fatto sì che nel centro città l’affitto di una stanza è impossibile, per noi inaccessibile. La competizione accademica vuole che ci si laurei nel minor tempo possibile nel miglior modo possibile. Da un lato dobbiamolavorare per poterci permttere una stanza, dall’altro dobbiamo compiere il nostro pecorso accademico in modo frenetico”. Le iniziative delle tende sono servite alla messa in atto di misure come ad esempio la riduzione dell’Imu, ma il mercato degli affitti continua a crescere, inglobando sempre più nuovi edifici. “L’unico strumento che riesce a sottrarsi alle logiche del mercato libero, è quello dello studentato pubblico”.
Serena Spinelli, assessore regionale alle politiche abitative, affronta il tema dividendolo in due piani, dell’attualità e degli interventi immediati insieme ad un paradigma, che deve essere sostenuto da una visione nazionale. “La Regione ha stanziato le risorse per le ristrutturazioni previste fino al 2022 a dispoziione dei Comuni, con un piano di circa 28 milioni di euro in tre anni, e stiamo utilizzando i 93 milioni di euro che la Regione Toscana ha avuto dal piano nazionale complementare e il Pnrr”.
“Stiamo anche interrogandoci su come intervenire sul nuovo Piano Casa – continua Spinelli – naturalmente con le risorse a nostra disposizione, e con la possibilità di individuarne di nuove, povando ad impostare il nuovo Piano Casa su alcuni elementi. Per quanto riguarda l’investimento sugli alloggi di risulta, abbiamo 49mila alloggi in Toscana, pochi, siamo uno dei Paesi con il numero di alloggi di edilizia residenziale pubblica più basso in Europa, ferma dal 2000, perché ne riusciamo a recuperare e restaurare pochi; abbiamo così 4mila alloggi, non occupati, di cui solo un terzo finanziati con le risorse degli ultimi anni e in parte finanziati attraverso il PNC che prevede la possibilità di ritrutturazione di circa 2700 alloggi. Abbiamo inserito nel PNC anche una seconda lista di 1600 alloggi, con interventi meno urgenti, ma abbiamo un aumento dei costi di circa il 50% sui cappotti e oltre il 25% sugli altri interventi”.
“Stiamo cercando anche di uscire dalla logica dei protocolli di intesa – spiega Spinelli – stanziando risorse anche libere e definendone anche temporalmente l’utilizzo per guadagnare rapidità, focalizzandoci in particolare sugli immobili di risulta perché sono quelli più immediati da potere utilizzare. In questo momento, non ci bastano le risorse individuate”.
“C’è anche il tema dei fallimenti, con tantissimi immobili fermi, mentre i comuni potrebbero inserirsi in questo segmento, se avessero risorse, per cui porteremo una legge sul tema in consiglio”. Altre azioji riguardano l’intervento sul costruito, nuovo investimento sul fondo dell’housing sociale e per quanto riguarda i contributi affitto, ma anche studio intenso sull’agenzia sociale della casa, strumento che ad oggi è attivo solo in 4 comuni.
Inoltre, Spinelli mette in luce la riorganizzazione di tutti i sistemi sociali. “Dietro la povertà c’è una dinamica complessa con tante fasce di popolazioni diverse. Se non si risponde con un’unica risposta, o sociale, o lavoro, o casa, non ci dotiamo di percorsi che mettendo insieme diverse competenze riescono a dare una risposta complessiva al bisogno, con lo stesso linguaggio. Si tratta di un altro tassello di riorganizzazione dei nostri sistemi sociali”.